Corriere della Sera La Stampa, 26 novembre 2021
Biografia di Junior Messias
Carlos Passerini, Corriere della Sera
«La macchina era un rottame, un pezzo di ferro arrugginito che sbuffava ogni volta che spingevo il piede sull’acceleratore. Ero stato al matrimonio di mio fratello ed ero completamente sbronzo. Quella notte ho chiuso gli occhi per un istante, uno solo, non me ne sono nemmeno accorto. Poi un tonfo, sono finito fuori strada in mezzo ai campi. Potevo essere morto, ma qualcuno mi ha salvato: Dio». La nuova vita di Junior Walter Messias — come lui stesso ha raccontato in un’intensa lettera a Cronache di spogliatoio — è iniziata quella notte, non dopo. Il resto della storia, l’Italia, il lavoro da fattorino nella periferia torinese, le partite con gli amatori, il Gozzano, il Crotone, il Milan, il gol al debutto in Champions, sono solo le conseguenze, il frutto di quella conversione esistenziale di dieci anni fa, quando ancora viveva in Brasile, a Sao Candido, dalle parti di Ipatinga. «Oggi non bevo più, la Bibbia dice che l’alcol è per le persone disperate — si legge ancora —. Ho una serenità che neanche ve la immaginate, a volte mia moglie s’arrabbia perché sono troppo tranquillo». Tutto vero: raccontano che anche mercoledì, nell’altra notte speciale della sua vita, dopo il gol all’Atletico all’87’ che ha tenuto in vita il sogno Champions del Diavolo, nello spogliatoio del Wanda il più silenzioso fosse proprio lui.
Dopo il gol ha pianto e anche dopo ha faticato a trattenere le emozioni per quanto stava avvenendo: sopra di lui, duemila tifosi milanisti continuavano a cantare, mentre sessantamila colchoneros lasciavano lo stadio in silenzio. «La mia storia è scritta da Dio» ha detto in tivù Messias, che ora sogna la Seleçao.
In effetti la sua è una storia da film, come da film è stato il gol che ha steso Simeone. E pensare che prima di mercoledì in carriera di testa ne aveva segnati solo quattro: a Caratese, Bustese, Arzachena e Trapani. Il suo ingaggio in estate aveva diviso il club, visto che un trentenne in prestito non rappresenta esattamente il profilo standard della nuova strategia d’investimento societaria, in più si è fatto male praticamente al primo allenamento ed è rimasto fuori due mesi, causa anche un secondo infortunio. Quest’anno è in prestito a 2,6 milioni, ma il gol del Wanda fa aumentare non di poco le possibilità che a giugno il Milan eserciti col Crotone il diritto di riscatto a 5-6 milioni.
Messias ne guadagna circa uno netto: al Casale, in Eccellenza, cinque anni fa prendeva 1500 euro. Anche le scelte logistiche testimoniano il suo understatement: anziché vivere nella trendissima Milano ha scelto di stare a Varese, per essere più vicino a Milanello. Con lui la moglie Thamyrys e due figli: Emanuel di 5 anni e Miguel di 8. Frequentano tutti la Chiesa evangelica: quando viveva a Torino, al lunedì Walter dava una mano con le pulizie in sagrestia. «Ma io so fare un po’ tutto: muratore, idraulico, elettricista» racconta.
C’è una foto di un paio di estati fa che spopola sui social: tutta la famiglia Messias al mare sul pedalò. Non sarà da questi dettagli che si giudica un giocatore, ma l’umiltà aiuta. Vale per tutti, compresi gli allenatori. È anche grazie a quella dote che Stefano Pioli ha riportato il Milan in alto e s’è meritato il rinnovo di contratto, atteso per oggi: pronto un biennale fino al 2024 a 4 milioni a stagione, premi inclusi. Poche parole, testa bassa, molta sostanza: sono le regole del nuovo Diavolo. La strada è quella giusta.
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Stefano Mancini, La Stampa
Messias, già il nome promette una storia incredibile. Quella di un calciatore non più giovanissimo, che dopo una tormentata carriera tra i dilettanti e una altrettanto tormentata esistenza, debutta in Champions League nel Milan e segna pure un gol bello e decisivo.
Junior Messias è arrivato a Milanello l’estate scorsa in prestito dal Crotone con diritto di riscatto. È stato l’ultimo acquisto, senz’altro non il più blasonato, un jolly offensivo che può fare il trequartista come l’ala, utile per dare il cambio ai titolari affaticati. Ma non è soltanto questo: Maldini lo seguiva da mesi, la tecnica c’è, anche se l’acquisto di un trentenne senza un passato calcistico contrasta con le politiche della società. Ma tutto il resto è da costruire, a partire dalla condizione atletica.
Messias comincia la sua carriera in Brasile, a 17 anni gioca nelle giovanili del Cruzeiro. È egoista e dispersivo, il classico talento inutile che vede piano piano naufragare i suoi sogni. Comincia a bere e a vent’anni rischia la vita in un incidente. È il punto di svolta: decide di smettere con l’alcol e con il calcio, raggiunge il fratello a Torino e comincia a lavorare come muratore e poi come fattorino. Torna ad appassionarsi al calcio e durante una partita tra immigrati viene notato da Ezio Rossi, ex giocatore del Toro e scopritore di talenti, che gli procura un contratto da 700 euro al mese nel Fossano, squadra di Promozione. Messias rifiuta perché sono 500 euro in meno rispetto al salario da fattorino, ma accetta un’offerta successiva (1500 euro) dal Casale. La sua carriera ricomincia da qui: in Eccellenza segna 21 reti che valgono il passaggio in serie D. Passa al Chieri, poi al Gozzano in C. A 28 anni ha l’occasione della vita a Crotone, serie B e promozione in A, 9 gol segnati. Il resto è cronaca: entra al 20’ del secondo tempo di Atletico Madrid-Milan e a tre minuti dal termine illumina la serata di Champions League. Pioli, che in giornata potrebbe prolungare il contratto fino al 2023 con opzione 2024 a 3 milioni a stagione, si gode l’ennesimo talento sbocciato durante la sua gestione. Non serve a nulla domandarsi chi sarebbe oggi Messias se avesse curato fin da ragazzo il proprio fisico con la stessa maniacale attenzione dei campioni alla Ronaldo. Ma ci si può chiedere dove arriverà: il futuro è ancora tutto da scrivere.