ItaliaOggi, 25 novembre 2021
Le nuove censure della toponomastica
La toponomastica conosce periodi si direbbe perfino violenti, pur se ci limitiamo all’Italia. Se fino a Napoleone i riferimenti erano sovente a luoghi sacri e a santi, l’Ottocento recò intestazioni a frotte a personaggi risorgimentali, destinati a crescere col passar del tempo. Su tutti, ovviamente, svettavano i costitutori ritenuti massimi dell’Unità: Camillo Cavour, Vittorio Emanuele, Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, questi ultimi associati a sovrani e monarchici. La grande guerra recò il carico di caduti e decorati, mentre il fascismo ebbe il suo da fare. Intitolazioni estesissime (vedansi Roma e Guglielmo Marconi) si debbono all’intervento dall’alto del regime. Un peso ben diverso fu portato dalla seconda guerra mondiale e poi dalla rinata democrazia. Negli anni venti furono introdotti meritori limiti, fra i quali quelli riservati ai morti da meno di dieci anni, purtroppo sovente violati.
Ultima voce levatasi nelle dediche stradali è quella di tre deputati. I piddini Andrea De Maria ed Emanuele Fiano e il capogruppo di Leu Federico Fornaro hanno proposto la «Introduzione dell’articolo 4-bis della legge 23 giugno 1927, n. 1188, in materia di divieto di intitolare strade, piazze e altri luoghi o edifici pubblici a esponenti del partito o dell’ideologia fascista e a persone condannate per crimini di guerra».
Il testo non figura ancora disponibile, ragion per la quale bisogna affidarsi alle agenzie per comprenderne i contenuti. I riferimenti prevedono «il divieto di intitolare strade, piazze e altri luoghi o edifici pubblici a esponenti del Partito fascista, e in particolare a coloro che hanno ricoperto ruoli dirigenziali nel Partito nazionale fascista o nel Partito fascista repubblicano, ovvero che hanno pubblicamente promosso, partecipato o aderito alla campagna per la difesa della razza, o che hanno rivestito cariche politiche nella Repubblica sociale italiana».
L’esperienza, e ancor più la recente iconoclastia che fa strame di personaggi perché bianchi, occidentali, razzisti e via colpendo tutti, da Omero a Cristoforo Colombo, da Winston Churchill a Wolfgang Mozart, inducono a ritenere che, qualora mai dovesse venire approvato un randellante divieto del genere, esso subirebbe estensioni successive, volte a colpire la semplice appartenenza al ventennio.
Ammettiamo di prendere alla lettera le nuove censure. Viene da suggerire ai sostenitori di scorrere, fosse pure celermente, l’elenco di quanti s’impegnarono in uno o in un altro senso da loro lagnato, scorrendo lunghissime liste. Potranno così comprendere chi fossero i docenti universitari (oltre un migliaio giurarono, i contrari si contarono con due mani o poco più), gli accademici d’Italia, i giornalisti, gli intellettuali.
Un nome viene subito alla mente: Luigi Pirandello, massimo nume del teatro nazionale, il quale aderì al fascismo nel momento peggiore per Benito Mussolini, l’autunno del ’24, quando soltanto l’incapacità degli aventiniani gli consentì di superare la crisi. Che dire, però, di Dario Fo, volontario nella Rsi? E del massimo organizzatore di cultura nella penisola in ogni tempo, Giovanni Gentile? C’è, in questo dopoguerra, chi ha osato rendere omaggio ad Araldo Di Crollalanza, insignito di plurimi incarichi sotto il fascismo, dedicandogli il lungomare nella sua Bari. Via la dedica, dunque.
Non si capisce, inoltre, perché a questo punto non venga data risposta alle proposte (leggi pure Laura Boldrini) per sopprimere l’obelisco dedicato a «Mussolini dux», sopportando però interi quartieri come il Foro Italico, lo Studium Urbis, l’Eur. Imboccata una strada, riesce arduo distinguere come allontanarsene. La facilità con la quale si discetta dei valori resistenziali e costituzionali, contrapposti alle leggi razziali e alla guida del fascismo, risponde a una corriva ricerca di popolarità, che non esiterebbe a fare strame di un Guglielmo Marconi o di un Enrico Fermi. A proposito di quest’ultimo nome, è costantemente da suggerire di consultare quanti scrissero per un monumento del fascismo quale fu l’Enciclopedia italiana.