Che riflessione si sente di fare?
«Solo tre donne su dieci denunciano: non si sentono tutelate, credute o non ci sono le punizioni? Si chiede l’inasprimento delle pene, io dico che basterebbe l’applicazione. Se una donna denuncia e un uomo soggetto a restrizione si avvicina, arrestatelo».
Cosa rimprovera alle donne?
«Dobbiamo toglierci dalla testa di essere crocerossine, non salviamo nessuno, questi uomini non cambiano. Sento dire dalle giovani: “Non vengo, il mio ragazzo non vuole” e lo dicono con una sorta di compiacimento, scambiano la gelosia come un atto d’amore. Va scardinata questa mentalità».
Si dice che le madri devono educare i figli maschi.
«Una donna sottomessa non è un buon esempio, né per i maschi né per le femmine. Le mamme con i maschi tendono a giustificare e ad accogliere come se fossero più deboli. Penso che il percorso vada fatto insieme. Vorrei dire agli uomini: siate femministi».
Cosa significa femminismo?
«Il femminismo non è contro gli uomini, forse è partito così all’inizio, le rivoluzioni sono estreme. Sono d’accordo con Natalia Aspesi, non va fatta la guerra ai maschi ma si deve sconfiggere il patriarcato. Per me femminismo vuol dire parità di salario, di diritti, di decidere. Siamo esseri umani uguali, le donne devono guadagnare come gli uomini».
È stata direttore artistico di “Amiche in arena”, le donne unite sono grandi. Ma sono anche le peggiori nemiche di se stesse e delle altre. La sua esperienza?
«Sono amica delle donne. Non ho mai sentito competizione e inimicizia, ma senso di sorellanza. Poi alcune donne mi piacciono e altre no. Sono quelle che, in caso di stupro, dicono: “Che c’è andata a fare alla festa?”, “perché è entrata nella stanza?”.
Vogliamo essere libere di dire di no».
È favorevole alle quote rosa?
«No. E tante volte mi dicono che anche in tv non le rispetto. Invito le donne che mi ispirano. Non siamo quote da inserire per legge, voglio essere riconosciuta per quello che so fare, per la mia competenza».
Una sua canzone si intitola “Imparare ad essere una donna”.
Per Simone de Beauvoir “Donna non si nasce, si diventa”. È così?
«Si impara dalle letture che fai, dalla vita. Piano piano impari a non commettere gli stessi errori e a farti rispettare. Da giovane sei intimidita, poi acquisti consapevolezza».
“Quello che le donne non dicono” è dell’87. Oggi le donne hanno imparato a dire le cose?
«Sicuramente sì, magari non tutto.
Spesso i drammi si consumano in famiglia e non confessi quello che succede neanche a tua madre, a tuo padre o alle amiche».
Sogna una presidente della Repubblica?
«Avrei voluto Tina Anselmi, ci battemmo tanto per proporla. Oggi potrebbe essere Rosy Bindi».
Il rapporto col tempo che passa?
«Ci devi fare i conti. Cerchi di mantenerti in forma, poi ti guardi allo specchio e una volta ti casca una cosa, un’altra vedi le pieghe sul ginocchio. Ho sempre detto che la vecchiaia non esiste. Il corpo invecchia, è normale, ma se sei curiosa, se ti va di capire dove sta andando il mondo, l’età non conta».
Un uomo con una moglie giovane è considerato un fico, suo marito Carlo Di Francesco ha una ventina d’anni meno di lei. Si è mai sentita giudicata?
«Ero in un periodo in cui stavo bene da sola. Ci siamo incontrati, mai creduto all’amore a prima vista: ci siamo guardati e qualcosa è andato oltre. Lui è molto più maturo di me, è il vecchietto di casa, glielo dico sempre. Stiamo insieme da quindici anni. Non mi sono mai curata di quello che dice la gente».
Nessun rimpianto per non essere diventata madre?
«Quando li avrei voluti, i figli non sono arrivati. Non ho fatto nulla per averli, nessun percorso ormonale, l’ho preso come un segno del destino. Ricordo le parole del mio ginecologo: “Non si può avere tutto nella vita”. Lì per lì ci sono rimasta male, poi ho pensato che aveva ragione. Ho scelto il mio lavoro. Non ho rimpianti.
Sfatiamo che una donna senza figli è una donna a metà».