Corriere della Sera, 24 novembre 2021
Parla Macklowe, re degli immobiliaristi
«Il cruccio più grande della mia vita? I miei genitori sono morti prima di vedere loro figlio costruire un grattacielo più alto dell’Empire State Building». A 85 anni il miliardario Harry Macklowe, leggendario immobiliarista di New York, è sempre attivissimo e pieno di curiosità. Cordiale e premuroso mentre mostra ad alcuni giornalisti stranieri la sua ultima scommessa imprenditoriale: la trasformazione di One Wall Street, la ex sede della banca Irving Trust, un edifico art déco costruito nel 1930 all’angolo tra Wall Street e Broadway, in un condominio con 566 appartamenti di lusso.
Giacca blu un po’ sgualcita, maglia grigia girocollo, Macklowe arriva sorridente sorseggiando un cappuccino da un bicchiere di cartone. Parla della nuova impresa – la più grande conversione di un edifico commerciale in condominio residenziale mai tentata a New York – ma è in vena di bilanci. Parla di tutto, dalla sua amicizia con Steve Jobs dalla quale nacque l’idea del cubo di cristallo che sovrasta il negozio sotterraneo della Apple in Fifth Avenue realizzato dalla sua società, fino alla sfida di 432 Park Avenue: il grattacielo residenziale alto 425 metri (più dell’Empire, al netto dell’antenna) fatto, nella parte superiore, di penthouse da 90 e più milioni di dollari per super ricchi che vogliono isolarsi dal mondo restando in mezzo a Manhattan.
Parla di tutto, il vecchio Harry, con studiata semplicità, ma non del suo divorzio miliardario dalla moglie Linda dopo 57 anni di un matrimonio intenso e tempestoso. Finito talmente male che, come supremo sberleffo alla ex, Macklowe ha affisso un’immagine alta 13 metri sua e della nuova moglie, Patricia Lazar-Landeau, sulla facciata di 432 Park Avenue. Dicono non abbia mai perdonato a Linda di avergli fatto vendere il GM Building, l’edificio, un tempo della General Motors, sotto il quale c’è lo store di Apple. Mentre ci mostra le sue realizzazioni, a pochi chilometri da qui, nella sede di Sotheby’s, viene venduta parte della collezione d’arte accumulata in mezzo secolo da Harry e Linda. Un’asta da record con acquirenti asiatici, del Qatar, della famiglia reale saudita. Justin Sun, investitore in cryptovalute, compra Le Nez di Giacometti per 78 milioni di dollari, un imprenditore asiatico ne spende 82 per un Rothko e un Jackson Pollock viene battuto per la cifra record di 61 milioni.
Alla fine l’incasso è di 676 milioni. E a maggio si ripete con altre opere, forse di maggior valore: servono a coprire i costi del divorzio. Non è un dolore separarsi da questi capolavori? Macklowe preferisce parlare d’altro: i genitori, i suoi anni giovanili. Spiegare perché ha puntato su One Wall Street: «Da ragazzo, prima di entrare nel settore immobiliare, il mio primo lavoro fu quello di fattorino per un’agenzia di pubblicità. Guadagnavo 35 dollari a settimana. Con quei soldi aprii il mio primo conto in banca. Qui, alla Irving. E quando, da manager di una società immobiliare, decisi di mettermi in proprio, comprare un edificio e ristrutturarlo, i soldi me li prestò la Irving».
Così dopo la scomparsa di questa banca (acquistata trent’anni fa dalla Bank of New York dopo un fallito tentativo di fusione con l’italiana Comit), quando la sua sede – un enorme edifico sormontato da una torre di 200 metri che affaccia su Wall Street a fianco alla Borsa – è arrivata sul mercato, lui l’ha comprata: «Mica lo faccio per i soldi» si accommiata con sguardo furbo. «Mi piace ristrutturare, restaurare, pensare nuove soluzioni architettoniche». Come il cubo di Apple o usare i quattro piani sotterranei del caveau della banca per palestre e uno sterminato supermercato alimentare di lusso Whole Foods.