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 2021  novembre 23 Martedì calendario

Luca Serianni in difesa del tema d’italiano alla maturità

Maturità senza le prove scritte? Dopo due anni in cui sono state eliminate a causa della pandemia il dibattito si è riaperto. Complice una petizione dall’italiano claudicante promossa da “uno studente maturando” che ha superato le 40 mila firme dove si chiede al ministro dell’Istruzione di non ripristinarle. Patrizio Bianchi, che ha aperto le audizioni, immagina per ora un esame di Stato con elaborato e maxi orale, forse salvando solo il tema di italiano. E gli insegnanti insorgono con una contro-petizione. Proprio non approva Luca Serianni, uno dei più noti linguisti e filologi italiani, che a lungo ha insegnato Storia della lingua italiana alla Sapienza e che tre anni fa ha guidato la commissione per le nuove linee guida dello scritto di italiano.
È saltato sulla sedia, professore, davanti alla petizione dei 40 mila?
«Non bastano la goffaggine espressiva, e diciamo pure, l’ingenuità della lettera a farmi saltare sulla sedia. Per i ragazzi e le ragazze che hanno lanciato, e firmato, la petizione provo rispetto e simpatia. La loro è una reazione istintiva che comprendo: fuggire davanti alle difficoltà o alle prove che vengono percepite come tali.
L’avrebbero avuta anche i loro coetanei cinquant’anni fa. Ma decisamente non sono d’accordo».
È l’orientamento attuale anche del ministero dell’Istruzione .
«Mi auguro un ripensamento: ritengo gli scritti essenziali. Non mi riferisco solo al tema di italiano, ma anche alle seconde prove, come matematica-fisica nei licei scientifici. Non faccio il matematico, ma mi riesce difficile immaginare che una conoscenza avanzata della matematica, come quella a cui arriva in Italia uno studente dello scientifico, possa davvero essere accertata con una domanda all’orale. Oltretutto, un esame che parte con questa semplificazione sarebbe svilito, sarebbe avvertito inevitabilmente da molti degli stessi studenti interessati come un esame di serie B».
“Imparando a scrivere si assimilano lingua e cultura” sosteneva Tullio De Mauro. Perché la scrittura è irrinunciabile, anche in una prova di maturità?
«Scrivere è fondamentale perché un tema argomentativo, come è quello tipico dell’esame di Stato, allena a capire ciò che si legge e a strutturare il proprio discorso in modo convincente: requisiti fondamentali per i diciottenni che, con la maggiore età, raggiungono un traguardo non solo giuridico, ma psicologico. Tra parentesi, non so perché vent’anni fa sia stata abbandonata la dizione “esame di maturità”, che tutti in realtà continuano a usare, in favore dell’anodino “esame di Stato”».
Il tema d’italiano è per gli insegnanti qualificante, dunque necessario: per quale motivo?
«Da tempo il tema di italiano non è più fondato sulla conoscenza delle discipline, ma sulla capacità in chi lo svolge di collegare i saperi acquisiti, anche alla luce delle proprie esperienze e curiosità intellettuali: contano il rispetto dei fondamenti grammaticali e la padronanza di un lessico adeguato, certo, ma soprattutto l’impostazione e lo svolgimento di un’argomentazione».
Ma perché lo scritto fa paura?
«Forse perché scripta manent , specie da quando l’orale non consiste più in un’interrogazione da parte del docente, che poteva anch’essa fare paura: saprò rispondere alla domanda?».
La giustificazione che si dà è quella di non penalizzare chi ha fatto la terza e la quarta superiore con la Dad imposta dal Covid.
«Lo capisco bene, ma gli studenti si possono non penalizzare in tanti modi, l’asticella si può anche abbassare. Faccio un esempio di latino: un conto è proporre traduzione e commento di un brano di Tacito, un altro è proporre Eutropio, un autore della bassa latinità, che scrive in modo molto lineare: in ogni caso, per tradurlo, il latino bisogna saperlo».
Gli studenti parlano di stress rispetto alla prova scritta, sembra in realtà una più generica paura da esame.
«Infatti: lo stress viene dall’esame in sé. Ma lo stress fa parte della vita; i ragazzi dovranno pur fare i conti con l’ansia prima di un esame universitario o di un colloquio di lavoro. Meglio allenarsi e vivere l’esame in positivo come un momento carico di significato simbolico, un rito, un passaggio. Chi ha lavorato bene, o almeno decorosamente, non ha nulla da temere. L’esame non è, e non è mai stato, un gioco d’azzardo, tiene conto del lavoro fatto negli anni precedenti. E, poi, i primi a non volere cattivi risultati, non dimentichiamolo, sono i docenti. Rispetto allo scritto di italiano, gli studenti si sono abituati alla scrittura di questo genere di testo già durante l’anno».
Nessuna scorciatoia dunque?
«No: al centro dei nostri sforzi deve esserci la formazione dei ragazzi.
Preferirei rimanessero entrambe le prove scritte; poi, se per ragioni politiche, questo non sarà possibile e sarà necessario un compromesso, allora almeno rimanga il componimento di italiano, già previsto non a caso per tutti gli indirizzi scolastici. A parte l’opinione degli studenti, bisognerebbe sentire anche gli insegnanti, molti dei quali non vedrebbero di buon occhio che il lavoro da loro fatto sullo scritto durante l’anno vada vanificato. Se poi qualcuno considera l’esame di Stato un vecchiume da buttar via, non c’è che una strada: riformare la Costituzione, che lo prevede esplicitamente nell’articolo 33. Ma non credo si voglia arrivare a questo».