Corriere della Sera, 23 novembre 2021
Ermal Meta resta in silenzio tre ore al giorno
Ermal Meta guarda alle canzoni come a delle istantanee. Fotografie di un momento che spesso ha voglia di condividere subito, prima che intervenga l’effetto del tempo. Così il suo nuovo brano Milano non esiste, in uscita venerdì, è stato scritto pochi giorni fa. E si può ascoltare in anteprima oggi su Radio Italia in occasione dell’Artista Day insieme al Corriere della Sera.
Come mai nella canzone fa «scomparire» Milano?
«Le grandi città a volte ti fanno sentire solo anche se sei in mezzo alla gente perché ti spingono a volere sempre di più e alla fine vieni fagocitato. Invece la felicità è anche stare con le persone ed è proprio desiderare quel che hai già».
Lei, a 40 anni, si considera felice?
«Sì, vivo di musica che è l’unica cosa che ho sempre sognato. Poi bisogna anche essere indulgenti, ricordandosi che non occorre per forza essere primi. Felicità vuol dire anche accontentarsi e io mi accontento, non di quel che ho, ma di quel che sono».
Che cosa fa Ermal Meta quando non fa musica?
«Sto in silenzio, una cosa che mi ha insegnato la musica classica (la madre è violinista, ndr). Mi servono due o tre ore al giorno di silenzio per la gioia della mia fidanzata che però lo sa. La musica nasce dal silenzio e io passo molto tempo a pensare, a concentrarmi su quel che provo e sono. Mi è servito molto, specie nell’ultimo anno e mezzo, per combattere la paura».
Di cosa ha avuto paura?
«Non specificatamente del Covid, osservavo tutte le regole. Ma temevo di non riuscire a capire come stesse cambiando il mondo. Forse si è visto anche sui social, dove postavo meno. Quando comunico immagini felici, è perché lo sono veramente. Quel che mostro è vero. Ma forse non ci ho capito molto dei social e non ci capirò mai niente».
Sente la responsabilità delle reazioni che un suo post può scatenare?
«In un periodo in cui nessuno si espone nel dire quel che pensa, io sono un essere umano pensante, parlante e anche scrivente purtroppo. Non gestisco le reazioni dei miei fan, succede quel che succede. C’è chi è più o meno infervorato, succede che parta l’embolo, ma non parliamo di questioni di vita o di morte. E poi quando scrivi non si percepisce il tono, altrimenti la reazione sarebbe diversa. Penso invece che i social generino molta solitudine».
Tra le cause per cui si è fatto sentire c’è stato anche il ddl Zan.
«C’è ancora tanto da fare sui diritti civili, alcuni personaggi hanno detto un sacco di fregnacce. Del perché non ho idea. Le famiglie possono essere tradizionali o non esserlo. Quel che serve è l’amore: io ho avuto una famiglia tradizionale che era terribile. Mio padre non era una brava persona, avrei preferito mille volte qualcosa di differente. Quindi pensate ai figli maltrattati o alle donne che subiscono violenza».
A settembre è stato in concerto allo stadio di Tirana. Che effetto fa suonare nel Paese in cui è nato?
«L’Albania ha passato anni duri. Quando ero piccolo era vietatissimo ascoltare musica straniera, il regime aveva paura di quel che arrivava dall’estero tanto che per dire “casino” si diceva “America”. Lo diceva anche mia nonna, a cui fu portato via il marito quando lui aveva 30 anni e lei 24. Io prima di venire in Italia non sapevo neanche cosa volesse dire guardare all’estero. Pensavo all’Italia e pensavo al vuoto. Così quando siamo arrivati in Puglia ricordo le strade grandi e dritte perché in Albania erano tutte curve, per non far atterrare i nemici».
Da febbraio sarà in tour nei teatri: cosa ascolteremo?
«Sto riarrangiando le canzoni e saranno totalmente diverse. Sto andando in tre direzioni, ma devo ancora sceglierne una. Vedremo...».
Il suo 2021 è iniziato col terzo posto a Sanremo.
«È stato il Festival più difficile, per la mancanza del pubblico e per tante cose che respiri. Ma è andato bene, è la terza volta che vado sul podio, meglio di così non si poteva».
I Maneskin da quella vittoria hanno preso il volo.
«Sono felice che siano riusciti ad arrivare al mondo, magari hanno aperto un varco. Sono giovani e belli, hanno tutto il percorso davanti».
E il secondo classificato Fedez che ora ha finto di scendere in politica?
«È sempre molto bravo ad attirare l’attenzione, è un genio della comunicazione. Un paio di estati fa gli avevo detto di candidarsi. Ma a parte la battuta, lui sa quel che fa e si è burlato di un po’ di persone. Può insegnare a tanti come usare i social, anche a me».