Corriere della Sera, 23 novembre 2021
La prima donna che guida una compagnia d’assalto
«Compagnia! At-tenti!». Mento in su, mani ai fianchi, piedi uniti. Sono 108 soldati e, davanti a loro, lei: il tenente di vascello Ambra Francolini, 30 anni, viso dolce e volontà di ferro. È la prima donna al comando di una compagnia d’assalto italiana, la Bafile, fra i reparti più tosti delle forze armate. Un po’ i nostri marines, addestrati a sbarcare in tempi rapidi nei territori più ostili. Acqua, terra, fango. I puristi li chiamano fucilieri della marina perché sono questo e quello, fanti e marinai. Fanno parte della Brigata Marina San Marco di stanza a Brindisi, dove sventola la bandiera del leone di Venezia perché tutto inizio lì, con la difesa della città lagunare durante la Prima guerra mondiale. Non quattro gatti: 2.700 uomini, i leoni della Marina militare. Francolini ne comanda con grande entusiasmo una compagnia: «Era il mio sogno».
Comandante, come è nata questa passione?
«Avevo nove anni e l’insegnante portò in classe alcuni soldati che avevano combattuto durante la Seconda guerra mondiale. Rimasi affascinata, li vedevo come gli eroi nascosti che avevano fatto la differenza. Volevo essere come loro, volevo far parte di quel manipolo di uomini straordinari».
Quanti militari sono ai suoi ordini?
«107 uomini e una donna, dai 20 ai 48 anni, dai soldati di truppa agli ufficiali di plotone, passando per sergenti e marescialli».
Diffidenze per il fatto che è donna?
«Non le percepisco, anche perché ci conosciamo. Sono già stata comandante di plotone d’assalto».
In cosa consiste il lavoro?
«Gestisco l’addestramento, abbiamo esercitazioni navali e terrestri, simulazioni di sbarchi, operazioni anfibie, raid, recupero del personale civile in zone ostili, poligono. Ma anche attività umanitarie di supporto. Per esempio, nel primo lockdown ci è stato richiesto di predisporre un posto medico avanzato a Jesi. Bisognava risolvere il problema di una congestione di pazienti all’ospedale civile. I miei uomini devono essere sempre pronti e addestrati per intervenire in qualsiasi momento».
«Il» o «la» comandante?
«Sono legata alle tradizioni: io sono “il comandante”».
Più marinaia o fuciliera?
«Fuciliere di marina, il meglio che possa capitare».
Sembra molto appassionata del suo mestiere.
«Lo sono e sono anche orgogliosa del mio reparto, uomini e donne eccellenti, in grado di riadattarsi velocemente a condizioni talvolta non agiate per raggiungere lo scopo. Persone dedite al lavoro e al servizio del Paese, alle quali chiedo a volte di stare lontano dalle loro famiglie per lunghi periodi».
Sposata? Fidanzata?
«No».
Famiglia?
«Quella di origine e il San Marco».
Figli?
«Non lo escludo. Al momento sono però presa da 108 uomini e sto facendo del mio meglio per meritarmi l’appellativo di comandante».
Libri? Distrazioni?
«Leggo libri che raccontano storie di uomini che hanno avuto un lavoro simile al mio. Possibilmente in inglese. Guardo film d’azione».
La giornata tipo?
«Quando sono a Brindisi, sveglia alle 6.15, assemblea, alzabandiera alle 8, ginnastica, addestramento vero e proprio. Pranzo. Poi simulazioni varie, rilascio da un elicottero, combattimento terrestre, ingresso in centri abitati, attività anfibie. Finisco la sera».
Abita in caserma?
«No, ho casa in città».
Cosa fa quando rientra e chiude la porta? Sviene?
«Chiamo i sergenti per capire se è tutto a posto».