La Stampa, 22 novembre 2021
Storia delle donne scienziate
Su alcune di loro i riflettori si sono già accesi. Si pensi a Rosalind Franklin e il Nobel mancato per la doppia elica del Dna, o a Lise Meitner, la Marie Curie tedesca, che scoprì la fissione nucleare per la quale il suo allievo Otto Hahn fu insignito del Nobel. Ma le ricercatrici presenti nella storia della scienza, che è stata scritta dagli uomini, si contano sulle dita delle mani. Accanto a queste scienziate ce ne molte altre rimaste a lungo nell’ombra, vittime di discriminazioni e di ingiustizie. Il loro significativo contributo al progresso scientifico e culturale è stato ignorato, snobbato e svilito, e ostacoli di varia natura hanno impedito il raggiungimento di un successo in linea con le capacità e i risultati. Ricostruire le loro vicende, per quanto tardivamente, significa riconoscerne la presenza, valutarla per quello che è stata, nella prospettiva dell’abbattimento del pesante divario di genere che ancora penalizza la scienza e tutti noi.
A inaugurare la ginecologia, l’ostetrica e la puericoltura come campi di studio è stata una nobildonna nata a Salerno intorno al 1030, Trotula de’ Ruggiero, medichessa e scienziata, una delle mulieres salernitanae, prime donne a laurearsi in medicina nel Medioevo e a studiare il corpo femminile. «Una pioniera che si è dedicata alla pratica ma anche alla ricerca: è autrice di vari testi in cui descrive la propria esperienza clinica, parla di teoria della prevenzione e di un’attenzione non solo al fisico ma anche all’aspetto psicologico, in un’ottica di salute intesa non come assenza di malattia ma, come indica l’Oms, come una condizione di completo benessere fisico, mentale e relazionale» spiega Silvia Mattoni, responsabile dell’Unità Comunicazione e relazioni con il pubblico del Cnr, organizzatrice dell’incontro «Scienziate nell’ombra» del Festival delle Scienze di Roma, che si svolgerà oggi alle 17 in streaming (www.festivaldellescienzeroma.it).
Riportare alla memoria le figure di scienziate aiuta le ragazze ad avere dei modelli in cui identificarsi. Sempre più spesso interviene la potenza del cinema, capace di svelare vicende di donne che, sul grande schermo, diventano moderne eroine. È stato il caso di Hildegard von Bingen, badessa benedettina tedesca e scienziata, ritratta nel film Vision da Margarethe von Trotta che ne sottolinea la cultura, la rilevanza e la forza. Quella necessaria ad andare fino in fondo, nonostante le barriere che hanno sistematicamente impedito alle donne l’accesso al mondo della scienza. Oggi ne resta una traccia nel cosiddetto soffitto di cristallo che ancora preclude loro l’accesso alle posizioni accademiche apicali. Le donne vincono meno fondi di ricerca, nella lista degli autori di uno studio occupano posizioni in minor evidenza e al crescere del prestigio della rivista scientifica diminuiscono le prime autrici donne.
Le ragioni di tutto ciò non hanno a che fare con la scienza, per troppo tempo erroneamente considerata indipendente dalle caratteristiche di chi la pratica e che, al contrario, ha contribuito all’esclusione delle donne, anche ipotizzandone una presunta inferiorità. Oggi si lotta per cambiare le cose apertamente, un tempo toccava farsi furbe. Emblematico il caso della matematica Marie-Sophie Germain, parigina classe 1789 che, in quanto donna, non poteva iscriversi all’Ecole Polytechnique, preclusa alle ragazze fino al 1972. Con uno stratagemma, sotto il falso nome di Antoine-Auguste Leblanc, riuscì ad arrivare a Lagrange che ne notò il talento. Ma le discriminazioni di genere la penalizzarono pesantemente più volte. E l’equazione di Germain-Lagrange è passata alla storia come «equazione differenziale di Lagrange».
La mancanza di credito che da sempre colpisce il genere femminile ha conseguenze negative per l’intera umanità. «Hedy Lamarr, diva hollywoodiana austriaca, rifugiata in America, nel 1942 inventò un sistema antintercettazione di siluri radiocomandati, il Secret communication system, ma non fu non mai usato» racconta Silvia Mattoni, che ricorda come sia stata una donna, la regista Alexandra Dean, a riproporre questa vicenda con il documentario Bombshell. Che anche l’arte dia il proprio contributo è cruciale in un mondo in cui per una donna spesso è complicato anche solo farsi sentire. Per questo è nata «No Women No Panel – Senza Donne Non Se Ne Parla», campagna che si batte per la rappresentanza equilibrata di uomini e donne nel dibattito pubblico. L’obiettivo è sempre lo stesso: promuovere la parità di genere. Anche alla Presidenza della Repubblica.