La Stampa, 21 novembre 2021
Liceo occupato per il caso di uno studente transgender
Chiamatemi Geremia. È questo il nome che una adolescente pisana di diciassette anni ha scelto per affrontare la sua nuova vita, da maschio. Giulia (nome di fantasia) non si è mai sentita a suo agio con la propria identità di genere e, dopo molte esitazioni, ha deciso di portare alla luce un disagio che andava avanti da molti anni. I genitori hanno deciso di appoggiare questa scelta, e Geremia ha chiesto alla sua scuola di attivare una carriera alias, ossia la possibilità, per gli alunni che abbiano iniziato un programma di transizione di genere, di essere iscritti con un nome diverso da quello riportato sui documenti.
Davanti all’iniziale titubanza dell’istituto, gli studenti hanno risposto con una vera e propria ondata di solidarietà che ha portato all’occupazione delle aule. Il liceo scientifico Ulisse Dini di Pisa – uno dei più grandi della città e uno dei più quotati a livello nazionale – è occupato da martedì scorso e ora la preside Adriana Piccigallo appare decisa a venire incontro alle esigenze dell’alunno.
A raccontare una versione della storia è la voce di Samuele Badalassi, uno dei rappresentanti di istituto. «La nostra – spiega con la voce arrochita da giorni di dibattiti e assemblee, ma anche da qualche notte insonne – è una scuola molto grande e non ci conosciamo tutti. Ma quando Geremia, che frequenta la quarta, ci ha raccontato la sua storia abbiamo deciso che dovevamo fare subito qualcosa». I ragazzi hanno chiesto un incontro con la preside. «Ci ha detto che la scuola non era pronta per iniziare questo percorso».
Così la richiesta di una risposta immediata alla questione posta da Geremia si è andata ad aggiungere all’elenco del cahiers de doléances degli studenti. «Vogliamo aule più grandi – spiega Samuele –, ma vogliamo anche che Geremia possa sentirsi a suo agio con la sua scelta. E vogliamo che la nostra scuola faccia di tutto per aiutarlo nel suo percorso che certo non sarà stato facile. La maggior parte dei professori appoggia la sua scelta, solo qualcuno di loro ha una mentalità più antiquata. Ma le idee che ledono la libertà degli altri non vanno bene, giusto?».
Dalle parole della preside, però, pare che la soluzione sia davvero vicina. «Dopo aver coinvolto il suo consiglio di classe – sostiene – i cui insegnanti usano il nome da lui scelto, abbiamo in programma di studiare la carriera alias attraverso il nostro referente del progetto sugli stereotipi di genere, per poi presentarla al collegio docenti. C’era già un accordo con i rappresentanti di istituto che mi avevano chiesto di attivare questo percorso».
E il rifiuto iniziale? «La mia perplessità – continua la dirigente – era solo nei tempi e nei modi, proprio perché sapevo che questo tipo di percorso era una novità assoluta. Io stessa non ne ero a conoscenza. La delicatezza dell’argomento mi aveva fatto propendere per la riservatezza, mentre invece per quel ragazzo era importante diffondere la sua situazione».
In realtà, ci sono già alcune scuole che hanno attivato questo percorso. A Firenze, a fare da pioniere è stato l’istituto professionale Sassetti Peruzzi. E nella stessa Pisa, il liceo Russoli ha introdotto da poco questa possibilità. Insomma, il vento, per Geremia e chi condivide lo stesso disagio, sta finalmente cambiando. Anche se il diciassettenne ha raccontato alla Nazione di aver subito di recente un’aggressione da parte di un gruppetto di coetanei che lo hanno preso in giro e lo hanno spintonato. Ad aiutarlo ci hanno pensato i suoi amici, che sono subito intervenuti per aiutarlo. E al suo fianco ci sono anche i medici e gli psicologi del centro sull’incongruenza di genere, una struttura messa a disposizione dall’azienda ospedaliera di Careggi per gli adolescenti con problemi di identità di genere.