Robinson, 21 novembre 2021
Ritratto di Lisa, la voce inglese di Mussolini
La voce inglese di Mussolini era bassa e sensuale, molto distante dal piglio tribunizio del dittatore. E soprattutto era la voce di una donna, circostanza che getta nuova luce sulla costruzione virile del fascismo. Perfetto accento di Oxford, intonazione in stile Duse, l’anglofiorentina Lisa Sergio era il megafono del duce nel mondo britannico.
Prima commentatrice radiofonica in Italia, fu Lisa a leggere alla radio il celebre sermone sulla riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma. E sempre nello stesso anno, il 1936, fu la cronista dell’asse Roma-Berlino, introducendo la parola maledetta “axis” nel vocabolario politico anglosassone. La sua storia forse non meriterebbe grande interesse, se quella dell’annunciatrice in orbace fosse stata l’unica infelice incarnazione. In realtà Lisa Sergio riuscì a rinascere almeno altre due volte, giornalista democratica nell’America di Roosevelt e conferenziera tenuta sotto osservazione dall’Fbi.
Ambiziosa, grandi occhi neri fiammeggianti, fece di tutto per costruire una sua personale leggenda, millantando inesistenti beaux gestes contro il fascismo e intrighi alla Mata Hari nell’alta società. Finché nella sua figura romanzesca s’è imbattuto Sandro Gerbi, biografo di Montanelli e ora disvelatore dell’“impostura” di Lisa in un sapido ritratto che racconta un pezzo del Novecento. Tra gerarchi neri, salonnières e spie internazionali.
Chi era “the golden voice of Mussolini”, come veniva chiamata dalla stampa britannica? Amici e avversari restavano colpiti dal suo fascino di ragazza non bellissima ma intensa, minuta, gran capigliatura bruna, seducente nella conversazione imprevedibile. La propensione mitografica consisteva nel vantare radici aristocratiche da parte di suo padre, un napoletano sfaccendato, e una parentela con Franklin Delano Roosevelt da parte della madre, l’antiquaria americana Margherita Fitzgerald. Era il suo modo per farsi largo tra le lingue biforcute del mondo giornalistico, ancora segnato dal monopolio maschile. A 18 anni, nel 1923, la troviamo già redattrice nell’Italian mail, settimanale in inglese per le famiglie benestanti approdate a Firenze dall’Inghilterra. Dopo qualche anno eccola all’Italian Tribune, giornale affine soprattutto nell’intonazione filofascista. La pratica quotidiana dell’ossequio la spinge ad apprendere molto rapidamente le liturgie del potere. A 22 anni viene ricevuta da Mussolini a Palazzo Chigi, tempo dopo scivolerà nel letto di suo genero Galeazzo Ciano. Intanto è divenuta confidente dell’ufficio stampa del primo ministro, a cui riferisce gli umori dissidenti di alcuni inglesi residenti in Toscana. Non ancora trentenne, viene assunta nella nascente Eiar, arma della propaganda che in quegli anni va strutturandosi in un potente ministero. Spigliata, sicura di sé, enfatica quando serve. La sua fama di speaker “morbida e melodiosa” arriva alla BBC che ne è incoraggiata ad assumere la sua prima annunciatrice donna. La carriera di Lisa Sergio sembra inarrestabile quando il 23 aprile del 1937, pochi minuti prima di andare in onda, un potente funzionario le mette sulla scrivania la sua lettera di dimissioni: «L’ho scritta per ordine del duce, devi firmarla». A spegnerne la fortuna non fu la sua presunta opposizione al regime, come Lisa avrebbe sempre millantato, piuttosto le chiacchiere insistenti sulla sua relazione con Ciano, già ministro della Propaganda. Alcune lettere privatissime, trovate da Gerbi all’Archivio Centrale dello Stato, rivelano anche l’incidente di una gravidanza, interrotta nel 1934 a Neuilly-sur-Seine, vicino a Parigi, senza troppi ripensamenti. «Gentile capo e amico, non c’è stato altro da fare che l’estremo salutare rimedio di una piccola operazione», comunica lei con un tono spiccio e allo stesso tempo cerimonioso, come si conviene con un eminentissimo del regime. L’unica preoccupazione è per il giornale radio che non riesce a coprire il lunedì successivo. Per il genero di Mussolini è una mina vagante, presto disinnescata con la consegna agli atti insieme a una postilla avvelenata sulla «signorina Sergio» affetta da «megalomania isterica». Interpellata spericolatamente da Gerbi sul tradimento del consorte, svariati decenni più tardi la vedova Ciano avrebbe liquidato: «Ma come vuole che possa ricordare tutte le amanti di mio marito?».
Alla second life Lisa Sergio verrà traghettata dal Conte di Savoia, il rinomato transatlantico che nel luglio del 1937 la lascia sul molo di una New York assai animata. Il suo bagaglio più prezioso è una lettera di Guglielmo Marconi che la fa entrare prima nella redazione dell’NBC poi alla WQXR,
altra autorevole emittente di Manhattan. Comincia così la sua lenta maturazione democratica, sfociata in una tenace e inascoltata campagna contro la persecuzione degli ebrei in Europa. Il colpo di scena avviene a guerra finita, quando il suo nome finisce ingiustificatamente nella lista nera dei comunisti. Nella Grande Mela avvelenata dai sospetti di Hoover, perfino la voce di Mussolini poteva precipitare dentro il dossier Red Channels. Lisa è costretta a lasciare la WQXR, che la licenzia regalandole una spilla di Tiffany. A 55 anni si ritira a Washington, dove però assisteremo a un’ennesima rinascita, in veste di loquace conferenziera ed esperta della questione femminile. Morirà nel 1989, a 84 anni, nella sua casa di Georgetown, tra le fotografie del suo unico grande amore Morris – scomparso prematuramente – e dell’amica Ann Batchelder, «madre adottiva», forse anche amante. «Era una cinica», dirà di lei l’amico medico Herbert M. Moran, «una cinica amabile. La figura più pittoresca sulla scena politica italiana negli anni del fascismo».