Corriere della Sera, 21 novembre 2021
La normalità di un mitra a 17 anni
’assoluzione di Kyle Rittenhouse sta dividendo, ancora una volta, la politica e l’opinione pubblica americane. Ma, a giudicare dai commenti sulla rete e anche dalle mail che abbiamo ricevuto da diversi lettori, ha toccato un nervo sensibile anche in Italia. Il ragazzo doveva rispondere dell’omicidio di due manifestanti, Joseph Rosenbaum, 36 anni, Anthony Huber, 26, e del ferimento di un terzo, Gaige Grosskreutz, 28 anni.
Torniamo alla notte tra il 24 e il 25 agosto del 2020 a Kenosha, nel Wisconsin. In quei giorni l’America è scossa dalle manifestazioni di «Black Lives Matter», innescate dall’omicidio di George Floyd a Minneapolis.
Il 23 agosto, a Kenosha, un agente spara alla schiena di un afroamericano Jacob Blake, 29 anni, che sta cercando di sedare una lite tra due donne. Blake è disarmato e resterà semi paralizzato alle gambe. L’incidente suscita la reazione delle associazioni per la difesa dei diritti civili. Per tre giorni si susseguono cortei, ma nell’oscurità le frange più violente, con caschi, scudi e petardi, si scagliano contro la rete di protezione eretta a difesa del tribunale.
E qui entra in scena Kyle Rittenhouse. Si sposta nel centro della città, con a tracolla un fucile mitragliatore semiautomatico Ar-15. Fa parte di una di «una milizia armata», la «Kenosha Guard». Appuntamento via Facebook per «proteggere la proprietà», nel concreto un benzinaio e alcuni negozi. I video mostrano una sequenza drammatica. Un gruppetto di attivisti insegue Kyle, lo raggiunge. Qualcuno lo butta a terra e tenta di disarmarlo. Ma la sua reazione è furibonda. Partono diversi colpi: si vede un corpo sull’asfalto. Rittenhouse ha il tempo di rialzarsi e di fuggire. La mattina dopo viene arrestato ad Antioch, in Illinois e si scopre che ha solo 17 anni.
Venerdì scorso la giuria di Kenosha ha stabilito che il giovane ha agito per autodifesa. Era in reale pericolo di morte e quindi ha legittimamente usato ogni mezzo per proteggersi, compreso l’Ar-15. La sentenza, osservano i giuristi americani, è in linea con le leggi penali del Wisconsin che discendono direttamente dal II Emendamento della Costituzione americana. Cioè dalla norma che consente ai cittadini statunitensi di possedere armi da fuoco. Dal punto di vista giuridico il confronto lascia pochi margini: di fatto nessuno nella politica americana, che sia un repubblicano o un democratico, mette in discussione il II emendamento.
Ma sul piano politico e sociale, c’è molto da dire. Cominciamo con lo sgomberare il campo da equivoci. Quella notte a Kenosha è stata un disastro per tutti. La leadership del movimento Black Lives Matter dimostrò di non essere in grado di tenere a freno una guerriglia sempre più distruttiva e organizzata.
Le autorità istituzionali, il sindaco John Martin Antaramian, e il Governatore del Wisconsin, Tony Evens, entrambi democratici, non riuscirono a far rispettare il coprifuoco. Il Governatore sembra aver imparato da quella esperienza, visto che stavolta ha mobilitato 500 militari della Guardia nazionale per prevenire disordini e violenze.
Infine l’elemento più inquietante: le «milizie di patrioti armati», pericolosamente libere di pattugliare le strade di Kenosha. Uno dei fondamenti dello Stato di diritto è che il monopolio della forza sia appannaggio delle Istituzioni democratiche. Ma quella notte la polizia restò a guardare.
C’è poi l’aspetto sociale, personale. Possiamo davvero considerare normale l’idea che una persona esca di casa la sera con il fucile in spalla per «proteggere la comunità»? Kyle, inoltre, lo scorso anno era un minorenne. In America un ragazzo della sua età non può bere una birra al bar. Alcol no e mitragliatore sì? È chiaro che la questione di fondo è la «normalizzazione» di pistole e fucili. Non solo è semplice comprarle o procurarsele, ma è soprattutto facile addestrarsi. In molti empori di armi, dal Texas all’Indiana, basta presentare la patente, compilare un modulo che nessuno controllerà, pagare 50 dollari e ti insegnano a usare un Ar-15 o un Kalashnikov caricato con proiettili veri. Non c’entrano nulla lo sport, il tiro a segno per divertirsi nei luna park o anche la caccia. Lo scopo, dichiarato, è quello dell’autodifesa. E molti, troppi adolescenti, bianchi o afroamericani che siano, stanno crescendo immersi in questa pseudo cultura. Non è una buona idea importarla anche in Italia.