Corriere della Sera, 21 novembre 2021
Il caso Céline rimane aperto
Si sa che il 17 giugno 1944 Louis-Ferdinand Céline, scrittore di capolavori ma anche di pamphlet antisemiti, pensò bene di fuggire da Parigi verso la Germania con il suo gatto Bébert e con la moglie Lucette Destouches, lasciando su un armadio dell’appartamento di Montmartre migliaia di carte, tra cui diversi testi inediti. Quei manoscritti sarebbero stati portati via da ignoti dopo la Liberazione e lo stesso Céline, rientrato in patria nel 1951, avrebbe più volte lamentato il furto. Lo scrittore di Morte a credito morì nel 1961 e nel 2019, a 107 anni, scomparve anche Lucette. Nessuna traccia delle carte trafugate, nonostante le ricerche annose e affannose, finché l’11 giugno 2020 un critico teatrale di «Libération», Jean-Pierre Thibaudat, rivela di aver conservato e trascritto per anni gli autografi scomparsi: sono ben 5324 fogli che contengono tra l’altro due romanzi inediti (Londres e La guerre), oltre a una redazione ignota di Casse-pipe. Denunciato per ricettazione dagli eredi di Céline, Thibaudat racconta di aver ricevuto gratis il malloppo, alla fine degli anni 80, da un lettore del quotidiano. La consegna doveva obbedire a due condizioni: che venisse rivelata dopo la morte di Lucette e che rimanesse segreto il nome del donatore. Per questo, nonostante le indagini giudiziarie, il nome misterioso non è mai saltato fuori, anche dopo le ricerche orientate su un tale Oscar Rosembly, personaggio di origine corsa che circolava intorno a Céline e da lui stesso sospettato del furto. «Non mi sono mai considerato il proprietario delle carte ma solo il detentore», ha detto il giornalista a «Le Monde» dopo aver consegnato il tutto. Ora il caso penale è stato archiviato e si riapre il cantiere Céline presso l’editore Gallimard. Dovrebbe bastare anche agli eredi, che invece, non contenti né grati del recupero, annunciano una procedura civile contro Thibaudat.