Corriere della Sera, 21 novembre 2021
I centri anti violenza di nuovo senza soldi
La curva sembrava invertita, finalmente. Sembrava più veloce e meno burocratico il percorso di sostegno che dalla politica porta alle donne che subiscono violenza. Ma era un’illusione. Perché i dati di quest’ultimo anno ci riportano indietro e ci ricordano che non è riuscita a migliorare il sistema antiviolenza nemmeno la pandemia, che pure doveva essere il motore potente di un nuovo corso e che a un certo punto aveva imposto l’argomento fra le priorità dell’agenda di governo.
Una premessa. La facciamo con le parole del professor Carlo Rimini che all’inizio del 2021, da queste pagine, centrò il punto. Si parlava ovviamente di donne che subiscono violenza e «per proteggerle – scrisse lui – occorrono risorse, competenze e formazione; per far sentire braccati i loro persecutori». Però, obiettò, «tutto ciò non si fa con i proclami ma con il denaro, tanto denaro».
Si potrebbe discutere a lungo su quanto sia «tanto denaro» per questa causa, ma qui siamo un passo più indietro: parliamo non di quantità (i fondi sono certamente insufficienti) ma dei tempi esasperanti per far arrivare a destinazione gli stanziamenti.
Ce lo racconta «Cronache di un’occasione mancata», l’ultimo dossier di ActionAid, l’ong internazionale che da anni monitora con precisione chirurgica la filiera dei fondi statali antiviolenza su tutto il territorio nazionale (escluse le province di Trento e Bolzano). Al 15 ottobre 2021, per dire, le Regioni hanno erogato alle Case rifugio e ai Centri antiviolenza il 71% dei fondi dell’anno 2017 (che erano 12,4 milioni di euro); il 67% di quelli previsti per il 2018 (19,6 milioni); il 56% dei soldi disponibili nel 2019 (29,4 milioni) e soltanto il 2% dei 27,5 milioni messi a disposizione nel 2020.
Cioè: nel 2020 – come sempre in un giorno di novembre vicino al 25, giornata internazionale contro la violenza sulle donne – è stata annunciata la cifra stanziata per l’anno che stava per finire e, da allora ad oggi, un anno dopo, di quella cifra solo un misero 2% è approdato ai Centri e alle Case, tra l’altro di due sole regioni: Liguria e Umbria.
In questo accumularsi di ritardi c’è stato un tempo in cui si è osato sperare che tutto cambiasse in meglio: è stato quando, in piena pandemia, nella primavera del 2020, la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti ha risposto agli appelli che arrivavano dalle strutture del territorio di fronte alle difficoltà legate all’emergenza sanitaria. Lo ha fatto imponendo al secondo governo Conte la procedura accelerata per sbloccare i fondi che erano stati stanziati nel novembre del 2019. Risultato: un’impennata dei soldi arrivati e spesi dai Centri e dalle Case e tempi dimezzati nel passaggio dal Dipartimento Pari Opportunità alle Regioni (da 8 a 4 mesi). Segno evidente che, volendo, esiste il modo di velocizzare tutto. Peccato che la procedura accelerata sia valsa soltanto per il 2020. E infatti nel 2021 siamo tornati indietro: 7 mesi per il passaggio Stato-Regioni.
L’emergenza sanitaria aveva stabilito a marzo 2020 un stanziamento di 3 milioni di euro per le spese straordinarie sostenute dalle Case rifugio per la pandemia. Al momento – svelano i dati ActionAid – ne risulta liquidato l’1%. La ministra Bonetti si era attivata, inoltre, ad aprile 2020, per un fondo da 5,5 milioni di euro sempre a sostegno degli enti che gestiscono Case e Centri. Ma su 342 Centri e 286 Case recensite dalle Regioni come destinatarie dei fondi del Piano nazionale antiviolenza, ne hanno usufruito soltanto in 142. Perché per avere quel sostegno era prevista una fidejussione pari all’80% dell’importo e molte strutture, specie le più piccole, non riescono a ottenerla dalle banche.
C’era un’altra misura voluta per fronteggiare la pandemia: il «reddito di libertà» per sostenere le donne nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, con un massimo di 400 euro al mese per 12 mesi. Stanziamento previsto: 3 milioni (dovrebbero essere rifinanziati con altri due milioni) decisi a maggio 2020, però mai distribuiti perché mancava la circolare dell’Inps per modalità e requisiti di accesso. L’Inps ha deciso i dettagli pochi giorni fa e la rete D.i.Re, che tiene assieme 84 organizzazioni di donne (gestiscono più di 100 centri antiviolenza e 50 case rifugio) ha fatto due conti: ne potranno beneficiare 625 donne in tutta Italia ma per farlo arrivare alla platea di tutte le donne che ne avrebbe bisogno servirebbero almeno 48 milioni di euro.
Tutto questo aspettando di conoscere la cifra degli stanziamenti 2021 e la parte operativa (cioè il chi fa cosa e in quali tempi) del nuovo Piano nazionale antiviolenza 2021-20123, pubblicato tre giorni fa sul sito del Dipartimento pari opportunità.