Corriere della Sera, 21 novembre 2021
Il fondo americano Kkr pronto ad acquistare Tim
Il fondo americano Kkr mette nel mirino Tim. Nelle scorse ore sul tavolo del presidente del gruppo telefonico, Salvatore Rossi, è arrivata una manifestazione di interesse dal fondo Usa, già azionista di FiberCop, la società in cui Tim ha spostato l’ultimo miglio della rete telefonica, per l’intero gruppo. Rossi ha convocato per oggi un consiglio per comunicare la proposta, che arriva mentre imperversa la bufera sul gruppo telefonico, con il primo azionista, la media company francese Vivendi, che si è messo in movimento per cambiare l’assetto di vertice. Due settimane fa si è tenuto un consiglio straordinario per verificare la fiducia e nei giorni scorsi diversi consiglieri di Tim hanno chiesto a Rossi una nuova riunione, inizialmente convocata per venerdì prossimo 26 novembre ma che le vicende di queste ore rischiano di rendere meno decisiva.
Di vero c’è che i risultati dell’ultimo trimestre non sono stati positivi e che l’accordo con Dazn per portare la serie A su Tim Vision non ha portato i numeri attesi. Motivo per cui i consiglieri hanno iniziato a marcare stretto il management chiedendo di riesaminare la strategia. La posizione di Vivendi è ancora più rigida e il ceo Arnaud de Puyfontaine, che siede nel consiglio di Tim, starebbe conducendo da giorni sondaggi per arrivare a un avvicendamento al vertice. Al momento la situazione viene definita fluida, anche se il clima resta molto teso, e certamente l’entrata in scena di Kkr aumenterà la tensione. A questo punto è molto probabile che lo strappo improvviso di Vivendi in consiglio sia dovuto ai movimenti del fondo Usa. Alcune voci parlano di un’operazione su Tim a cui la media company di Vincent Bolloré starebbe lavorando con il fondo Cvc e l’aiuto dell’ex ad del gruppo telefonico, Marco Patuano. Di certo Vivendi avendo il 23,5% del capitale di Tim non lascerà passare facilmente Kkr.
Il fondo Usa è interessato a tutta Tim e, da quanto si apprende, sarebbe disponibile a lanciare un’offerta pubblica sull’intero capitale del gruppo, le cui azioni sono ai minimi storici. Attraverso i suoi canali diplomatici, Kkr avrebbe sondato nei giorni scorsi il governo, dal quale non sarebbero arrivate indicazioni, come di consueto essendo Tim una società quotata. Ma il fatto che la proposta sia poi giunta attraverso i canali ufficiali sul tavolo del gruppo telefonico lascerebbe intendere se non altro una neutralità, fermo restando che Palazzo Chigi ha comunque i poteri della «golden power» a tutela della rete, asset strategico per la sicurezza nazionale, inclusa la rete internazionale custodita dentro Sparkle. È ipotizzabile che in caso di un’Opa il governo metta dei paletti a difesa della rete, tanto per la parte contenuta in FiberCop quanto per la cosiddetta «rete primaria» rimasta a Tim.
Ma potrebbe anche andare oltre e aprire un tavolo per discutere dell’assetto generale della rete, in un’ottica che potrebbe anche portare a una sorta di nazionalizzazione sotto il cappello della Cassa depositi e prestiti, azionista con il 10% di Tim e con il 60% di Open Fiber, l’altra società che sta costruendo in Italia la rete in fibra ottica. È probabile che negli incontri istituzionali Kkr abbia avuto contezza che l’operazione su Tim comporterebbe dei vincoli. Ma essendo già in FiberCop sa bene quanta attenzione c’è a livello istituzionale sull’infrastruttura telefonica.
Oggi la proposta sarà portato in consiglio. Kkr avrebbe chiesto un riscontro entro quattro settimane. Un tempo ragionevole, se non fosse per lo scontro in corso, destinato a deflagrare ora che Vivendi si trova a dover fronteggiare il fondo Usa, la cui potenza finanziaria è imparagonabile alla pur ricca media company parigina controllata da Vincent Bolloré, anche aggiungendo i fondi di Cvc. Ma ha già il 23,5% e rappresenta un evidente ostacolo sulla strada di Kkr e del riassetto di Tim.