la Repubblica, 21 novembre 2021
La storia oscura di Abidal il sopravvissuto
«Mai rovinare una brutta storia con la verità», direbbe oggi Sam Silverman, giornalista a cui si attribuisce la frase di segno opposto. L’aggressione alla calciatrice del Psg Kheira Hamraoui non era stata commissionata dalla sua invidiosa riserva, come si era creduto in un primo tempo. Nel secondo è invece entrata in scena come mandante una donna gelosa, Hayet, moglie, presto divorziata, di Eric Abidal. E questo rovina, oltre alla brutta, anche una bella storia, già macchiata. Sempre meno spazio nella storia del calcio e sempre più nei manuali di psicologia.
Abidal, ovvero sopravvivere per uccidere la propria vita precedente. Ci si potrebbe fare una serie: ogni puntata una discesa. Davanti alla tv si può spegnere o cambiare canale, ma l’esistenza prosegue imperterrita verso il poco lieto finale. Abidal commosse il mondo sconfiggendo il cancro al fegato per tornare a giocare e alzare la coppa più importante nella finale vinta col Barcellona. Dopo, ha tradito il Barcellona (offendendo perfino Messi e Xavi), se stesso (abbassandosi come calciatore, dirigente, uomo) e da ultima, ma non ultima, la moglie.
Era, o sembrava, una storia perfetta. Si conoscevano fin da ragazzi. Lei aveva rinunciato alla ginnastica perché era più grande l’avvenire di lui nel calcio. Era diventata la sua prima tifosa: sempre in tribuna. Avevano avuto tre figlie prima della malattia e una quarta dopo, a testimoniare la fiducia nella vita riconquistata. “Ti amiamo principessa Kenya”, scrissero sotto la sua foto da neonata, diffusa sui social dove sono sempre apparsi uniti e innamorati. Dove comincia il lato oscuro? Forse, prima della luce in fondo al tunnel. Il campione perde conoscenza. La sua donna gli si siede accanto e dice: “Credo in lui, è la parte migliore di me”. Quando lui si risveglia, la lascia e se ne va. Che cosa ha visto? Qualcuno coglie un diverso senso della vita, qualche altro la sua assoluta insensatezza. E si perde nel caos. Abidal gioca nella seconda squadra. C’è chi dice: si diventa quel che si era, ma chi l’ha conosciuto assicura che non è così. Comprendere una cosa del genere se non ci passi non è difficile: è impossibile. Prima dell’anestesia fatale ogni persona fa un voto. Quanti lo mantengono al risveglio?
Giudicare è più facile che vivere. Marchiamo sempre a uomo, ma intanto nella nostra zona passa di tutto. E comunque la verità è una bomba atomica, distrugge ogni storia, bella o brutta che ce l’abbiano o ce la siamo raccontata. Se ce n’era una che avremmo voluto salvare era quella di Abidal e famiglia, almeno quella.