Corriere della Sera, 20 novembre 2021
Katharina Miroslawa s’è risposata
Un fumoso bar di Vienna, una sera d’inverno. Carl la vede, la sente e si gioca la carta di una lingua che conosce: «Parli l’italiano?». Dopo qualche giorno e molte chiacchiere, Carl Gustav chiede a Katharina se per caso avesse anche un cognome. «Mi chiamo Miroslawa». Ne è seguita una settimana di silenzio prima che il telefonino risquillasse: «Scusami Katharina ma sono rimasto scioccato quando ho capito chi sei...».
In quei giorni Carl aveva letto tutto del suo passato: la condanna a 21 anni di carcere per il delitto dell’imprenditore Carlo Mazza, lei amante e mandante, il marito Witold Kielbasinski killer e reo confesso, il movente: soldi, due polizze sulla vita. Carl aveva letto di questo assassinio commesso il 9 febbraio del 1986 a Parma, di Mazza freddato a bordo della sua Renault, di una città scossa dal fatto di sangue, di lei ballerina di night insieme con il marito, dei dodici anni di carcere che si è fatta a Venezia. Carcere dal quale era uscita da pochi mesi. E poi le coincidenze: la vittima si chiamava Carlo, lui Carl, quello faceva l’imprenditore, lui manager informatico, entrambi benestanti, entrambi piacenti. «Sono un po’ turbato», ha sospirato invitandola comunque a prendere un drink.
Ebbene, da quel gelido inverno sono passati quasi sette anni, i drink sono diventati cene, i timori certezze, l’amicizia amore. E ieri Katharina Miroslawa, origini polacche, e Carl Gustav, svedese, sono convolati a nozze. In una Vienna assediata dalla pandemia si sono sposati davanti a un funzionario del Comune, dopo averlo fatto cinque mesi fa in chiesa. Diciotto gli invitati, tutti vaccinati, tamponati e mascherati, forse per l’ultimo matrimonio viennese prima del lockdown, festeggiato con pranzetto al Tartufo, cucina italiana.
«Carl per me è l’uomo del destino – riflette la Miroslawa nel giorno dei confetti in un’italiano ancora fluente – Mazza aveva lo stesso nome e io mi ero innamorata di lui, anche solo per questa ragione non potrei essere la mandante di quel delitto. Ora c’è Carl nella mia vita, che lo sa con certezza. Lui è un uomo perbene e ha sofferto molto per la tragedia. Mentre leggeva il mio libro autobiografico si fermava, sospirava, diceva che non riusciva ad andare avanti. Ma non mi faceva certe domande. Un dramma. Alla fine è diventato il mio più grande sostenitore».
Va detto che Witold scagionò Katharina ma lo fece in modo tardivo e questo condizionò tutto: «Lei non c’entra nulla, l’ho fatto io per gelosia». Inutile fu anche la costante, feroce protesta d’innocenza dell’ex ballerina che in carcere si convertì al cattolicesimo e oggi fa la commerciante di vini. «Carl vorrebbe la revisione del processo, cosa che ho già tentato invano io. Non si può più fare perché i testimoni sono ormai tutti morti o spariti. Io vorrei il processo al processo». È morto anche Witold, nel marzo scorso. «Sono andata al suo funerale con Nick, nostro figlio. C’eravamo solo noi e il vento. Io, Nick e suo padre. È stato tutto molto triste ma anche molto molto profondo».