la Repubblica, La Stampa, 20 novembre 2021
Il mistero Hoffa
Paolo Mastrolilli per Repubblica
Sotto al ponte di un’autostrada del New Jersey, chiuso dentro un fusto metallico, seppellito a cinque metri di profondità nella terra di una discarica gestita dalla mafia. Così sarebbe finita l’avventura terrena di Jimmy Hoffa, e quindi il mistero della sua scomparsa, che da quasi mezzo secolo affascina e tormenta la memoria storica degli Stati Uniti.
A rivelarlo, in punto di morte, è stato Frank Cappola, figlio di uno degli esecutori dell’eliminazione del leader sindacale, che aveva visto l’intera scena quando era un ragazzino. Ora l’Fbi sta indagando, e scavando, per capire se la storia che aveva ispirato anche Martin Scorsese a girare il film “The Irishman” è davvero finita.
Hoffa era nato nel 1913 in Indiana, da una famiglia di immigrati tedeschi ed irlandesi. Cresciuto nel cuore industriale dell’America, si era appassionato alle attività dei sindacati da quando era solo un adolescente, impiegato in una catena di alimentari. Erano altri tempi, però, e lavorare per le union significava sporcarsi le mani con attività sempre al confine della legge, inclusi i contatti con la mafia che aveva le mani in tutti i traffici. Jimmy era cresciuto in fretta, diventando il capo dei Teamster, sindacato dei camionisti che poi si era trasformato nell’organizzazione dei lavoratori più potente in America. Lungo la strada aveva anche stretto alleanze pericolose, come quella con il boss mafioso del New Jersey Anthony Provenzano, “Tony Pro”, indiscusso capo della famiglia Genovese.
Così Hoffa era entrato in rotta di collisione con la politica, e in particolare col segretario alla Giustizia Robert Kennedy, che aveva fatto tutto il possibile per incastrarlo. Dopo l’uccisione a Dallas del fratello John, anche lui inseguito dalle voci sui rapporti tra la mafia e la sua famiglia, un tribunale era riuscito a condannare Jimmy per corruzione.
Uscito di prigione grazie a Nixon, che lo aveva aiutato a patto di rinunciare alla guida del sindacato, Hoffa era tornato in fretta alle vecchie abitudini. Aveva cercato di riprendersi la presidenza dei Teamster, ma così si era scontrato proprio con Provenzano, che non lo voleva più intorno.
Il 30 luglio del 1975 Jimmy era andato al ristorante Machus Red Fox di Bloomfield Hills, in Michigan, proprio per un incontro chiarificatore con Tony Pro e altri mafiosi. Ad aspettarlo però aveva trovato solo un’auto che lo aveva portato via, e quella era stata l’ultima volta che qualcuno lo aveva visto vivo.
Martin Scorsese ha sposato la teoria secondo cui Provenzano lo aveva condannato a morte, e il suo amico Frank Sheeran lo aveva ammazzato, incenerendo poi il cadavere. La verità però sarebbe un’altra, secondo la testimonianza offerta in punto di morte da Frank Cappola al giornalista Dan Moldea, riportata prima da Fox Nation e poi dal New York Times .
Nel 1975 Frank era un ragazzino, e aiutava il padre Paul nella PJP Landfill del New Jersey, proprio sotto il ponte della Pulaski Skyway. In teoria era una discarica come tante altre, ma in realtà apparteneva a Phil Moscato, soldato della famiglia Genovese.
Un giorno Frank vide arrivare una limousine, da cui scesero alcuni uomini per parlare con suo padre. Avevano indicato un angolo della discarica e Paul si era molto agitato. Nel 2008, in punto di morte, il padre aveva raccontato al figlio che quella gente era venuta ad annunciare l’arrivo del cadavere di Hoffa, per concordare come farlo sparire. Gli aveva raccomandato di custodire il segreto, rivelandolo solo quando avrebbe ritenuto che fosse arrivato il momento giusto per far conosce la verità.
Frank ha deciso che questo momento era arrivato nel marzo dell’anno scorso, perché anche lui era malato e stava per morire. Quindi ha raccontato tutto a Moldea, che ha informato l’Fbi. Il 25 ottobre scorso gli agenti sono andati nella discarica, per iniziare a scavare.
Gianni Riotta per la Stampa
L’autostrada Pulaski Skyway, sospesa sul grigio New Jersey, ha fama di esser tra le peggiori d’America per traffico e incidenti, da tempo è proibita ai Tir e la sua storia è controversa, fin dall’inaugurazione, 24 novembre 1932: stragi di operai da parte dei guardiani, scontri tra sindacalisti, racket e mafia anni Trenta, corruzione nei finanziamenti, fino al governatore Christie, indagato nel 2014 per 1,8 miliardi di dollari dirottati per la manutenzione.
Non a caso, il leggendario attore Orson Welles scelse proprio Pulaski Skyway come pista di atterraggio per le astronavi marziane nel radiodramma 1938, «World of the wars», che terrorizzò il paese. Insomma, se le voci di ieri che davano un brullo appezzamento di terreno, degradato a discarica di scorie tossiche tra l’autostrada e la tetra periferia di Jersey City, come tomba del sindacalista e gangster Jimmy Hoffa, scomparso nel nulla nel 1975 in Michigan, il suo giallo finirebbe nella location perfetta.
Il sogno industriale Usa, quando la vicina Paterson impiegava 25.000 operai nella seta, molti iscritti al sindacato di sinistra IWW, e Samuel Colt produceva i revolver del Far West dal 1836, si è consumato qui, in lotti di rifiuti, piloni arrugginiti, capannoni abbandonati.
Qui, l’Fbi cerca il corpo di Hoffa, in un bidone, seppellito sotto altri recipienti, subito dopo il rapimento. Jimmy Hoffa guidò il potente sindacato dei camionisti Teamsters dal 1957 al 1971, con sorriso e mano crudele, intrigando con la mafia grazie all’amico, poi rivale, Tony Provenzano, della famiglia criminale dei Genovese, e alla mediazione dei fratelli Tony e Vito Giacalone, cosche di Detroit.
Allora l’economia Usa viveva di trasporto su gomma e rotaia e Hoffa, ricattando le compagnie con la minaccia di scioperi, soprattutto negli anni della II guerra mondiale, divenne arbitro di affari milionari.
Finché Robert Kennedy, ministro della Giustizia del fratello presidente John nel 1961, non apre una serie di inchieste contro Hoffa, per liberarsi dalla criminalità. Nel 1967, Hoffa finisce in galera, condannato a 13 anni per aver corrotto giurie popolari nei processi, frode e concussione. Ci resta fino al dicembre 1971 quando il presidente Nixon, conscio della popolarità del boss tra gli elettori operai bianchi, lo fa rilasciare, ricevendo in cambio nel 1972 il sostegno dei Teamsters, per tradizione democratici, tranne che nel 1960 contro l’odiato Kennedy.
Hoffa incassa una liquidazione record, 7 milioni di dollari odierni, a patto di non entrare più in politica. In galera la mafia gli ha imposto lo stesso diktat, ritirarsi a vita privata.
Jimmy Hoffa, ritratto alla perfezione da Al Pacino nel film di Martin Scorsese «The Irishman», è troppo ambizioso e narciso per mollare i Teamsters, rientra nella mischia e accetta, incauto, un incontro al ristorante Machus Red Fox di Bloomfield con le sue nemesi, Provenzano e Giacalone.
Il meeting non si farà mai, Hoffa sparirà. Ucciso, e subito incenerito, dal killer e sodale Frank Sheeran, Robert De Niro nel film, secondo lo studioso Charles Brandt. Ora l’Fbi crede piuttosto a Frank Cappola che da ragazzo, nell’estate 1975, vide arrivare alla discarica PJP Landfill, gestita dal padre Paul Cappola, un camion scuro, l’adesivo dei Teamsters sul parafango. Scaricano una serie di bidoni, e uno – confesserà al figlio sul letto di morte Paul Cappola- conteneva, ficcato a testa in giù senza cerimonie, il cadavere di Hoffa.
I gangster di scorta lo fecero seppellire in fretta, allontanandosi, agli ordini dei Provenzano, Giacalone e del boss Bufalino. Ma Cappola padre, italoamericano «che non si fidava di nessuno», aveva intravisto in lontananza dei passanti, temeva spiate e, di soppiatto, esumò il corpo, abbandonandolo sottoterra poco lontano, nascosto da altra spazzatura, all’ombra della sinistra Pulaski Skyway.
Dopo quasi mezzo secolo lo spettro di Hoffa, sindacalista, mafioso, carismatico leader, galeotto, potrebbe dunque riapparire, a poche miglia dal club del golf dell’ex presidente Trump e dai laboratori biotecnologici di Rutgers University, nell’America di Amazon e del digitale che non riconoscerebbe, ma che resta affascinata dal suo mistero. —