la Repubblica, 19 novembre 2021
Il senso di Zerocalcare per la pubblicità
«Ciao, benvenuto a Roma. Se sei un umano preparati a tribolà: il traffico, le corse, quattordici lavori per pagà l’affitto di una stanza in casa con ventisei fuorisede, alla fine della giornata ti chiedi: “Ma davero mi madre m’ha messo al mondo pe’ campà così? Non se poteva informà prima?”»: se leggi queste parole su un gigantesco tabellone luminoso sei alla stazione Termini. Non è l’unico. Ti volti e un manifesto dice: «Oh, può esse che passeggi così a buffo perché c’hai il tempo da buttà, ma statisticamente è più probabile che leggi ’sto siluro mentre stai de corsa, sparato come una pallina da flipper tra casa lavoro scuola, i regazzini e 8000 accolli che ti tengono in gioco senza vincere mai»: l’effetto è notevole.
Senza neanche accorgerti vai avanti a leggere: «Questa è la pubblicità di una serie, e di sicuro non te svolta la giornata, ma manco te può fa’ peggio, tanto se non ce stavo io ’sto spazio lo occupava un altro che te provava a vende un paro de mutande o una cassa da morto, mica uno che te regalava i soldi gratis. Reggi botta». L’effetto è straniante: che cosa sta succedendo? Che forse stai perdendo il treno perché la lettura, così atipica e spiazzante, ha totalizzato la tua attenzione. Ma la diabolica campagna di marketing ha pensato anche a questo: proprio sotto al tabellone delle partenze ce n’è un altro che dice: «Non legge, corri. Tu pensi che stai in anticipo, ma da quando hanno messo i varchi per arrivare ai binari rischi sempre che becchi quel faggiano maledetto che intoppa la fila perché non trova il biglietto, e pure se sei arrivato mezz’ora prima fidate che alla fine ’sto treno rischi che lo perdi. Te lo dico perché metà delle volte il faggiano che intoppa la fila so’ io. Scusa».
Questo “faggiano” si chiama Michele Rech, 37 anni, in arte Zerocalcare e la serie, realizzata per Netflix, si intitola Strappare lungo i bordi. Se non avete mai sentito parlare di Zerocalcare e vi siete trovato a Termini ma anche in altre stazioni e metropolitane di varie città, tutto questo vi avrà “stranito” non poco, a partire dalla neolingua italo-romanesca che i suoi lettori di tutte le regioni italiane adorano. Ma qui sta succedendo un fatto nuovo: Zerocalcare sta uscendo dalla sua (ampia, molto ampia viste le centinaia di migliaia di copie vendute) “comfort zone” dei graphic novel per cui è stato candidato, secondo della storia dopo Gipi, al più importante tra i premi letterari, lo Strega (nel 2015). Ne sta uscendo perché Strappare lungo i bordi ha debuttato lo scorso mercoledì 17 novembre con un successo oltre le previsioni: «L’idea di fare un tipo di pubblicità diversa, molto più lunga del solito per il lancio è stata di Netflix e sembrava una roba strana pure a me», spiega Zerocalcare, «però i soggetti li ho scelti io. Ma non mi andava di fare pubblicità direttamente alla mia serie e non volevo che il mio personaggio parlasse con le parole di qualcun altro, così i testi li ho scritti tutti io. Poi ho cercato di capire dove sarebbero stati esposti cartelloni e video e quindi di dargli un senso. Alla fine devo dire che sono contento di come è venuto». In realtà il risultato è piuttosto rivoluzionario perché, non solo i testi non fanno riferimento alla serie, ma parlano dei problemi di te che leggi che poi sono gli stessi di chi scrive: un caso che verrà studiato negli anni a venire.
La serie inoltre, non arriva solo in Italia, ma in 190 paesi contemporaneamente, parlata nella neolingua di cui sopra, doppiata in inglese, francese, spagnolo (se conoscete qualcuna di queste lingue divertitevi!) e sottotitolata in inglese, francese, tedesco e greco. Ieri, giovedì 18, in serata era già al secondo posto della nuova Top 10 quotidiana, anch’essa lanciata da pochissimo, superata solo da Red Notice (un action movie con The Rock e Gal Gadot che è stato il miglior debutto di sempre per Netflix) e prima di Narcos (terza) e del fenomeno Squid Game (quinta). Se volete capire bene di cosa parla e di come e perché è stata realizzata, non perdete il prossimo numero di Robinson, che contiene una storia inedita tratta dalla nuova raccolta a fumetti in uscita il 25 intitolata Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (Bao Publishing) e una lunga intervista a Zerocalcare sui temi in essa trattati, dal dibattito sull’inclusività alle ultime notizie sul Kurdistan fino alle nevrosi, alle insicurezze, ai sensi di colpa e alla solitudine dell’autore. La realtà è che ci troviamo (finalmente) di fronte a qualcosa di nuovo: un artista che ha scelto di andare contro tutti i luoghi comuni.
L’incredibile successo di Zerocalcare infatti è una specie di manuale contro quel conformismo che ogni giorno ci spiega come si dovrebbero fare le cose «perché si sono sempre fatte così» e perché ai lettori/spettatori/ pubblico bisogna ammannire sempre prodotti al ribasso perché «altrimenti non capiscono». Un paternalismo tutto italiano oggi spezzato dall’arrivo di nuovi soggetti che rendono globali i prodotti, con una serie tv coreana in lingua originale come Squid Game che diventa fenomeno mondiale. Zerocalcare coglie nel segno perché usa un nuovo linguaggio, potente per molti motivi ma soprattutto perché, prima di tutto, è sincero e poi perché coglie lo spirito dei tempi: parla ai depressi, agli schizzati, a chi soffre, a chi non ce la fa più, a chi è stanco, a chi vorrebbe un po’ di giustizia, di pace, di tranquillità. Parla a tutti noi. O almeno alla maggioranza di noi che fa sempre più fatica a riconoscersi in una categoria o in un partito. Ma quello di Zerocalcare non è qualunquismo: è il suo contrario. È sensibilità sociale, senso di responsabilità, voglia di cambiare le cose. In meglio. Una narrazione potente in cui c’è forza perché c’è innocenza, gioia, inconsapevolezza, dolore, rabbia. E c’è pietas. Perché, senza fare spoiler, vi divertirete molto a leggere questa nuova raccolta di storie e a guardare la serie tv, ma verrà un momento in cui vi spunteranno le lacrime. E alla fine continuerete a vivere, ma, forse, con una nuova consapevolezza. Quella che «siamo stracci, brandelli sottili e ciancicati uguali alle vite che se ritrovamo in mano».