Il Sole 24 Ore, 19 novembre 2021
Perché la lira turca continua ad andare giù
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è stato di parola. Dopo aver annunciato, mercoledì, di voler combattere i tassi di interesse «fino alla fine», ha fatto seguire i fatti alle parole. E così ieri mattina, durante il consueto vertice, la Banca centrale turca ha deliberato un taglio del tasso di riferimento di 100 punti base. Il costo del denaro è stato portato dall’attuale 16% al 15 per cento.
Nonostante l’inflazione non accenni a scendere dagli attuali, indesiderabili, valori, agli occhi del presidente turco la ricetta non convenzionale per combattere l’inflazione continua ad essere sempre la stessa, ovvero l’esatto contrario di quella utilizzata dalle banche centrali di mezzo mondo: tagliare i tassi di interesse.
Quello deliberato ieri è il terzo taglio in soli tre mesi. Nelle due precedenti occasioni il tasso di riferimento era stato decurtato complessivamente di 300 punti base. I rendimenti reali si trovano così ben al di sotto dello zero.
Seguendo un copione già visto diverse volte, gli effetti – negativi – si sono visti subito. La lira turca ha ceduto fino al 6%, scivolando a quota 11,3 contro il dollaro. Da inizio anno la valuta turca ha ceduto il 30 per cento sul biglietto verde (lo stesso era accaduto nel 2018). Nessuna moneta dei mercati emergenti ha fatto peggio nel 2021. Negli ultimi quattro anni la lira ha perso il 64 per cento. Mentre dieci anni fa ci volevano meno di due lire turche per un dollaro.
Altro effetto collaterale è stato il deciso rialzo (6,1%,) dei titoli di Stato a 10 anni, con un rendimento del 20,1 per cento. Ormai i mercati internazionali considerano la Banca centrale turca asservita alle direttive del presidente, priva dunque di quell’indipendenza necessaria a portare avanti autonome politiche monetarie. D’altronde in tre anni Erdogan ha sostituito tre governatori. L’ultimo è considerato il più compiacente.
Diviene dunque facilmente interpretabile la motivazione addotta dalla Banca centrale, quando ieri a ha affermato che molti fattori alla base dell’aumento dei prezzi al consumo sono «al di là del controllo della politica monetaria». Davanti ad una quadro che peggiora di mese in mese l’istituto centrale ha affermato che «prenderebbe in considerazione» la fine del ciclo di tagli dei tassi in dicembre.
Ma molti analisti internazionali avvertono che solo un deciso cambio di rotta può evitare un peggioramento della crisi finanziaria. Le riserve in valuta straniera sono sotto pressione da tempo e lasciano poco spazio di manovra per arginare il calo della lira. Il 5 novembre scorso le riserve internazionali nette della banca centrale sono scese a 31,85 miliardi di dollari, la settimana prima erano a 32,64 miliardi di dollari.
La cura Erdogan finora non ha funzionato. L’inflazione continua a restare su di un ritmo annuo vicino al 20 per cento, quattro volte più alto rispetto al target fissato dal Governo. Naturalmente questi sarebbero i dati ufficiali. La realtà sarebbe ancora peggiore. Secondo un gruppo di autorevoli accademici ed analisti economici turchi l’inflazione avrebbe in realtà superato il 46 per cento.
La maggiore preoccupazione degli economisti è che i bassi tassi di interesse aggraveranno ulteriormente una spirale inflazionistica, con la crescita dei prezzi al consumo. Un trend capace di erodere ulteriormente il potere di acquisto di molte famiglie turche, già sceso a livelli insostenibili per milioni di turchi, ormai preoccupati per la sorte dei loro risparmi. Le imprese turche che importano materie prime dall’estero, pagandole in dollari, per poi trasformarle e vendere i prodotti finiti sul mercato interno, sono allo stremo. D’altronde la sua economia energivora ha reso la Turchia uno dei maggiori Paesi europei importatori di gas e greggio. L’impatto del rialzo dei prezzi energetici, che peraltro sono scambiati in dollari, ha avuto un impatto molto pesante in un contesto già difficile.
Certo, le esportazioni sono privilegiate. Erdogan punta soprattutto alla crescita, agevolando l’accesso al credito. Ad ogni costo. Ed il deciso aumento del Pil (vicino all’8% nel 2021) va in questa direzione. Di recente aveva ribadito la sua posizione. A suo modo: «Che tipo di persona sei? Se sei un uomo d’affari sei dalla parte degli investimenti, quindi ecco qui: prestiti a basso interesse».