la Repubblica, 18 novembre 2021
Sotto al vulcano, la nuova rivista di Marino Sinibaldi
Marino Sinibaldi è abituato a osservare il mondo dalla prospettiva di chi vuole raccontarlo, dunque non stupisce che abbia pensato di imbarcarsi nell’avventura di una nuova rivista. L’ha chiamata Sotto il Vulcano ma senza allusioni particolari al romanzo spaesante di Malcom Lowry. Il trimestrale, che in tutto conterà dieci numeri in tre anni, cercherà di funzionare da sismografo delle mutazioni del presente (pubblicato da Feltrinelli si troverà a partire da oggi in tutte le librerie). Per Sinibaldi, presidente del Centro per il Libro e la Lettura dopo aver diretto a lungo Rai Radio 3, si tratta a 67 anni di una nuova sfida coerente con la sua storia umana e professionale.
Inventore di trasmissioni radiofoniche cult e di festival di successo, Sinibaldi nella sua instancabile attività intellettuale non ha mai amato le torri d’avorio e non ha mai smesso di collaborare con giornali e riviste, a cominciare da quelle di Goffredo Fofi, da Ombre rosse a Linea d’ombra a Gli asini.
La redazione di Sotto il Vulcano è piccola, sono in tre, Sinibaldi compreso, ma il progetto è lungimirante (gli altri sono Federico Bona, caporedattore, e Guido De Franceschi, redattore). Al trio si aggiungono collaboratori diversi di volta in volta: scrittori, filosofi, poeti, artisti, scienziati, fumettisti. Ogni numero prevede una condirettrice o condirettore e un tema. Il primo, titolo Cronache dal mondo nuovo e autori che vanno da Colum McCann a Etgar Keret, è curato da Helena Janeczek e illustrato da Martoz. Il prossimo avrà al timone Melania Mazzucco.
Come le è venuto in mente di creare una rivista cartacea di questi tempi?
«In realtà stiamo assistendo a un ritorno della carta e delle riviste e questomi sembraincoraggiante.
Inoltre avevo voglia di pensare qualcosa a partire dallapandemia.
Abbiamobisogno distrumentiper capire quelloche sta accadendo.In genereglishockproducononuove forme di pensiero e dell’immaginario, bisogna saper raccogliere la sfida e aggiornare l’armamentariomentale».
Non crede che ci vorrà ancora del tempo prima che gli effetti del virus sulla creatività siano visibili?
«Pochi giorni fa Javier Cercas mi facevanotare chela Spagnola non ha prodottonarrazionimentre la pandemiaèuneventomolto raccontato. Non so se è così, in ogni caso il virus dovrebbe spingerci ad avere nuoveidee, ècon questa convinzionechehopensatouna rivista, è un tentativo di trovare raccontinuovi.Come spiego nelprimo numero, Sotto il Vulcano nasceper registrare le trasformazioni nella tempestache stiamo attraversando, perapprofondirle».
Davvero pensa che la pandemia finirà per cambiarci?
«In questo periodo si sonocreati due schieramenti, quello di chi dice che il Covid ha rafforzato l’elemento collettivo creando più connessione sociale e quello di chi, al contrario, sostiene che sia aumentatala solitudine».
E lei di quale fa parte?
«Abbiamovisto persone disciplinate mettersi in fila per vaccinarsi, investimentistatali, medici chehanno lavorato insieme.Mi sembra abbia vintoun’idea cooperativa e non competitiva della società. La pandemia ci ha mostrato l’importanza dei gesti individuali, ci ha fatto capire che anche il gesto più semplice, come lavarsi le mani, può diventare politico. Pensiamo a cosa succederebbe se questo modello venisse accettato anche in altri ambiti, ad esempio nell’ecologia».
Non sono mancati attriti intorno al vaccino.
«Èvero mala maggioranzasiè assunta la responsabilità del proprio benesseree anchedi quello collettivo».
Si aspettava che i libri reggessero così bene allo stress test del Covid?
«C’è chi ha letto libri per evadere e chi lo ha fatto con voglia di introspezione, chi lo ha fatto per desiderio di contatto e chi per raccogliersi nel suo isolamento. Senza dubbio questa fase ha avuto anche il compito di sfidare la diffusione delle fake news».
Tornerà la fiducia negli intermediari culturali e si placherà la furia populista?
«La pandemiadeveprodurreuna reazione intellettuale. In fondo i traumiservonoanche aquesto.
Pensiamo aigrandi viaggi epici.
Gilgameshinizia a viaggiare perché gli muoreun amico, per elaborare il lutto».
Che vita può avere una rivista nel mondo dei social?
«Tra social e riviste non c’è esclusione macomplementarietà. Le riviste vengonoincontro achi vuole trovare un posto in cui il pensiero si fermaun po’, la narrazione si distende. Sono convintoche la cultura possa ancora ospitare nodi di intensità. Una diversa densità. Sotto il vulcano cerca di farlo inmodoibrido mescolando narrazioni, riflessioni, poesie, immagini.Per dirla con Zuckerberg la definirei un multiverso».
Una rivista che faccia da bussola?
«La nostra è un’umanità ferita, negli ultimi anni abbiamoaffrontato tre catastrofi: economica, ecologica e sanitaria. Non si è mai all’altezza dei propritempi, è vero,ma bisogna provare a capirli».