Corriere della Sera, 17 novembre 2021
Intervista a Marine Le Pen
PARIGI Nella nuova sede del Rassemblement national a Parigi (dopo 13 anni a Nanterre), priva di insegne per motivi di sicurezza, Marine Le Pen accoglie il Corriere della Sera a cinque mesi dal voto presidenziale. Il ciclone Zemmour è in flessione nei sondaggi e lei sembra di nuovo favorita per affrontare il presidente uscente Macron nel duello finale. L’Eliseo, i rapporti con il padre, i no vax, le passate sconfitte, l’alleanza in Europa con «Matteo» (Salvini) e «Giorgia» (Meloni). «MLP» ci crede: «Penso davvero di poter vincere questa elezione presidenziale».
Se in primavera dovesse entrare all’Eliseo, quali sarebbero i suoi primi tre provvedimenti?
«Subito un referendum sull’immigrazione, con una modifica della Costituzione per garantire la primazia del diritto francese su quello internazionale. Bisogna fermare l’immigrazione illegale e anche quella legale, non sarò brutale né avventata ma ferma. Seconda priorità, il potere d’acquisto: i francesi sono schiacciati dalle spese obbligate, dalle bollette e dal pieno di benzina, e io farò abbassare l’Iva sull’energia dal 20% al 5,5%. Terzo dossier, cambiare l’Europa. Molti Paesi non allineati ai dogmi di Bruxelles si aspettano dalla Francia un progetto forte, in difesa della libertà, perché fa parte della nostra storia. Andrò a Bruxelles a ristabilire la sovranità delle nazioni».
Per questo ha incontrato il premier ungherese Viktor Orbán a Budapest?
«Sì, stiamo allargando lo spettro delle forze politiche che hanno una visione comune su questi temi, come è già il caso di Matteo (Salvini, ndr) in Italia. Non vogliamo rimpiazzare il modello unico attuale con un altro modello unico uguale per tutti. Ogni nazione potrà prendere scelte autonome e riavrà la sua libertà».
Nel 2017 però il suo progetto è stato battuto da quello europeista di Emmanuel Macron. E nel 2022 potreste ritrovarvi di nuovo l’una davanti all’altro. Che cosa rimprovererà a Macron?
«Che è stato il presidente degli interessi particolari, della finanza, e mai dell’interesse generale. Macron ha una forma di imperdonabile disprezzo per i cittadini comuni. Per non parlare della gestione catastrofica della pandemia».
Punta al sostegno del movimento no vax? Qualche settimana fa lei ha definito il «green pass» una «violazione sproporzionata della libertà».
«Io non sono contro il vaccino, sono per la libertà. Sono vaccinata, ma contraria all’obbligo di vaccino, che esiste di fatto. Quando in Francia non si rimborsano più i test Covid, o quando in Austria si fa un lockdown per i non vaccinati, il vaccino diventa obbligatorio».
Lei partecipa per la terza volta all’elezione presidenziale. Perché questa volta dovrebbe funzionare?
«Intanto perché siamo alla fine di un ciclo. Macron non è stato il primo presidente del nuovo mondo come voleva fare credere, ma l’ultimo del vecchio mondo. Oggi Macron suscita il rigetto più che qualsiasi altro candidato, molti voteranno per chiunque lo sfidi al secondo turno tranne che per lui. Poi, paradossalmente, la presenza di Eric Zemmour gioca a mio favore».
Zemmour dice che lei non vincerà mai e vuole prendere il suo posto come punto di riferimento del campo nazionalista. In che modo invece la favorirebbe?
«Perché grazie a Zemmour i francesi stanno capendo che le mie posizioni sono ragionevoli, anche se ferme. Poi, i suoi elettori costituiscono una riserva di voti. Penso che lui si fermerà sotto il 10 % al primo turno, al secondo turno ci arriverò io e potrò contare sui suoi elettori. Nei sondaggi l’ho superato di nuovo e credo sia una tendenza di fondo».
Alle Europee del 2019 lei ha proposto a Zemmour di candidarsi nelle liste del Rassemblement national e lui ha rifiutato.
«No, io gli proponevo il terzo posto e lui voleva essere capolista. Ho rifiutato io».
Adesso che cosa vi divide?
«Sull’immigrazione, Zemmour non aggiunge nulla, se non brutalità e provocazioni, alla nostra visione. Ha una visione ideologica della politica, mentre la mia è pragmatica. L’ideologia opprime gli uomini, li schiaccia. Zemmour non offre soluzioni ma polemiche, e la gente si sta già stancando delle polemiche. È riuscito a dare scandalo anche al Bataclan, il giorno del sesto anniversario dell’attentato».
Non le dispiace che suo padre Jean-Marie lo abbia sostenuto?
«Ma la posizione di mio padre è cambiata. Ha appena rilasciato un’intervista al Telegramme, un giornale francese, nella quale fa sapere che non crede che Zemmour possa arrivare al secondo turno».
Lei non ha il dubbio di avere esagerato con l’immagine rassicurante, con le foto dei gattini su Instagram? Rispetto a Zemmour, non ha paura di mostrarsi troppo gentile?
«Ma io sono gentile. Poi quell’account Instagram è privato, se avessi voluto farne uno strumento di comunicazione lo avrei reso pubblico. Semplicemente adoro i gatti, e li allevo. Altri dipingono, vanno in bicicletta o fanno jogging. Semmai, è vero il contrario, sono stata a lungo dipinta come il diavolo».
A proposito dei suoi alleati, non è contraddittorio che la Lega di Matteo Salvini in Italia faccia parte del governo di Mario Draghi che è il miglior amico e sostegno in Europa del suo avversario Emmanuel Macron?
«Ma Draghi ha fatto un governo di unità nazionale».
E Giorgia Meloni, per esempio, non ne fa parte.
«Sì, è un governo dove ci sono quasi tutti, tranne Giorgia Meloni. Comunque, Matteo Salvini ha spiegato già molte volte che la sua visione politica non si è adeguata a quella di Draghi, semplicemente sostiene il governo per il bene del Paese, e chi sono io per giudicare la politica interna italiana? Quel che so è che conosco Matteo Salvini da tempo e ho grande fiducia in lui. È un uomo onesto e leale con convinzioni sincere. In Europa non cerco dei cloni ma degli alleati, ma al tempo stesso è vero che Matteo Salvini ha fatto della Lega un partito fratello del Rassemblement national».
E Fratelli d’Italia? Qual è il suo rapporto con Giorgia Meloni?
«Conosco anche lei da molto tempo, da quando non aveva ancora la dimensione che ha preso oggi. Dunque, capisco bene che possa trovarsi in una forma di competizione, con Matteo. Ma dobbiamo riunirci, essere l’avanguardia della rifondazione europea. So che è così per Matteo, non so se è ancora così per Giorgia, ma bisogna che ognuno accetti di lavorare assieme in Europa. Può essere complicato specie in Italia, si è assieme poi non lo si è più, ma a livello europeo occorre che queste rivalità vengano messe da parte».
A che punto è la nascita del nuovo gruppo al Parlamento europeo?
«Stiamo avanzando, dopo la firma in luglio di una Carta per l’avvenire dell’Europa, con me, Matteo, Giorgia, il partito di Orbán che è stata una novità importante, e altri. Non dobbiamo perdere l’appuntamento con la Storia».
Presto Francia e Italia firmeranno il Trattato del Quirinale, come già esiste il Trattato dell’Eliseo tra Francia e Germania. La cooperazione dei grandi Paesi in seno all’Unione europea viene rafforzata. Che cosa ne pensa?
«Mi pare in realtà un ulteriore segno del grande ritorno delle relazioni bilaterali tra Paesi sovrani. A Bruxelles non c’è un muro che possa cadere all’improvviso come il muro di Berlino. Ci vorrà del tempo, ma le nazioni riconquisteranno il loro spazio».