la Repubblica, 17 novembre 2021
Xi sconfessa Mao
Calcolo politico o vera condanna? Chissà. Agli studiosi di “pechinologia” serviranno settimane per decifrare le parole di Xi Jinping contenute nelle 66 pagine della risoluzione storica adottata dal Plenum del Partito comunista che lo proietta verso un terzo – e inedito – mandato. Una cosa è certa: la riscrittura della storia da parte di Xi di questi ultimi 100 anni di comunismo serve al presidente per cementare la sua posizione di leader insostituibile. Ma affrontare l’eredità di Mao Zedong presentava per Xi parecchie insidie. Criticato per le sue campagne che a più di qualcuno hanno fatto tornare alla memoria proprio il periodo maoista, pur difendendo con forza il pensiero e le azioni del Grande Timoniere, Xi ha voluto riconoscerne gli sbagli: il Grande Balzo in avanti e la Rivoluzione Culturale. «Gli errori teorici e pratici del compagno Mao sulla lotta di classe divennero sempre più gravi. Sotto una valutazione completamente erronea dei rapporti di classe e della situazione politica nel Partito e nel Paese, Mao ha lanciato e guidato la Rivoluzione Culturale. I controrivoluzionari hanno approfittato degli errori e hanno commesso molti crimini che hanno portato disastri provocando dieci anni di disordini interni che hanno causato al Partito, al Paese e al popolo le perdite più gravi dalla fondazione della Repubblica». Solo elogi, invece, per il compagno Deng, difeso anche nell’uso della forza durante le rivolte del 1989, con l’esercito e i carri armati in piazza Tiananmen lanciati contro gli studenti. Anche allora, secondo Xi, «il Partito ha preso una chiara posizione, difendendo il potere e salvaguardando gli interessi del popolo stesso».