la Repubblica, 17 novembre 2021
La ricetta di Tornchetti Provera per dare una svolta all’Italia
ROMA — «Spetta alla politica decidere chi deve presiedere il governo e chi fare il presidente della Repubblica. In ogni caso è fondamentale che alla guida del Paese vadano persone con la competenza necessaria per portare avanti un cambiamento difficilissimo, perché il rischio è di sprecare un’occasione storica che non si riproporrà». Marco Tronchetti Provera, 73 anni, amministratore delegato e vicepresidente esecutivo di Pirelli, in questa intervista sostiene che c’è una grande fiducia nell’Italia, al centro di un processo di ricomposizione degli equilibri geopolitici europei ma non solo. Chiede alle forze politiche di non avere attenzione al solo consenso a breve ma di avere una visione più lunga. Propone di utilizzare gli otto miliardi di riduzione della pressione fiscale per tagliare essenzialmente il cuneo fiscale e contributivo e di realizzare le riforme della giustizia e della pubblica amministrazione per spingere la produttività.C’è, intanto, una minaccia che aleggia su tutte le economie del globo: l’inflazione. L’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, le difficoltà nelle catene degli approvvigionamenti possono compromettere la ripresa?«In questa fase noi vediamo gli effetti positivi di una ripresa di fiducia in Italia e in generale di una volontà di ripartenza dopo la fase più acuta della pandemia. Questo è il contesto generale in cui l’elemento al centro è proprio la fiducia della gente nel futuro. La fiammata dei prezzi delle materie prime ha una parte sana legata alla riduzione delle scorte durante la crisi pandemica, che in questa fase di ripartenza si traduce però in una domanda superiore all’offerta, con una pressione per tutta la filiera delle materie prime e dei trasporti. Mi pare un processo destinato a rientrare in un alveo naturale. L’energia, invece, lo vedrei come un capitolo a sé perché è direttamente connesso a una complessa gestione della transizione energetica».Per la prima volta abbiamo delle stime di crescita del Pil per il 2021 migliori rispetto alla media. È una crescita tutta dovuta al rimbalzo dopo il crollo del 2020 o è una crescita che segnala anche che per una volta il sistema-Italia si è messo a funzionare?«Credo che buona parte di questa crescita sia legata al rimbalzo, perché non abbiamo ancora fatto nulla dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse straordinarie previste dal Pnrr. Ma dietro questo c’è fiducia, voglia di ripartire. L’Italia ha gestito bene la crisi pandemica. La gente dunque ha apprezzato la competenza e il senso di responsabilità di chi ci ha governato. Adesso parte la seconda fase, quella più consistente, dove i limiti delle nostre strutture burocratiche, amministrative, normative vengono messi alla prova. È chiaro che senza i cambiamenti, senza le riforme e gli investimenti nella giusta direzione la fiammata rimarrà tale e ci ritroveremo, in pochi mesi, a fare i conti con una realtà non più così positiva, con un debito non più sostenibile. C’è la necessità di dare corpo a quello che è stato scritto e approvato da Bruxelles che è fatto di riforme e di investimenti».È fiducioso in questo?«Io credo che questa possa essere davvero un’occasione di svolta.Questo è un appuntamento con la storia. L’Italia si trova, per un insieme di circostanze, a essere il punto di equilibrio, o l’origine di ulteriori squilibri nel panorama geopolitico europeo e non solo. All’Italia sono state destinate le risorse maggiori del piano europeo. Se falliremo daremo ragione a quei Paesi che non vogliono condividere il bilancio europeo. Nella mia vita non ho mai visto una situazione di questo genere. La leadership italiana è riconosciuta non solo a livello europeo, ma anche a livello globale.In una Europa in trasformazione, con Merkel che lascia la scena in Germania e la Francia che si è riavvicinata all’Italia, questi tre Paesi possono rappresentare il cuore di un progetto europeo che va ben al di là del Pnrr».Lascerebbe Draghi a Palazzo Chigi?«Credo che la scelta vada lasciata alla politica. Qualunque soluzione deve avere al centro la stabilità di governo e una presidenza credibile e di alto livello. Certamente oggi Mattarella e Draghi la garantiscono con la loro autorevolezza nei confronti dell’Europa e del resto del mondo.Qualunque scelta deve partire dal fatto che il governo del Paese deve essere in grado di mettere a terra il Pnrr che per ora è solo scritto. Era molto difficile scriverlo, ma attuarlo è un lavoro immane».Draghi però alcune cose non le ha scritte. Per esempio, ha lasciato alle forze politiche la scelta su come tagliare le tasse. Lei come interverrebbe?«Noi abbiamo un tema di produttività di sistema. Gli otto miliardi devono essere parte di un progetto che da un lato riduca il peso della pressione fiscale su imprese e lavoro e dall’altro crei le condizioni per aumentare la produttività. Penso alla riforma della giustizia e a quella della pubblica amministrazione».L’altro capitolo non scritto è quello pensioni. Pensa che una forma di flessibilità in uscita, per esempio da 62 anni, possa essere positiva per le imprese o invece finirà solo per aggravare la spesa pubblica?«Affinché il sistema pensionistico sia sostenibile deve esserci equilibrio tra i denari che si versano e quelli che vengono erogati, e ognuno deve avere in funzione di quello che ha accantonato. Se non arriviamo a definire questo bilanciamento, prima o poi qualcuno pagherà il conto di questo squilibrio. Fare una battaglia ideologica su temi come questi è irrazionale, non ha senso, anche tenuto conto dell’allungamento delle aspettative di vita».Lo dice in riferimento alle posizioni della Lega di Salvini o di fronte alla minaccia di Landini di uno sciopero generale?«Mi riferisco a chiunque si oppone a un dialogo capace di tener conto della realtà e di costruire un sistema sostenibile, commettendo un errore nei confronti dei propri figli e dei propri nipoti. Chi su questi temi cerca oggi il consenso a breve non fa l’interesse del Paese».