La Stampa, 17 novembre 2021
Ecco come si è arrivati la fallimento del patto tra leader
Che fosse difficile, mettere a sedere allo stesso tavolo i leader della larga maggioranza che sostiene il governo, si sapeva: basti pensare alla foto di gruppo, che non a tutti sarebbe piaciuta. A cominciare da Draghi, che sarebbe apparso commissariato dai partiti. Ma che dovesse finire così, in un pasticcio generale in cui c’è una gara a sfilarsi per primi, non era proprio scritto. Ed è indicativo, se ce ne fosse ancora bisogno, del pessimo stato dei rapporti tra le maggiori forze politiche.
Riassumiamo. Il segretario del Pd Letta propone una riunione di maggioranza per mettere a punto le modifiche da apportare alla manovra economica, ed evitare, come si suol dire, il Vietnam in Parlamento. Di primo acchito tutti si dichiarano disponibili, anche se il testo è già passato per una lunga cabina di regia e un Consiglio dei ministri, e sarebbe pronto per essere esaminato dai parlamentari che da tempo lamentano la loro emarginazione dalle scelte più importanti, a cominciare dai tagli delle tasse. A questo punto arriva Conte e propone che il tavolo di maggioranza sia allargato all’opposizione (?!), per parlare di riforme istituzionali. Tutto questo, non va dimenticato, in piena sessione di bilancio, con deputati e senatori che hanno a disposizione poco più di un mese per discutere e votare.
E qui il tavolo comincia a traballare. Una vecchia legge della politica, infatti, dice che quando si allarga troppo il discorso, vuol dire che non si vuole stringere su nulla. Tocca a Di Maio far capire che c’è modo e modo di mandare la palla in tribuna. E a Meloni approfittare dell’autogol della maggioranza. Da oggi ciascuno riprenderà a battere i piedi per appuntarsi una medaglietta, si tratti delle pensioni, del reddito di cittadinanza, della flat tax o del cuneo fiscale. Fino a che Draghi, come al solito, verrà a fischiare la fine della ricreazione, mettendo a punto l’emendamento finale su cui verrà posta la fiducia e il Parlamento sarà chiamato a votare.
Si dirà che non c’è niente di nuovo sotto il cielo. Può darsi. A patto di non dimenticare che quelli che hanno fatto saltare il tavolo sulla manovra sono gli stessi leader che a inizio d’anno dovrebbero – il condizionale è d’obbligo – trovare un modo per eleggere il Presidente della Repubblica.