Il Sole 24 Ore, 17 novembre 2021
Alberto Bombassei lascia la guida di Brembo
Matteo Meneghello, Il Sole 24 Ore
In Brembo scocca l’ora del passaggio generazionale. Un salto che avviene con naturalezza: a raccogliere il testimone dal fondatore e attuale presidente, Alberto Bombassei, sarà Matteo Tiraboschi, genero del fondatore (ha sposato la figlia Cristina), attuale vicepresidente esecutivo e già operativo in azienda da circa 20 anni.
Il consiglio di amministrazione porterà in assemblea, il 17 dicembre, una proposta di modifica statutaria, introducendo la figura del presidente emerito. A valle del voto assembleare sarà proposto per questa carica il nome di Bombassei (che si prepara a lasciare il cda) e la contestuale nomina di Matteo Tiraboschi a presidente esecutivo. Prevista anche la costituzione di un Comitato strategico, dotato di funzioni solo propositive e consultive (non ci sono ancora ufficialità sui nomi dei componenti). «È da tempo – spiega Alberto Bombassei – che ho espresso l’intenzione di rinunciare alle deleghe operative. Oggi, coerentemente con questa volontà, ho scelto di lasciare la carica di presidente. È un passo che compio con serenità: sono certo di garantire a Brembo una guida sicura e soprattutto capace di affrontare con successo le nuove sfide che il settore della mobilità pone in questa fase di radicale trasformazione».
Il nuovo assetto di governance non prevede un ribilanciamento di poteri con l’ad, Daniele Schillaci con il quale «l’allineamento e l’affiatamento è totale – spiega ancora Tiraboschi -. Abbiamo lavorato bene in questi due anni e mezzo e lo faremo ancora di più in futuro». In aggiunta alle deleghe già possedute Tiraboschi integrerà ora il portafoglio del fondatore: «è chiaro che la mia posizione sarà diversa, ma eventuali nuovi equilibri si svilupperanno nel tempo – aggiunge -. Ora la priorità è navigare in questo mare agitato e restare concentrati sulla capacità dell’azienda di anticipare le richieste dei clienti».
La scelta di Brembo cade in un momento complicato per l’automotive e per il manifatturiero in generale. L’azienda, dopo un primo semestre in forte recupero anche rispetto ai livelli del 2019, è stata costretta nell’ultimo trimestre a rallentare e a rivedere leggermente al ribasso le previsioni di guadagno, stretta tra l’impennata dei costi operativi e la volatilità degli ordini, a causa di dinamiche incontrollate dei prezzi e della disponibilità di molte materie prime. «Il momento giusto per un cambio al vertice di questo tipo non esiste – spiega Tiraboschi -, l’importante che gli uomini e l’organizzazione siano pronti. Questo è il momento ritenuto giusto da Brembo, e da qui siamo pronti a confermare il nostro percorso di crescita e di innovazione». Lo stesso Bombassei ha chiesto a Tiraboschi, nel suo saluto ufficiale, «di confermarci nel ruolo di grandi innovatori che tutti ci riconoscono». Una sfida che per il futuro nuovo presidente è concreta. «La società – spiega – ha sempre investito una parte significativa in r&d. Si tratta di 180-200 milioni all’anno, ma è chiaro che questa dote non è più sufficiente nello scenario attuale e sarà necessario incrementarla». Per lo sviluppo futuro, Tiraboschi ripone inoltre fiducia nelle potenzialità di Sensify, la nuova piattaforma di soluzioni frenanti annunciata da Brembo, che integrerà intelligenza artificiale e big data con il portafoglio prodotti del gruppo. Le prime soluzioni finiranno sul mercato nel 2024, due i contratti praticamente già pronti («con il secondo cliente siamo in fase di negoziazione» precisa Tiraboschi), con ricavi previsti «non simbolici, ma legati a volumi importanti – spiega il futuro presidente -, anche se in una visione di mass market possono apparire marginali».
La scelta su Tiraboschi conferisce infine stabilità e continuità nel controllo famigliare e segue il riassetto di governance che già da tempo ha visto la ripartizione delle quote nella holding di controllo di Brembo, con il 51% affidato a Cristina e il 49% a Luca Bombassei. «Questa azienda ha una famiglia come azionista di riferimento che intende continuare, potenzialmente per sempre, a mantenere il controllo – precisa Tiraboschi -. Restiamo, come in precedenza, saldi e sereni nel valutare dossier per eventuali acquisizioni o decidere percorsi di crescita non organica. Non sono previste, da questo punto di vista, visioni discontinue rispetto al passato; neppure per la quota posseduta in Pirelli, che rimane per Brembo nulla più che un investimento strategico, come è già stato ribadito in altre circostanze».
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Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore
La leadership reale e gli assetti futuri, il riposo dei senatori e l’impegno degli eredi, di sangue e di mercato. L’uscita di Alberto Bombassei (81 anni) dal perimetro operativo della Brembo sancisce un passaggio simbolico e concreto dell’Italia delle fabbriche. Perché, mai come in questo momento storico, il nostro capitalismo manifatturiero è stato sottoposto a pressioni fortissime dall’esterno. Pressioni che coincidono anche con la naturale senescenza anagrafica di chi ha traghettato, con successo, la nostra economia nella globalizzazione, sostituendo trent’anni fa il capitalismo storico – privato e pubblico – del nostro Novecento. Bombassei cede l’incarico di presidente a Matteo Tiraboschi, già vicepresidente esecutivo. Tiraboschi è il marito della figlia di Bombassei, Cristina. Bombassei ha costruito un modello di successione classico europeo, intra-familiare, che soltanto nelle letture più provinciali e ideologiche ha una cifra strutturalmente peggiore rispetto ai modelli anglo-americani. Leonardo Del Vecchio (86 anni) ha invece scelto di risolvere al cuore la questione dell’eredità familiare costruendo una alleanza e una fusione con i francesi di Essilor – per una volta in uno schema a primazia italiana – e affidandone la guida operativa a un manager, Francesco Milleri, in un connubio di carattere tecno-industriale fra i due che viene di solito oscurato dallo scintillio della guerra finanziaria per il controllo di Generali e Mediobanca, quasi che Trieste e Milano avessero – cosa non vera – più dignità e importanza di Agordo e di Belluno. Il terzo modello riguarda Pirelli, i cui destini peraltro tenderanno sempre più a intrecciarsi con quelli di Brembo, titolare di una importante partecipazione azionaria. In questo caso, il più giovane (73 anni) Marco Tronchetti Provera ha conservato il controllo strategico condividendo quote crescenti di diritti di proprietà, in particolare su piazze straniere, e blindando statutariamente il profilo nazionale della società e il suo radicamento nel nostro Paese, con operazioni concordate con i nuovi soci esteri. Fino, appunto, all’ingresso di Brembo, non concordato, nel capitale. Il problema però non riguarda tanto la sorte di questa o di quella impresa. La questione è più generale. E riguarda la parabola di una generazione di imprenditori e di manager che hanno costruito le basi delle loro fabbriche negli anni Settanta, hanno edificato le fondamenta delle loro aziende nella trasformazione tecnologica e organizzativa degli anni Ottanta e hanno espanso le loro attività dagli anni Novanta. Tutto questo in coincidenza con l’integrazione dei mercati internazionali e in una lunga stagione di denaro a basso costo, con le banche centrali impegnate in una sorta di funzione di correttori di ultima istanza delle “imperfezioni” dei mercati. La pandemia ha modificato radicalmente lo scenario. La globalizzazione è irreversibile, ma si è rimodulata: la Cina ha aumentato la sua centralità funzionale negli scambi commerciali e nelle piattaforme produttive internazionali, le stabilità dei prezzi e delle quotazioni delle commodity sono ormai archiviate, le catene delle forniture si sono accorciate e ogni giorno sperimentano strappi, abrasioni e criticità. Anche l’anagrafe delle persone è irreversibile. All’autunno dei patriarchi succede la primavera degli eredi. Nell’auspicio che questi siano all’altezza, non compiano scelte strategiche sbagliate, siano sostenuti e non affossati da un Paese impegnato nella munifica ma anche ambigua transizione dei miliardi su miliardi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e, alla fine, non producano un inverno dello scontento per la nostra industria, che diventerebbe un inverno dello scontento per tutto il Paese.