Il Sole 24 Ore, 17 novembre 2021
È ora di lasciare sottoterra i combustibili fossili
Una delle numerose attiviste per la giustizia climatica del Sud del mondo a cui non è stato permesso recarsi a Glasgow è stata Disha Ravi di Bangalore, India. Il suo governo le ha negato il passaporto. Come attivista per Fridays for Future, a febbraio 2021 è stata arrestata per alcuni giorni dalla polizia e tenuta in custodia a Delhi. Dhisha ha solo 22 anni e per lei questa esperienza deve essere stata dura. Nonostante questo ne è uscita rafforzata e twitta regolarmente dal suo profilo @disharavii. Sebbene non abbia partecipato a Glasgow, continua in India la sua campagna che può essere riassunta con lo slogan «finanziare gli agricoltori, non il carbone», verso il quale l’India sta attraversando una fase di transizione. Allo stesso tempo cresce anche l’energia rinnovabile. New Delhi non ha ancora raggiunto un miliardo di tonnellate di carbone all’anno, mentre la Cina è a 4 miliardi di tonnellate all’anno, che significa 3 tonnellate pro capite. India e Cina stanno seguendo la strada occidentale nell’uso dei combustibili fossili, partendo prima dal carbone e poi passare al petrolio e al gas. Nel frattempo continuano ad aumentare anche le emissioni mondiali di gas. La concentrazione di CO2 nell’atmosfera, misurata dalla curva di Keeling nel 1992 al momento della conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro era di 360 ppm (parti per milione), ora si sta avvicinando a 420 ppm e raggiungerà 450 ppm prima del 2050.
Un raggio di speranza viene da quei movimenti di persone che sono contro i combustibili fossili e noti come Lffu (Leave fossil fuels undergound, Lasciamo i combustibili fossili sottoterra). Per una transizione energetica e una riduzione delle emissioni di CO2 abbiamo bisogno di cinque movimenti.
1 Un cambiamento tecnologico lontano dai combustibili fossili. Questo è costoso in termini di denaro e anche socialmente in quanto presuppone grandi requisiti in termini di terra e materiali (terreni per i mulini a vento e pannelli solari, minerali come litio, cobalto, rame, nickel provenienti da nuove miniere nelle periferie mondiali).
2 Abbiamo bisogno di frenare la crescita della popolazione. A questo proposito sembra che la popolazione mondiale possa raggiungere un massimo di 9,5 o 10 miliardi di persone entro il 2060 o il 2070.
3 Abbiamo bisogno di una certa decrescita economica nei Paesi ricchi, perché la crescita del Pil si unisce all’aumento del metabolismo sociale.
4 Abbiamo bisogno di politiche pubbliche che aiutino tali cambiamenti, sotto forma di tasse sui gas a effetto serra e che contemporaneamente aiutino le persone.
5 Dobbiamo sostenere i movimenti locali contro i combustibili fossili.
L’economia industriale non è circolare. È entropica. Negli ultimi 120 anni la popolazione umana è cresciuta di cinque volte (da 1,5 a 7,5 miliardi) mentre gli input elaborati nell’economia globale (biomassa, combustibili fossili, materiali da costruzione, metalli) sono cresciuti di tredici volte, da 7,5 a 100 Gt (gigatonnellate) all’anno. L’economia sta diventando sempre meno circolare. Di questi 100 Gt solo 8Gt vengono riciclati. L’economia industriale dissipa energia da combustibili fossili e scarta materiali e quindi va alle frontiere dell’estrazione delle merci e anche alle frontiere dello smaltimento dei rifiuti, causando danni e conflitti. L’estrazione di combustibili fossili continua ed è persino in crescita così come le emissioni di anidride carbonica. Carbone, petrolio o gas naturale bruciati oggi non sono più disponibili; domani l’industria raggiungerà una nuova frontiera estrattiva. Potrebbe essere l’Alaska o la Penisola di Yamal nell’Artico, Cabo Delgado in Mozambico, Kavango in Namibia o Vaca Muerta in Argentina.
L’energia solare ed eolica si aggiungono ad altre fonti, non le sostituiscono ancora. Le nuove fonti producono più conflitti a causa del fabbisogno di terra e minerali. Pertanto, lasciare i combustibili fossili sottoterra attraverso movimenti dal basso verso l’alto potrebbe dare un contributo incoraggiante dal lato dell’offerta alla necessaria diminuzione delle emissioni di anidride carbonica e inoltre avere altri vantaggi collaterali. Nel 2021 è stato assegnato un Premio Goldman a Kimiko Hirata della rete Kiko in Giappone per aver contribuito a fermare un’ondata di costruzione di centrali a carbone, evitando emissioni per 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, mentre nel settembre 2021 è stato riferito che la resistenza indigena ai progetti di combustibili fossili negli Stati Uniti e in Canada sotto forma di movimenti “Blockadia” contro più di 20 progetti di combustibili fossili (come gli oleodotti) ha fermato o ritardato l’inquinamento da gas a effetto serra per l’equivalente di almeno il 25% delle emissioni annuali statunitensi e canadesi.
(l’autore è Premio Balzan 2020 per sfide ambientali: risposte dalle scienze sociali e umane)