il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2021
Graviano e Berlusconi si incontrarono a Milano 3?
Una casa di Milano 3 è la nuova frontiera delle indagini sui presunti rapporti tra Silvio Berlusconi e il boss Giuseppe Graviano. Nelle scorse settimane gli investigatori della Dia di Firenze hanno fatto un giro con grande circospezione nella città satellite costruita nel comune di Basiglio, alle porte di Milano, dal gruppo Berlusconi negli anni ottanta.
Lo scopo era verificare il racconto di Graviano sul luogo dove si sarebbe tenuto l’ultimo dei suoi tre presunti incontri con Berlusconi.
Il boss di Brancaccio, 58 anni, è recluso dal 27 gennaio 1994 nel rigido regime di isolamento dell’articolo 41 bis, arrestato e condannato con il fratello Filippo per le stragi del 1992 e del 1993. Non è un collaboratore di giustizia ma un irriducibile. Le sue rivelazioni non sono riscontate e sono da prendere con le molle. Per lui chi accusa gli ex compagni di ‘Cosa Nostra’, resta un infame.
Però Graviano parla di Berlusconi, dei suoi presunti incontri e dell’appartamento di Milano 3. Secondo lui nei primi anni novanta era nella disponibilità del cugino Salvatore Graviano, morto di tumore nel 2002. L’appartamento di Milano 3 era comodo per non registrarsi in hotel e sarebbe stato usato anche da Giuseppe Graviano per gli incontri milanesi.
Il boss ne ha parlato prima in cella nel 2016-2017, in modo criptico, con il compagno di detenzione Umberto Adinolfi mentre le videocamere nascoste dei pm di Palermo lo registravano. Poi il 7 febbraio 2020 più chiaramente in aula al processo Ndrangheta Stragista. Quando era arrivato all’appartamento di Milano 3, quel giorno Graviano chiese al procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo se fosse interessato ai dettagli. Non essendo oggetto del processo (che riguardava gli attentati contro i Carabinieri nel dicembre 1993-gennaio 1994) Lombardo ha declinato l’invito.
I pm di Firenze Luca Tescaroli e Luca Turco invece, avendo in piedi un’indagine nei confronti di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sul loro presunto ruolo di ‘mandanti esterni’ nelle stragi del 1993 a Milano e Firenze e negli attentati del 93-94 a Roma, sono andati a vedere ‘le carte’ del boss. L’ipotesi di accusa contro i due fondatori di Forza Italia è ovviamente tutta da riscontrare. Già più volte nei decenni passati è stata archiviata su richiesta degli stessi pm fiorentini che l’avevano aperta. Magari anche stavolta finirà così ma i pm pensano che non si possa lasciar nulla di intentato per verificare affermazioni così delicate, anche a discarico degli indagati illustri.
A sorpresa davanti alle domande dei pm e della Dia il boss è stato insolitamente loquace, anche su Milano 3.
Le indicazioni di Graviano sui punti di orientamento (un ponticello di quelli che servono ai pedoni per non incrociare le auto a Milano 3 e la caserma dei Carabinieri nelle vicinanze) hanno guidato la ricerca della Dia verso uno stabile e un appartamento in particolare. I ricordi del boss e le risultanze dell’indagine sul campo per alcuni aspetti presentano coincidenze. L’appartamento ‘sospettato’ oggi appartiene a un terzo ma effettivamente nel periodo del presunto incontro (dicembre 1993) era ancora nella disponibilità del gruppo Berlusconi. Ovviamente il fatto che Graviano abbia fornito indicazioni precise su un appartamento di Milano 3 può provare che per qualche ragione conoscesse il luogo ma non prova affatto che lui abbia avuto quell’appartamento grazie al gruppo Berlusconi. Né prova che il presunto incontro del dicembre 1993 sia accaduto. Ci sono migliaia di persone che vivono a Milano 3, o conoscono un appartamento, ma non hanno mai visto Berlusconi.
Certo Graviano ha una sorta di fissazione per quell’appartamento di Milano 3.
Nell’aprile 2016 in cella Graviano diceva al compagno di reclusione Umberto Adinolfi che bisognava trovare un modo per avvicinare Berlusconi e recapitargli un messaggio in modo che si desse una smossa. In quel contesto raccontava che al tempo in cui era stato arrestato nel gennaio 1994 lui aveva un appartamento proprio a Milano 3 e che lui aveva disperatamente cercato, dopo l’arresto, di ritrovarne le chiavi. Perché? La logica sembrava essere quella di un ricatto. In stretto dialetto siciliano, secondo la trascrizione del colloquio fatta dalla Dia, Graviano diceva ad Adinolfi: “Mi interessano le chiavi. Quando mi hanno arrestato a Milano io avevo qui a Milano 3 un (…) che era di lui”. Nel marzo 2017 tornava sull’argomento e diceva “ho bisogno di qualcuno che mi va a pigliare quel mazzo di chiavi” perché sono “chiavi che aprono porte, che tu puoi mettere”.
Quando fu chiamato a deporre al processo Trattativa di Palermo nell’ottobre del 2017 per spiegare quelle parole Graviano (come già nel dicembre 2009 al processo Dell’Utri) però si avvalse della facoltà di non rispondere.
Le dichiarazioni del boss sono soppesate attentamente dagli investigatori. Anche perché Graviano talvolta dice cose che non tornano. Per esempio il veglione del Capodanno del 1989-90 – secondo un’informativa dei Carabinieri del 1995 – il boss sarebbe stato con la moglie (registrata con il suo nome in albergo insieme a un tale che si era registrato con i documenti falsi allora usati dal boss) a Terrasini, alla Città del Mare. Invece Graviano al processo nel 2020 dice che era a Milano, all’hotel Quark. Inoltre il boss non fa mistero della ragione che lo spinge a parlare: ritiene Berlusconi un traditore ingrato che non ha rispettato i patti. Il rancore e la rivendicazione delle promesse tradite spingono il boss a descrivere a modo suo presunti rapporti antichi tra il nonno materno e l’imprenditore brianzolo Berlusconi nei ruggenti primi anni settanta.
Giuseppe Graviano il 7 febbraio del 2020 davanti alla Corte di Assise di Reggio Calabria ha raccontato di avere incontrato Berlusconi tre volte. La prima volta nei primi anni ottanta, poco dopo la morte del padre Michele, ucciso nel gennaio 1982 dai boss rivali dei corleonesi di Riina. A detta di Graviano, il nonno lo avrebbe invitato a togliere il lutto per andare con lui e il cugino Salvatore a quel primo incontro con Berlusconi. La location? Secondo Graviano sarebbe stato proprio l’hotel Quark che si trova nella periferia sud di Milano a una decina di chilometri da Milano 3. “Perché io dico hotel Quark? Io ho trascorso la notte del Capodanno 89-90 all’hotel Quark (circostanza non riscontrata, Ndr) e sono stato io a dire a Giuseppe D’Agostino di andare all’hotel Quark quando poi sono stato arrestato”. Il boss è stato poi arrestato nel ristorante ‘Gigi il cacciatore’ in via Procaccini a Milano la sera del 27 gennaio 1994 mentre cenava insieme alle mogli con il fratello Filippo e Giuseppe D’Agostino, un favoreggiatore che aveva ospitato Graviano a Palermo e che era salito a Milano per poter seguire il figlio calciatore, già provinato dal Milan nel 1992 e allora segnalato da Marcello Dell’Utri su richiesta di un amico palermitano, Carmelo Barone.
Dopo l’arresto Giuseppe D’Agostino raccontò che Graviano gli aveva dato appuntamento la mattina del 27 gennaio 1994 all’hotel Quark e poi lo aveva portato a pranzo al mitico ristorante da Giannino di Milano. Poi sarebbero dovuti andare tutti la sera dopo a vedere ‘Aggiungi un posto a tavola’ di Johnny Dorelli al Teatro Manzoni ma furono arrestati a cena. Nelle vecchie informative, ai tempi dell’arresto, la Dia annotava una coincidenza relativa al gestore del ristorante Giannino nel 1994, che non ha nulla a che vedere con chi gestisce oggi i ristoranti milanesi che portano quel nome. “Il locale, denominato “Giannino” è ubicato – scriveva la Dia – in questa via Amatore Sciesa 8, esso è condotto da M.A., (…) altresì responsabile del ristorante ubicato all’interno del Quark Hotel di Milano”. Anche l’Hotel Quark attuale non ha nulla a che vedere con quello del 1994.
Le verifiche sugli incontri presunti di Graviano con Berlusconi insomma sono in corso ma i riscontri allo stato non ci sono. Silvio Berlusconi smentisce qualsiasi conoscenza o rapporto con Graviano. I suoi legali, in testa l’onorevole Niccolò Ghedini, più volte hanno affermato la non credibilità delle ricostruzioni di Graviano. Anche i giudici che hanno condannato definitivamente Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione hanno ritenuto che i rapporti Graviano-Berlusconi non siano provati e hanno assolto anche per questo Marcello Dell’Utri per i fatti dopo il 1992. Anche la Corte d’Assise di Reggio Calabria, davanti alla quale Giuseppe Graviano ha raccontato i suoi presunti trascorsi milanesi con Silvio Berlusconi, ha chiaramente scritto che le affermazioni di Graviano non sono riscontrate.