il Giornale, 17 novembre 2021
Intervista a Lorenzo Musetti
Se uno rompe con la ragazza a 19 anni, va finire che ogni volta gli chiedono come sta. Figuriamoci se a quell’età sei un fenomeno del tennis e che tra questo, ma anche altro, ne ha sofferto pure il tuo gioco. Insomma: Lorenzo Musetti, seduto nella Nuvola Lavazza di Torino, ti guarda con gli occhi di chi chiede un’altra domanda prima che tu gliela faccia: «È stato un anno di prime esperienze, prime volte, primi passi falsi, in campo e fuori. Mi sto rialzando, come Matteo per esempio». È un attimo finire a parlare di quello che è successo domenica.
Come si riparte da uno choc così?
«Come ha fatto lui. C’era tanto dispiacere, non se lo meritava. Le sue lacrime sono la sintesi della serata. Quando ha sentito la fitta si è spaventato: se hai un incidente come quello che ha avuto lui a inizio anno, qualcosa ti resta dentro».
Anche la paura in testa?
«Un po’. Ma se sei un campione come Matteo si impara a resettare».
È successo anche a Musetti.
«È stato il mio primo anno nel circuito e sono successe cose incredibili. Belle e brutte. A un certo punto ci sono state situazioni che mi sono cadute dal cielo spiazzandomi. Ho dovuto imparare a gestirle».
Il momento più buio?
«Qualche settimana fa mi sono vergognato: provavo imbarazzo a giocare. Così ho iniziato un percorso con uno psicologo che mi ha aiutato ad avere a che fare con i miei limiti. Non credevo di potermi aprire così con uno sconosciuto».
E ora?
«Ho capito che bisogna sapersi ascoltare. La verità è che il tempo, per noi atleti di livello, si accorcia: si deve essere più maturi degli anni che hai. A 19 anni affronto situazioni che dovrei vivere a 25-26».
Come il passaggio da junior al tennis che conta.
«Sono stato bravo a renderlo meno complesso in un anno in cui era difficile scalare il ranking per via delle regole Covid. Devo dire grazie alla Federazione che mi seguito: quando ho fatto bene agli Internazionali di Roma ho avuto lo slancio definitivo».
Per arrivare due set a zero su Djokovic a Parigi...
«Difficile spiegare come mi sentivo in quel momento: benissimo, ma non realizzavo del tutto. Quando l’ho fatto, era andato in bagno e al ritorno ha cambiato marcia. L’esperienza conta...».
Insomma, un trucchetto...
«Ma no: è normale che dopo due set uno ne abbia bisogno. E poi c’è cascato anche Tsitispas in finale. Come detto: l’esperienza...».
Come si arriva?
«Lavorando. Non c’è mai limite a questi livelli: se prendiamo i big Djokovic ha estremizzato la flessibilità, Nadal la potenza. Nel tennis moderno ci vuole un fisico bestiale».
E quando vedremo un Musetti da Atp Finals?
«Il sogno nel cassetto è diventare numero uno al mondo e vincere uno Slam. Per arrivarci mi mancano tante partite e tante sconfitte. Ho capito che c’è sempre qualcosa di positivo per crescere».
Chi è il più forte di tutti?
«Djokovic al 100% è il più forte della storia».
E chi è Jannik Sinner?
«Un amico. Non c’è dualismo tra noi, anche se è stato creato. Siamo due ragazzi che hanno fatto cose straordinarie: Jannik ora è più avanti, ma lavoro per raggiungerlo. E poi tra poco giocheremo insieme in Davis: spero di condividere il resto della carriera con lui».