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 2021  novembre 17 Mercoledì calendario

Intervista a Gaia Tortora, finita nel mirino dei giustizialisti

Gaia Tortora, in merito alla pubblicazione di dati ultrasensibili sui quotidiani, non difende Matteo Renzi ma un principio. Il vicedirettore del TgLa7 lo ha detto con chiarezza, parlando pure di «regolamento di conti» tra «bande» rispetto alla puntata di Otto e Mezzo che ha ospitato l’ex premier. Dunque, la figlia di Enzo Tortora è stata tirata in ballo dal Fatto Quotidiano.
Spira un vento garantista?
«Si tratta di un principio che ho dentro. Sì, qualcosa è cambiato. In specie rispetto agli anni scorsi quando, per via di una certa parte politica, il dibattito era esasperato. Partendo dal presupposto che il nostro Paese ha un altissimo tasso di corruzione, il Movimento 5 Stelle ha fatto una battaglia su quel tema e tutto è finito nel frullatore. C’è stato un impazzimento. Rispetto a quel periodo, qualcosina è cambiato».
«Il pubblico non capisce di che banda è Gaia»: Il Fatto Quotidiano ha titolato così...
«Ho risposto dicendo che quello era l’esempio lampante di come quel giornale utilizzi pro domo sua qualunque cosa. Io non sono ossessionata da Renzi. Trovo, tanto per essere chiari, che ci sia un problema di opportunità sul fatto che lui vada, da senatore, a fare le conferenze in Arabia Saudita, ma possiamo parlarne. Non trovo che sia utile pubblicare l’estratto conto o quello che era».
Tutto nasce dal suo tweet sulla puntata di Otto e Mezzo.
«C’è una guerra in atto tra bande e questo va detto. Poi, se vuoi usare il mio tweet per farmi male, non mi fai male. E si tratta proprio del fango che imputi agli altri».
Che limite esiste, secondo lei, sulla pubblicazione di dati personali a mezzo stampa?
«Il limite del buon senso. Dipende da quello che vuoi dimostrare e che hai scoperto. Secondo me, far sapere che Renzi ha ricevuto soldi dall’Arabia Saudita non aggiunge e non toglie. Questo – lo ripeto – lo sappiamo: ha fatto delle conferenze. È ovvio che sia stato pagato: non è quello il tema. Si può parlare di opportunità politica, ma secondo me in un altro modo».
Qualche mese fa, lei ha dato ragione al presidente Silvio Berlusconi sul calvario subito da chi finisce nel gorgo della giustizia. La pensa sempre così?
«Sì, certo. Purtroppo, spesso e volentieri, se incappi in certi meccanismi, non ne esci più o, quando ne esci, è troppo tardi. C’è un tema: quello della giustizia che è troppo lenta. Una persona non può restare imputata a vita. Insomma, le argomentazioni di cui sentiamo parlare da trent’anni».
Ritiene che sia arrivata l’ora di pacificare? C’è una guerra tra magistratura e politica che dura da tanto tempo...
«Dovrebbe essere così, ma sarebbe dovuto essere così già adesso. Abbiamo assistito a delle cose invereconde che sono accadute nella magistratura, ma mi pare che non sia successo nulla. E questo è vero per ben due governi che si sono succeduti: il gialloverde e il giallorosso. Il presidente della Repubblica, giustamente, si è indignato sul Csm e su tutto quello che ne è venuto fuori. Chiedo se a oggi sia cambiato qualcosa: non mi sembra».