la Repubblica, 16 novembre 2021
Il caso del senatore Adriano Cario
È diventato pesante, il seggio del senatore Adriano Cario, imprenditore di origine calabrese eletto in Argentina. Porta con sé la zavorra di brogli accertati da una consulenza tecnica disposta dalla Procura di Roma: 2.140 schede, così risulta dalle perizie, sono state taroccate. Ovvero vergate da un ristretto numero di elettori, che quindi hanno espresso più volte, anche in seggi diversi, la stessa preferenza: l’esame calligrafico non lascia dubbi. Troppo simile la grafia delle persone che hanno scritto il nome di Cario, in alcuni casi addirittura uguale: tanto da ingenerare nei periti il dubbio che alcuni voti sarebbero stati ricalcati. E in ciascuna delle cinque sezioni esaminate la falsificazione ha sfiorato il 100 per cento dei casi.
Le perizie sono agli atti dell’inchiesta della Procura di Roma, scattata in seguito al ricorso presentato dal candidato del Pd Fabio Porta e avente ad oggetto 32 sezioni di Buenos Aires. C’è da dire che i voti espressi in altre otto sezioni sono stati posti sotto la lente d’ingrandimenti della giunta per le elezioni del senato: e l’esito, solo in tre di queste, porta a concludere che per altre 2.200 schede emerge il «fumus di circostanze di natura patologica».
Un pasticcio, a voler essere generosi, che solleva lunghe ombre sulle modalità con cui vengono celebrate le elezioni degli italiani all’estero, visto che sotto inchiesta – per lo stesso tipo di brogli – è anche un eletto alla Camera, Eugenio Sangregorio. L’attività giudiziaria va avanti ma intanto la giunta per le elezioni di Palazzo Madama, presieduta da Maurizio Gasparri, si è appena espressa sul ricorso. Salvando il seggio del senatore Cario, difeso dall’avvocato Maurizio Paniz. La giunta delibera come un tribunale, dopo una camera di consiglio, e nessuno sa con quanti voti abbia prevalso la convalida dell’elezione di Cario, e soprattutto chi li abbia espressi. Ma l’ex grillino Gregorio De Falco, membro della giunta, ha parlato di voti a favore della convalida da parte di «Lega, Forza Italia e soprattutto 5Stelle». Le motivazioni? Anche quelle ignote. Di certo, la tesi della difesa di Cario ruotava attorno al mancato rispetto dei termini per il ricorso da parte di Porta e al fatto che le schede di cui si è accertata l’illegittimità non fossero così tante da incidere sul risultato finale a favore dell’eletto. Restano i brogli acclarati dai periti della Procura. Ma la partita non è ancora finita: venti senatori si accingono a chiedere all’aula di Palazzo Madama un voto di conferma. Voto che sarà segreto, perché riguarda lo status dei componenti del parlamento. Un nuovo capitolo di una storia piena di lati oscuri.
Il nome di Cario balzò agli onori delle cronache a febbraio, quando gli sherpa della maggioranza del Conte II (in crisi) tentarono di metter su un gruppo di “responsabili” per tenere in vita il governo dell’avvocato. Alla vigilia di quell’avvenimento la sorella di Cario fu assunta con un contratto a termine al consolato di Buenos Aires, come rivelò Repubblica. Il clamore suscitato dalla notizia portò la signora a dimettersi dall’incarico.