Il Sole 24 Ore, 16 novembre 2021
Il primato europeo nei cavi elettrici
Poco meno di 80%, 70% e 60% è di quanto è cresciuto approssimativamente il valore delle loro azioni negli ultimi cinque anni. Si tratta di Nexans, Nkt e Prysmian, i leader mondiali nella produzione e nell’installazione di cavi elettrici. Insieme hanno una quota dell’80% del mercato dei cavi al di fuori della Cina, che per il suo fabbisogno interno in questo settore è in larga parte indipendente dal resto del mondo. Non si tratta ovviamente di cavi qualunque, ma di grossi cavi, fatti di metalli (alluminio, acciaio, piombo) e materiali isolanti, che servono per trasmettere energia elettrica a grande distanza. Per farlo questi pesantissimi cavi sono spesso collocati sul fondo del mare da sofisticate imbarcazioni, le cui grandi dimensioni permettono loro di srotolarli e adagiarli fino a grandi profondità senza ribaltarsi.
Perchè queste società attraggono così tanto l’attenzione degli investitori? La ragione è che le loro attività sono al centro della rivoluzione che accompagnerà la transizione ecologica nel mercato dell’energia. Quanto si parla di transizione ecologica, il discorso di solito si concentra sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e sulle relative tecnologie: pannelli solari, pale eoliche, turbine idroelettriche. Come però ben sanno gli operatori del settore, quella della produzione di elettricità non è l’unica sfida. Vanno risolti anche i problemi legati al suo stoccaggio e al suo trasporto, entrambi necessari per una gestione efficiente delle fluttuazioni degli eccessi di offerta o domanda nel tempo (tramite lo stoccaggio) e nello spazio (tramite il trasporto). Il modello energetico tradizionale basato sui combustibili fossili ovvia a questi due problemi di gestione dell’energia elettrica accumulando e trasportando i combustibili stessi. Un florido commercio internazionale li fa affluire dai Paesi estrattori ai Paesi consumatori, dove viene gestita a livello prevalentemente nazionale la loro trasformazione in energia elettrica e la distribuzione della medesima secondo le necessità del momento. Semplificando, nel modello energetico tradizionale, quello che viaggia a livello internazionale è soprattutto la materia prima (cioè i combustibili), non il prodotto finale (cioè l’elettricità).
Nel caso delle fonti energetiche rinnovabili il discorso è più complicato e la soluzione tradizionale di far viaggiare la materia prima invece del prodotto finale è di più difficile implementazione. Da un lato, il discorso è più complicato perché, essendo in molti casi maggiormente esposta ai capricci delle condizioni climatiche, la generazione di energia da fonti rinnovabili è per sua natura più volatile. Dall’altro lato, la soluzione tradizionale è meno praticabile perché trasportare il soleggiamento per i pannelli solari, il vento per le pale eoliche o il dislivello per le turbine idrolettriche è un po’ più difficile che far viaggiare un combustibile fossile. Inoltre, mentre l’acqua per le centrali idroelettriche si può anche accumulare in appositi bacini, nulla di simile sembra pensabile per soleggiamento e vento.
Le implicazioni per la transizione ecologica sono evidenti. Per esempio, nel settore delle auto elettriche in questo settore si stanno esplorando due possibili modelli di rifornimento: quello basato su una rete capillare di distribuzione e quello basato su nuove superbatterie. Nel primo l’elettricità viaggia sui cavi, nel secondo a viaggiare sono le batterie in cui l’elettricità è accumulata. Se il secondo modello è al momento avveniristico già nel caso delle automobili, lo è ancora di più nel caso di abitazioni, strade, fabbriche, uffici, centri commerciali, cinema, teatri, stadi e così via. Per tutti questi usi è quindi il primo modello quello che sembra maggiormente percorribile in questo momento.
Ed ecco il nocciolo della sfida. La transizione ecologica richiede una gestione efficiente della volatilità nella generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. A fronte delle attuali difficoltà di stoccaggio, occorre poter trasportare l’elettricità dai luoghi con offerta in eccesso ai luoghi con domanda in eccesso. Occorre cioè una rete elettrica il più possibile fitta ed integrata, anche a livello internazionale. Questa rete al momento non esiste e per crearla servono decine di migliaia di chilometri di cavi (più di 70.mila entro il 2030 secondo alcune stime). Per una volta uno dei più promettenti mercati del futuro è dominato da grandi imprese europee: Nexans è francese, Nkt è danese e Prysmian è italiana.