Linkiesta, 16 novembre 2021
Lo sdegno mancato verso Lady Gaga
Proviamo a immaginare la scena. A Che tempo che fa, nell’unico studio televisivo rispettabile rimasto in questo povero paese (ma a uno che volesse metter su un programma così oggi, quanto velocemente riderebbero in faccia i dirigenti televisivi?), a Che tempo che fa compare Leonardo DiCaprio, o metteteci il divo americano che pare a voi.
È lì perché interpreta un qualsivoglia assassino di moglie, uno di quelli che se nelle cronache qualcuno osa scrivere «Dramma della gelosia» o simili ci tocca una settimana di militanza cancelletta che ci spiega quant’è grave che le notizie vengano date in toni giustificativi degli assassini (l’analfabetismo dei militanti delle buone cause è un problema che la scienza deve trovare il modo di curare, non possiamo lasciare che i cervelli di intere generazioni siano devastati dalla convinzione che «futili e abietti motivi» sia un’attenuante e non un’aggravante, non finché ci tocca vivere sul loro stesso pianeta).
Insomma DiCaprio è lì seduto, e Fabio Fazio gli chiede come abbia preparato l’interpretazione di questo assassino. Anzi, no: di questo mandante, facciamo che DiCaprio interpreta un ricco che può permettersi di non ammazzare quella stronza dell’ex moglie in proprio, ma di assoldare un sicario. Quindi neanche il crimine passionale (anche «passionale» è parola che fa scattare i cani di Pavlov della militanza social, la militanza analfabeta convinta che se dici «passionale» tu stia dicendo «figata, praticamente è Cime tempestose»); il gelido mandante che fa ammazzare l’ex moglie a pagamento.
Immaginiamo la scena anche se ci vuole un certo sforzo. Perché, per essere lì a promuoverlo, DiCaprio il film dovrebbe girarlo, e dovrebbe essere distribuito, e dovrebbe essere un prodotto abbastanza patinato da avere una première internazionale e un budget promozionale ampio che porti un divo americano in aereo privato in Italia: tutto questo per glorificare la storia di uno che ha ammazzato l’ex moglie? Dico, siete matti?
Ma questo è un articolo di fantasia, stiamo immaginando un universo parallelo in cui questo film esiste, DiCaprio compare in tv, e Fabio Fazio gli domanda di questo disgraziato che interpreta (naturalmente non può chiamarlo «disgraziato», che è fischio di Pavlov quanto quelli di prima: ah, quindi stai dicendo che la sua malvagità è una disgrazia, che non con la povera morta dobbiamo simpatizzare ma con lo schifoso assassino, che la nostra compassione deve andare a lui mentre di lei neanche mettiamo il nome nel titolo di giornale, allora vuoi il patriarcato, allora sei maschio bianco, allora vergognati e taci).
Immaginiamo che FF domandi, e che Leonardo (che posso chiamare senza cognome solo perché è maschio bianco e quindi nessuno sospetta lo stia sminuendo scognomandolo: quando sei maschio improvvisamente tutti si ricordano che la definizione ultima di star system è che le star le chiami tanto più per nome come fossero tuoi congiunti quanto più sono distanti di svariati universi da te), immaginiamo che Leonardo, dicevo prima di perdermi in una parentetica di ventisette righe, immaginiamo che Leonardo, che a questo punto neanche ci ricordiamo più sia DiCaprio e potrebbe tranquillamente essere Da Vinci, così imparo a non curarmi la malattia degli incisi, immaginiamo che Leonardo, lo sventurato, risponda.
Che risponda che certo, lui non è d’accordo con questa cosa spiacevole di aver fatto ammazzare la moglie. Che crede il suo personaggio abbia fatto «un errore enorme», ma che l’abbia fatto «perché era stato ferito». E che comunque lui non l’ha interpretato come un assassino, ma come un uomo.
Immaginatevi lo sdegno. Immaginatevi i «solo le donne vengono private della loro identità di vittime». Immaginatevi i «solo coi carnefici maschi si mostra una simile indulgenza».
Il fatto è che è un ottimo momento per approfittarsene, essendo donna.
Molto più che negli anni Settanta, quando l’io narrante di Philip Roth, in La mia vita da uomo, doveva dire agli studenti che era stato il gatto a graffiarlo, e invece era stata la moglie (oggi le lettrici strillerebbero alla falsa equivalenza: sta forse Roth cercando di rappresentare un mondo in cui sono gli uomini le principali vittime di violenza, quando la statistica ci dice che è il contrario? No, toccherebbe rispondere al povero Roth: sto cercando di raccontare una storia. Meno male che è morto prima di vedere ’sta deriva, peraltro da lui prevista).
Molto più che negli anni Novanta, quando le donne erano stronze, assassine, ambiziose, e tutto quel che Sharon Stone oggi ci penserebbe molte volte prima d’interpretare. Oggi sei comunque vittima, pure se hai ammazzato il marito. Se invece è il marito ad ammazzare te, guai a dire che magari è psicopatico: stiamo forse cercando di scusarlo con attenuanti psichiatriche evidentemente sessiste?
È un ottimo momento per atteggiarci a vittime; e quindi ieri il marito della Ferragni, di tutti quelli che avevano commentato l’eventualità d’una sua candidatura, ha scelto di prendersela con uno dei pochi che si fossero espressi garbatamente, Beppe Severgnini, colpevole d’aver detto «la moglie è molto più carina». Il marito della Ferragni ci ha spiegato che la bellezza non è necessaria a una carriera politica femminile, sembrava quelle frasi motivazionali che stanno sulle bustine degli assorbenti; quindi persino a Chiara Ferragni conviene vittimizzarsi, per cogliere l’ottimo momento per approfittarsi d’essere la femmina di casa.
È un ottimo momento e quindi, quando Lady Gaga compare nello studio di Fabio Fazio, quando arriva lì per vendere il proprio prosciutto, e il prosciutto in questione è House of Gucci, film di Ridley Scott su come Patrizia Reggiani Gucci fece ammazzare il marito da un tizio con cui l’aveva messa in contatto una sensitiva (certe sceneggiature si scrivono da sole), domenica scorsa Gaga può parlare del personaggio che interpreta, cioè di una che ha fatto ammazzare il marito, nei termini che ho descritto poco fa: una che è stata ferita, che ha fatto un errore, che è innanzitutto una donna (e cioè una vittima).
E non succede niente. Niente scandali, niente cancelletti, niente editoriali vibranti. Perché il defunto era un maschio bianco etero, e insomma: mica è una specie protetta. È una specie privilegiata, si sa. Se ammazzi l’esponente d’una specie privilegiata, ti spettano tutte le attenuanti, e i giornali possono finalmente tornare a titolare con quei bei cliché d’una volta: dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca.