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 2021  novembre 16 Martedì calendario

La barriera contro i migranti nel Mediterraneo

Dall’Egeo al Canale di Sicilia. Da Gibilterra alle coste atlantiche dell’Europa, sembra che il Vecchio Continente non riesca ad affrontare la questione migratoria senza dover erigere qualche muro. Fosse anche una barriera invisibile, popolata di satelliti, droni, aerei militari, e milioni di euro da mettere nelle mani dei trafficanti purché si tengano la mercanzia: decine di migliaia di profughi tenuti in catene.La Libia è il caso peggiore. Non l’unico. Se alla Turchia di Erdogan sono stati promessi fino a 7 miliardi perché non si faccia scappare che poche migliaia di profughi da Siria, Afghanistan, Iraq, con Tripoli si è andati oltre. Trattando direttamente con i capimafia. A condizione che si rendessero presentabili, indossando una divisa da guardacoste o facendosi nominare sindaci, e che nel pacchetto tenessero il freno ai flussi migratori e la riapertura dei rubinetti dell’oro nero.
Con il risultato di aver esteso il fronte e creato instabilità in regioni che sembravano aver raggiunto una certa tranquillità. In un recente studio di Francesco Fasani e Tommaso Frattini pubblicato da “lavoce.info” viene dimostrato come «l’intensificarsi dei controlli su di una rotta riduce sensibilmente gli ingressi lungo quella via, ma l’effetto complessivo di riduzione dei flussi verso l’Europa è sostanzialmente nullo. Pattugliare meglio una rotta – spiegano i due ricercatori – porta quindi a un redistribuirsi dei migranti su altre rotte: la deviazione prevale sulla deterrenza». È così che sono aumentate le partenze dalla Tunisia, mentre cresce la rotta atlantica, dall’Africa Occidentale alle Isole Canarie, e non sono mai cessate le traversate dall’Algeria verso la penisola iberica e la Sardegna. Come accade con tutte le guerre moderne, saranno i velivoli senza pilota a operare quasi in esclusiva. Anche qui, come per i muri sui confini terrestri, sono in ballo molti soldi. «Poter volare nello spazio aereo civile europeo è un passo importante per il nostro gruppo industriale e una prova concreta della capacità del nostro sistema di pilotaggio remoto di muoversi all’interno di rotte civili», ha dichiarato Moshe Levy, direttore generale del settore aerospaziale di Israel Aerospace Industries, fresco di appalto per la “protezione” delle frontiere terrestri e marittime dell’Ue. I termini di riferimento e gli obiettivi dei due contratti firmati l’1 ottobre sono stati analizzati da “Statewatch”, il think tank di accademici che da tempo tiene d’occhio le politiche dell’Ue sui diritti umani. Il primo appalto ha come principale contraente la “Airbus DS Airborne Solutions GmbH di Brema” (Germania), società controllata da Airbus Defence and Space, la divisione aerospaziale militare del gruppo Airbus. «Il contraente dovrà fornire una piattaforma per il controllo a distanza, le apparecchiature connesse per le comunicazioni, la raccolta e il trasferimento dei dati a un portale remoto, la memorizzazione della missione, il controllo e l’assistenza da parte degli operatori di droni tramite connessioni radio e satellitari», si legge. Una guerra vera, ma non dichiarata. «Il servizio – viene precisato – sarà fornito in Grecia, e/o in Italia e/o Malta con le modalità che saranno fornite nell’accordo che sarà dettagliato tra Frontex e il contraente». Si comincia da un incarico «del valore di 50 milioni di euro, Iva esclusa, che potrà essere affidato a un subappaltatore fino a una quota del 60%, con la fornitura di un sistema di telecontrollo aereo, servizi di telecomunicazioni satellitari e attrezzature di ricambio per le sostituzioni, la manutenzione degli aeromobili e la formazione e formazione del personale Airbus Ds». E tutto questo per dare la caccia non a una fazione terroristica o a un esercito nemico, ma a delle carovane di disgraziati spinti su barconi malmessi. Neanche un centesimo, invece, per accorciare quei maledetti trecentosessanta secondi. È quella la probabilità che un uomo caduto in mare possa essere avvistato a distanza d’orizzonte, non più di 6 miglia nautiche, 9 chilometri da una nave in transito: una possibilità ogni 6 minuti.