La Stampa, 16 novembre 2021
Intervista a Giuseppe Conte
Roma. Non ha paura dei tempi lenti, Giuseppe Conte. Anche nelle risposte, mai aggressive, più meditate. Ne fa una questione di metodo, ostentando «la differenza dai rottamatori della storia recente». Uno in particolare, di cui a stento vuole pronunciare il nome. Il percorso lungo e faticoso da premier a leader di un partito gli sta facendo toccare con mano le difficoltà di un progetto che deve fare i conti con un’incognita, il Quirinale, che se ne porta dietro altre. Il controllo dei gruppi, l’identità del nuovo M5S, il rapporto con gli alleati e i partner di governo. A partire dal segretario del Pd Enrico Letta che sembra averlo spiazzato, proponendo un incontro tra i leader sulla manovra.
Presidente siederà al tavolo di Letta?
«Ritengo senz’altro opportuno un incontro con gli altri leader per assicurare un percorso più spedito alla legge di Bilancio ma suggerisco di far sedere al tavolo anche i capigruppo. Non vorrei che un incontro del genere venisse percepito come lesivo delle prerogative del Parlamento a cui adesso spetta il compito di approvare la manovra».
È un no?
«Al contrario. Vorrei approfittare di questa occasione per rilanciare un altro confronto con tutte le forze politiche, anche di opposizione, per affrontare il tema delle riforme costituzionali, che sono il vero nodo della nostra vita istituzionale».
Le sembra il momento migliore? Non ci sono altre priorità, tipo la ripresa economica, la pandemia?
«Non c’è nulla di più prioritario per il futuro del Paese che mettere i governi in condizione di poter programmare un piano di riforme necessario a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Il sistema così com’è non va».
Cosa non va?
«Non possiamo competere a livello internazionale avendo premier che, magari per colpa di piccoli partitini, si avvicendano dopo un breve periodo e sono chiamati a confrontarsi con capi di Stato e di governo che rimangono in carica per decenni».
Tutto questo per vendicarsi di Renzi?
«(ride, nda) Tra i leader dei partiti ci sono ex premier come Silvio Berlusconi e Letta che ci sono passati prima di me e che, in un modo o nell’altro, hanno subito questa instabilità del governo. Il momento è perfetto: quali migliori interlocutori per affrontare la riforma della Costituzione?»
Anche Berlusconi?
«È leader di un partito di maggioranza».
Vale pure per Renzi.
«Da Renzi ci aspettiamo che trovi il tempo, tra un viaggio di affari e l’altro, per rispondere alle 13 domande su Open e sulla campagna di delegittimazione degli avversari, che il M5S gli ha posto».
Ha detto che risponderà a lei ma in tv?
«Renzi pensa sia tutto uno show. Ma le questioni poste sono serie e gravi e vanno chiarite».
Ma se non ce l’hanno fatta per decenni a dare stabilità ai governi, perché dovreste riuscirci adesso?
«Perché adesso c’è un piano di investimenti, il Pnrr da realizzare entro il 2026. Se continueremo con la media di una crisi di governo all’anno non ce la faremo mai».
Ci anticipi le sue proposte.
«Ne abbiamo pronte tante. Dalla sfiducia costruttiva alla fiducia a camere unificate, dalla possibilità del premier di sostituire i singoli ministri alla modifica dei regolamenti parlamentari in modo da rendere poco conveniente il passaggio dall’uno all’altro gruppo».
Con la sfiducia costruttiva un governo potrebbe cadere solo se ci fosse già un altro governo pronto per la fiducia. Risolvereste il problema del passaggio di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale, ci pensa?
«In generale la sfiducia costruttiva è uno strumento che permette di evitare ricatti e comportamenti irresponsabili da parte di forze politiche che, se mai, hanno consenso limitatissimo. Le crisi al buio fanno male non ai governi, ma al Paese».
Ma vuole Draghi al Quirinale o a Palazzo Chigi?
«L’ho già detto: la sua autorevolezza non gli preclude nulla, ma dovremmo smettere di tirarlo per la giacchetta a destra e a manca»
Berlusconi vede Draghi premier dopo il 2023, lei?
«Francamente non ho alcuna idea se abbia interesse a scendere nell’agone politico».
Ma aprirebbe un tavolo anche sul Colle magari per blindare un candidato alle prime votazioni?
«Quando sarà il momento dovremo aprire il confronto con tutte le forze politiche dell’arco parlamentare. È doveroso. Non sarebbe una buona idea pensare di eleggere il presidente della Repubblica a colpi di maggioranza».
Lei però prima ha promosso Draghi al Quirinale, poi è parso cambiare idea per non spaventare i parlamentari che temono il voto. È sicuro di garantire il controllo del M5S per il Colle?
«Questo discorso di “controllare” i parlamentari a me non piace. Sono per un libero e costante confronto con i parlamentari tramite i capigruppo e vedrà che insieme troveremo la soluzione più utile all’Italia, confrontandoci con gli altri partiti. E ci tengo a ribadirlo: io non ho nessun interesse ad andare prima al voto e quindi dovremo lavorare per evitare di esporre il Paese a questo scenario».
Intanto però i candidati capigruppo di Conte non ce l’hanno fatta.
«Finiamola con queste letture fuorvianti e malevole, alimentate da chi dice appunto che voglio andare al voto prima, qualcuno che anche dentro il M5S vuole male al M5S. In Senato, ho incontrato entrambi i candidati più volte, e ben prima della presentazione delle liste, e ho chiarito che considero sacrosanto il principio di autodeterminazione dei gruppi. Mi sono solo sincerato che ci fosse piena condivisione da entrambi del progetto politico che stiamo realizzando».
Anche alla Camera, però: non aveva chiesto a Davide Crippa, che pare sarà riconfermato, un passo indietro?
«Anche qui letture distorte. Ho solo chiesto al direttivo uscente della Camera di anticipare per quanto possibile la scadenza naturale che veniva a coincidere, a gennaio, con l’avvio dell’elezione del presidente della Repubblica. Ma sin dall’inizio ho chiarito che questo non precludeva un nuovo mandato dell’attuale direttivo. Non accetto contrapposizioni tra contiani e anti-contiani ma mi premuro solo che tutti siano coinvolti in questo nuovo corso. E anche Crippa mi ha sempre dichiarato la sua piena adesione a questo progetto».
Non la infastidisce l’attivismo di Di Maio su Quirinale, Europa, strategie?
«Luigi sta presentando il suo libro appena uscito. È normale che abbia molte occasioni in cui parlare anche dell’attualità politica».
Passando all’Europa e alle alleanze: sembra quasi che vogliate entrare nei Socialisti europei più per convenienza materiale, per avere un gruppo e i relativi finanziamenti, che per idealità.
«Non siamo interessati a portare vantaggi materiali agli altri e ad averne noi. In questo confronto mi interessa capire se ci sono le condizioni per apportare all’interno dell’Alleanza dei socialisti e dei democratici il nostro originale contributo per rafforzare una economia eco-sociale di mercato e una cultura integralmente ecologica».
Non teme di rimanere schiacciato al Pd ed essere visto come il partner italiano minore?
«È proprio questo il punto. Il nome del gruppo ha al suo interno la parola Democratici, non solo socialisti. Stiamo cercando di comprendere se la nostra avanguardia sul piano ecologico e sociale può avere un riconoscimento».
Non era meglio tentare nuovamente con i Verdi?
«Il gruppo S&D appare ben più allineato su posizioni progressiste».
Cosa pensa della conferenza sul clima Cop26?
«Non posso essere soddisfatto. Su questo le nostre posizioni sono radicali. Perché la sfida climatica non conosce pareggi: o la vinciamo tutti o la perdiamo tutti. Il clima deve diventare una priorità per qualunque partito. Ma il M5S può rivendicare il fatto di essere stato sin dall’inizio il portavoce delle battaglie ambientaliste».
Greta direbbe: bla bla
«Io voglio recuperare il voto dei giovani, delle tante ragazze che come Greta si battono per salvare il mondo dal surriscaldamento. Il M5S è già il partito di Greta in Italia».
In realtà, finora, sui giovani lei non ha posto così tanta attenzione nei suoi discorsi programmatici.
«Abbiamo investito molto sui giovani durante il Conte II, con i fondi per le borse di studio, i ricercatori e l’imprenditoria giovanile. Ora dobbiamo continuare a investire nella ricerca per trattenere i giovani e rafforzare la formazione anche professionale. Inoltre stiamo lavorando per introdurre una pensione di garanzia: perché con il tardivo inserimento nel mondo del lavoro e il precariato diffuso molti giovani rischiano di accantonare la speranza di un dignitoso trattamento pensionistico».
Sul Superbonus non siete riusciti a far togliere il tetto Isee a 25 mila euro per le abitazioni unifamiliari.
«È senz’altro un tetto troppo basso ed è per questo che il Movimento condurrà una battaglia in Parlamento per alzarlo. Siamo fiduciosi che anche gli altri partiti ci verranno dietro. Ma come M5S vogliamo anche introdurre un’altra rivoluzione, dopo aver realizzato la cessione dei crediti fiscali per il Superbonus: per tutte le imprese di industria 4.0 e per gli investimenti nel Mezzogiorno, lavoreremo affinché i relativi crediti di imposta siano trasformati in sconti in fattura o ceduti alle banche. È un modo utilissimo per ridurre l’indebitamento delle imprese e assicurare loro maggiori investimenti e liquidità».
Sul cashback però avete perso la battaglia. Draghi non si è convinto.
«Il governo avrebbe dovuto fare di più. I pagamenti digitali stanno operando una rivoluzione nella Pa ed è la via più efficace per contrastare l’economia sommersa. Se oggi emettiamo certificati anagrafici digitali è perché con le nostre misure abbiamo ormai raggiunto circa 25 milioni di Spid e altrettanti di App-Io. Il M5S continuerà a lavorare per rafforzare questo sistema, consentendo l’ allineamento delle transazioni digitali e privilegiando i rimborsi immediati per i cittadini che pagano con le carte, in luogo delle detrazioni fiscali che invece rinviano a vantaggi economici futuri».
Sugli 8 miliardi di taglio delle tasse non c’è sintonia tra tutti i partiti. Forse il tavolo di Letta servirebbe?
«La nostra priorità è ridurre l’Irpef. Ovviamente incideremo sui redditi medio-bassi. Poi dobbiamo istituire un’imposta unica sul reddito di impresa, in modo da aggredire la burocrazia fiscale. Infine dobbiamo creare uno scivolo per addolcire il passaggio di chi supera l’attuale regime forfetario». —