la Repubblica, 15 novembre 2021
New Delhi si ferma per inquinamento
CHENNAI — A Glasgow l’India ha fatto la figura del più grande inquinatore al mondo, annunciando che arriverà a zero emissioni solo nel 2070, dopo Europa, Usa e Cina. Ma intanto, in attesa di avere l’ok della Corte Suprema a un confinamento totale, la capitale Delhi da oggi sprofonda in un semi-lockdown imposto da un inquinamento che uccide più di un milione di vittime indiane ogni anno con malattie respiratorie, complicazioni polmonari, infarti, diabete e malattie infantili innescate da quella grande cappa di veleno asfissiante che galleggia nell’aria, bloccata dalla catena dell’Himalaya. Le polveri sottili a Delhi, la capitale più avvelenata sulla Terra, vanno ben oltre i limiti Oms.Mentre il premier Narendra Modi chiede tronfio all’Occidente mille miliardi di dollari per le energie alternative, annunciando però dozzine di nuove centrali a carbone, il governatore della capitale ieri ha dovuto ordinare di chiudere scuole e uffici pubblici per almeno una settimana, bloccando i lavori edilizi e chiedendo ai privati di lasciare a casa i dipendenti, per limitare il traffico. Traffico che non è l’unico imputato del grande eccidio ambientale che stravolge, da autunno a primavera, la pianura del Gange cinta dalle montagne dell’Himalaya dove restano imprigionati veleni mefitici in una gigantesca camera a gas che causa occhi arrossati, tosse, l’aria che manca. Così, non si può far altro che fuggire o asserragliarsi in casa, sperando che i purificatori non s’inceppino. «Sei stanco appena ti alzi dal letto», dice Angad Daryani, inventore di un marchingegno che trasforma l’unto inquinante in piastrelle al carbone. Certo, ammorbano le auto come le centrali di carburante fossile, ma come anche gli agricoltori degli Stati del Punjab e dell’Haryana che in autunno bruciano le stoppie per preparare i raccolti degli anni successivi, emanando mortali nuvoloni soffiati sulle metropoli già annebbiate dai fuochi d’artificio della festa di Diwali, celebrata quest’anno il 4 novembre. L’Autorità per la prevenzione e il controllo ambientale ha ordinato quindi di indossare le mascherine anche in casa. Non per il Covid, ma per le polveri sottili.Delle 30 città più inquinate al mondo, 22 sono in India, dove il 18% delle morti sono riconducibili all’inquinamento, con circa 1,7 milioni di vittime nel 2019 (dati della rivista medica Lancet ), cioè prima che i lockdown pandemici regalassero un po’ di respiro, di nuovo tolto appena le città si sono risvegliate, le industrie si sono rianimate e il traffico ha ripreso a scorrere. A Delhi e negli Stati limitrofi si vive dieci anni di meno a causa dell’inquinamento. «I dati indicano che i nostri figli stanno crescendo con polmoni più piccoli del normale. Un bimbo indiano su tre ha i polmoni danneggiati e un numero molto alto di ragazzi ha emorragie polmonari da smog», dice Anumita Roy Chowdhury, direttrice del Centro per le scienze ambientali.Perché si avvelenano milioni di vite con tali livelli di polveri sottili? Perché l’economia indiana deve generare mezzo milione di posti di lavoro per una popolazione di 1,4 miliardi di persone, di cui la metà ha meno di 25 anni. E ci vuole tanto carbone per generare elettricità e tanti motori a scoppio che bruciano benzina: i morti da inquinamento sono morti di sviluppo. La scelta, si dice in India, è tra morire asfissiati o morire perché non c’è lavoro.L’India è quindi l’avvelenatore del mondo per la crescita a tutti i costi? «Andiamoci piano», dice a Repubblica lo scrittore Amitav Ghosh, «è deplorabile che l’India a Glasgow abbia annacquato gli accordi sull’ambiente, ma non bisogna farne un capro espiatorio. Anche il presidente americano Biden ha appena rilasciato nuovi permessi per centrali di carburante fossile, come molti altri leader. È vero, rilasciare 55 nuovi permessi per centrali a carbone, come ha fatto il governo di Modi, è una decisione terribile, anche perché sfratterà dalle loro terre centinaia di migliaia di popolazioni Adivasi. Ma l’India non è sola in questo. C’è troppo greenwashing, troppo ambientalismo di facciata in tutto il mondo».