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 2021  novembre 15 Lunedì calendario

La guerra delle trote


Non sarà fondamentale come la battaglia sul nucleare green ma presto, sul tavolo del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, arriverà anche un faldone dedicato alla “guerra delle trote”. Lo ha annunciato la vasta coalizione composta da pescatori professionisti, pescatori sportivi, piscicoltori e commercianti che dal 27 maggio scorso si batte contro le nuove tabelle ministeriali sulle specie alloctone e invasive. Le tabelle, il cui obiettivo più che nobile è quello di tutelare la biodiversità, indicano i pesci per i quali è vietata la reimmissione nelle acque interne italiane (e dunque i programmi di ripopolamento) e mettono trota fario, trota iridea, lavarello e salmerino alpino sullo stesso piano dei pesci siluro del Danubio o dei lepomis gibbosus arrivati in Europa per abbellire gli stagni della reggia di Versailles.
Il punto di partenza è che sono considerati autoctoni solo i pesci presenti nei laghi e nei fiumi italiani da prima del 1500. Sono previste alcune deroghe, ma non per le due tipologie di trote amate dai patiti di mulinelli o cucchiaini, né per il salmerino, originario di un laghetto del Trentino e che solo lì secondo il ministero dovrebbe stare, e nemmeno per il lavarello, appartenente alla famiglia dei coregoni (importati dal lago di Costanza nel 1880) e oggi protagonista della nouvelle vague gastronomica da Stresa a Salò. «È una situazione surreale, figlia di un’ideologia scientifica che si basa esclusivamente sulla genetica – protesta Luigi Guglielmetti, presidente della sezione comasca di Aps-Fipsas -. Oggi, se i carabinieri mi trovano a liberare un secchio di trote, rischio un processo penale». Per rafforzare la sua tesi fa un esempio: «Nel lago di Como entra un torrente che nasce in Svizzera. Nei due chilometri italiani è vietato immettere trote. Al di là del confine c’è un progetto finanziato dalla Confederazione elvetica per diffondere la trota fario. Da quando diamo lezioni di ecologia agli svizzeri?».
Sulla “guerra delle trote” la politica ha subito alzato le antenne. E non solo perché, come spiega l’assessore all’Agricoltura lombardo, il leghista Fabio Rolfi, «la vendita del coregone vale 4 milioni all’anno nella nostra regione e l’intera filiera legata al prelievo, compresa la ristorazione, genera un valore di oltre 10 milioni». I pescatori amatoriali, in Italia, sono almeno due milioni. E la loro «simpatia» fa gola un po’ a tutti. «Purtroppo abbiamo di fronte a noi un muro – prosegue Rolfi -. La Lombardia ha prodotto ricerche universitarie e documenti tecnici. Al momento, però, nessuna deroga è stata concessa e si moltiplicano le richieste di studi integrativi». Si è fatto sentire anche Matteo Salvini: «Regioni e pescatori hanno chiesto un incontro urgente con il ministro, la Lega si farà parte attiva affinché ciò avvenga nel minor tempo possibile». E pure il centrosinistra, che negli anni ha maramaldeggiato con le metafore d’acqua dolce sugli avversari politici, da Renzo «il Trota» Bossi al Capitano surclassato a Capitone, questa volta è pronto a fare fronte compatto con la Lega. In prima fila c’è il Pd, che vuole togliersi di dosso l’etichetta di «partito delle Ztl». «I funzionari del ministero della Transizione ecologica pensano di decidere a tavolino quali specie ittiche siano o meno originarie dei nostri laghi – si legge in una nota del Partito democratico del Sebino e della Franciacorta, nel bresciano -. Non sono bastati due anni di pandemia per affossare un settore tradizionale come quello della pesca sui nostri laghi e della ristorazione ad esso connessa, ora da Roma qualcuno prova a darci il colpo di grazia con la più classica delle carte bollate». Povero Cingolani. —