il Fatto Quotidiano, 15 novembre 2021
L’impero tv di Simona Ercolani
C’è una doppia dimensione nella carriera di Simona Ercolani, ma è difficile far combaciare una metà con l’altra. La sua società di produzione televisiva Stand By Me è in crescita costante sin dalla fondazione nel 2010 e si è affermata nei palinsesti Rai e delle emittenti private. Prima ancora, nel 1998, Ercolani è stata l’ideatrice di Sfide, format che ha innovato il linguaggio del giornalismo sportivo in Italia. Ma è stata pure autrice di programmi che hanno alzato l’asticella del trash, come La Pupa e il secchione, La fattoria, Uno due tre… stalla!
Ercolani è una donna in carriera in un mercato competitivo e maschilista come quello della televisione, ma è anche una professionista che ha delegato parte delle sue fortune alla traiettoria di Matteo Renzi. L’ex premier le aveva affidato una parte significativa della sua “narrazione” politica. Negli atti dell’inchiesta Open, Ercolani è citata spesso (senza essere indagata). Non è solo la moglie e partner in crime di Fabrizio Rondolino, con cui redige l’ormai famigerata mail con la strategia diffamatoria da adottare nei confronti dei 5 Stelle e degli avversari politici. Ercolani è nella squadra della bestiolina social di Renzi e nel gruppo che si occupa dell’applicazione Bob, una specie di “Rousseau” renziana: uno degli esperimenti – non indimenticabili – della comunicazione web dell’ex premier. Lei avrebbe voluto chiamarla “Italia in cammino”, oppure “On”, ma alla fine il capo le dà il nome del fratello di John F. Kennedy. A Rondolino&c. sembra il nome di un cane, ma tant’è.
Le storie di Ercolani e Renzi si incrociano prima da avversari: nel 2012 è la spin doctor di Pier Luigi Bersani nelle primarie (vinte) contro il rottamatore fiorentino. È l’ultimo atto da post comunista: Ercolani ama raccontare di aver iniziato il suo percorso nel Pci e di aver fatto il suo primo scoop al congresso di Rimini del 1991, quando il partito di Berlinguer fu messo in soffitta. Malgrado la parentesi bersaniana, al momento della presa fiorentina di Palazzo Chigi, Simona si fa trovare già bella che renziana. Nel 2015 il grande capo la vorrebbe addirittura alla presidenza della Rai. Il suo nome è sostenuto dal ticket Luca Lotti-Antonello Giacomelli. Ci va vicina, ma le viene preferita Monica Maggioni. Sarebbe stato curioso: la proprietaria di una casa di produzione che fa affari con la tv di Stato, nominata al vertice dell’azienda stessa. Non succede, ma poco male: per Ercolani sono anni più che proficui. Nel 2015 e nel 2016 cura la “direzione artistica” della Leopolda. Nelle carte dell’indagine Open Alberto Bianchi, presidente della Fondazione, scrive a Lotti: “La Ercolani chiede 50+iva, totale 61 (mila euro, ndr). Dice di averlo concordato con te. È così?” Laconica risposta del “Lampadina”: “No”.
Al di là delle scaramucce contrattuali, Ercolani è ovunque. Partecipa alla campagna per il sì al referendum costituzionale. Nel 2015 è consulente di Palazzo Chigi per l’anniversario della Prima Guerra Mondiale e della Liberazione (46mila euro). Nel 2016 la Stand by me fa il colpaccio: 400mila euro per i video delle Olimpiadi di Rio, grazie a una procedura di gara senza bando formalizzata tre mesi dopo (non prima!) dei Giochi. La sua azienda ha una crescita impetuosa pure quando in Rai diventa amministratore delegato Fabrizio Salini (fino ad allora direttore generale di Stand by me). Nel 2014 fattura 5,1 milioni, nel 2015 7,8 milioni, nel 2016 supera i 10. Sempre col segno “+” fino al 2020, in cui nonostante la pandemia incassa 20,3 milioni di euro. Solo nel triennio di Salini – secondo fonti di Viale Mazzini – il giro di affari di Stand by me con la Rai è cresciuto del 20%.