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 2021  novembre 15 Lunedì calendario

Il modello Fox News

Le celebrazioni, nel mese di ottobre, sono state quasi modeste: qualche speciale, interviste e servizi durante talk show e notiziari. «Nessuno pensava che potessimo avere questo successo», è stata la frase più ripetuta. La nascita di Fox News, venticinque anni fa, hanno ricordato molti commentatori delle rete, fu accolta dallo scetticismo generale: in molti pensavano che il mercato delle televisioni all-news aperto dalla Cnn nel 1980 fosse più che adeguatamente presidiato. 
Roger Ailes, ex consulente strategico dei presidenti Nixon e Reagan, produttore televisivo, non era della stessa idea. Quando ricevette da Rupert Murdoch l’incarico di progettare il nuovo canale (Murdoch, dicono i suoi biografi, è e resta un uomo più di giornali che di tv) si inventò uno slogan: «Fair and balanced». Vogliamo fare un’informazione «corretta ed equilibrata». 
Sul fatto che sia stata davvero questa la strada seguita non tutti metterebbero le mani sul fuoco. Ma certo, Ailes aveva un progetto chiaro: offrire una fonte informativa ai milioni di cittadini che non si riconoscevano nell’informazione che oggi si direbbe «mainstream». Quella che, a torto o ragione, per l’America profonda si porta dietro l’etichetta di «liberal», se non un marchio di infamia poco ci manca.
VIVA E VITALE
A cinque lustri di distanza Fox News è più in salute che mai. Ovvio, in America ancora più che altrove la tv è assediata da Internet e dai social, ma da anni ormai Fox è il più popolare canale di news. Nel prime time, con 2,3 milioni di ascoltatori medi, ha quattro volte il pubblico della rivale di sempre Cnn. È sopravvissuta all’addio traumatico del padre-padrone Ailes (travolto nel 2016 da uno scandalo di molestie sessuali e morto nel 2017). Ha superato più o meno senza danni anche la presidenza Trump, che prima ne ha fatto una sorta di canale ufficioso della Casa Bianca, e poi ha rischiato di mandarla fuori giri, tra recriminazioni per il voto rubato e assalti al Campidoglio.
Negli ultimi mesi il suo modello sembra aver fatto scuola anche in una Europa a prima vista così lontana dall’esempio americano. In Gran Bretagna è lo stesso Murdoch che sta progettando un canale rivolto all’opinione pubblica conservatrice, la stessa area a cui cerca di parlare una tv, appena nata, GB News, che schiera tra i volti più noti il brexiter Nigel Farage. In Francia, invece è il finanziere Vincent Bolloré a orientare la sua CNews sulle orme della grande sorella americana. Con il suo commentatore principe Eric Zemmour, campione del politicamente scorretto, ora punta addirittura all’Eliseo (dei due Paesi si occupano gli altri articoli in queste pagine). 
La situazione è in movimento anche in Spagna: un mese fa ha aperto i battenti sul digitale terrestre 7NN, emittente del movimento Vox (il partito alleato dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni), e della Fondazione Francisco Franco, custode delle memorie del caudillo. Un gruppo di industriali ha invece raccolto un tesoretto di 150 milioni di euro per il via a una nuova tv, conservatrice e cattolica, il cui lancio è previsto nei primi mesi del 2022.
Tutte le iniziative citate, quelle già avviate e quelle in partenza, fanno tesoro del modello Fox News: più commenti che notizie, più dibattiti e approfondimenti politici che reportage e analisi internazionali. Il tutto senza nascondere e, anzi, sottolineando, il proprio punto di vista. 
GLI INGREDIENTI
La formula non è poi cambiata molto da quella originale del 1996. Per le televisioni americane, e in particolare per le news televisive, era una specie di età dell’oro. Il caso O.J. Simpson, la fuga in diretta, le indagini, il processo (manco a dirlo «del secolo»), si trasformarono in una potente iniezione di ascolti. Fox News, fece in tempo a cogliere solo l’ultima coda della vicenda. Ma per lei era già pronto un altro regalo: Monica Lewinsky. La storia della stagista protagonista di una liaison con il presidente Bill Clinton aveva tutte le caratteristiche per contribuire all’ascesa di un canale di destra: la malafede del nemico democratico, l’ipocrisia del potere, la pruriginosità del tema. Gli storici della tv Usa considerano quel momento l’inizio ufficiale del cosiddetto infotainment, l’informazione che si fa intrattenimento. E i commentatori di Fox News sguazzarono a piacimento nell’incrocio tra sesso e politica.
Vennero poi le Torri gemelle e gli anni del patriottismo. Nell’America ferita di inizio millennio non era l’informazione controllata e riflessiva in cima ai desideri del pubblico televisivo. Molto meglio gli ultrà dell’eccezionalismo Usa riuniti di fronte alle telecamere di Fox. Nel 2003, con l’invasione dell’Irak, a differenza dell’Afghanistan perfettamente messa in scena per la televisione, i suoi ascolti aumentarono del 300%.
Il resto, si potrebbe dire, è quasi cronaca. Dopo l’elezione di Obama nel 2008 la scelta di Murdoch e di Ailes, o forse semplicemente di Ailes, è quella di trasformare il canale tv nell’ultimo bastione della resistenza repubblicana, dando voce e contribuendo ad alimentare il movimento dei Tea Party. Fino a quando, nel 2011, fa il suo ingresso in campo Donald Trump. Dagli studi di Fox lancia la campagna dei cosiddetti «birther»: Obama non mostra i suoi documenti di nascita perché è nato in Kenia e non alle Hawaii, per la Costituzione non ha il diritto di stare alla Casa Bianca. 
L’ECO SU INTERNET
Alla fine l’atto di nascita salta fuori e il movimento si affloscia. Ma Trump è ormai posizionato strategicamente per la caccia alla candidatura repubblicana. E anche per questo la Columbia Journalism Review ha scritto che il trumpismo non sarebbe «mai stato possibile senza Fox and Friends», il talk show mattutino del canale di Murdoch di cui l’immobiliarista diventato politico è stato a lungo ospite quasi fisso. Un’opinione diffusa, anche se in molti preferiscono parlare di un ecosistema informativo fatto soprattutto di siti (Breitbart innanzitutto) e reti social, in cui certo anche i programmi di Fox hanno ruolo e posizioni importanti. 
Allo stesso modo è ancora in discussione il tema se il successo di Fox abbia contribuito o sia una conseguenza della sempre maggiore tribalizzazione della politica americana. Secondo un’indagine molto citata negli Usa e condotta da un politologo dell’Università del Wisconsin, Charles Franklin, nel 2020 l’ideologia politica dichiarata ha pesato per il 57% del voto, contro il 46% del 2016 e il 20% di 30 anni fa. Ma il punto conteso è uno: fino a che punto sulla polarizzazione delle scelte elettorali pesa la tv e fino a che punto invece le cosiddette «camere dell’eco» dei social in cui informazioni, idee e opinioni individuali si amplificano e si rafforzano per effetto degli algoritmi. 
RAPPORTO DI COPPIA
Comunque lo si guardi il matrimonio tra Fox e Trump si rivela alla svelta qualcosa di unico. Superate le incertezze iniziali, ai tempi delle primarie repubblicane, l’adesione dei commentatori della Rete alla presidenza diventa subito totale. Così come l’attenzione del presidente al suo canale preferito. Sono almeno una dozzina gli uomini di Fox che prestano servizio alla Casa Bianca. Uno degli ultimi è Scott Atlas, nominato capo della taskforce antipandemia. Atlas è in realtà un radiologo, ma le sue idee sul virus presentate e illustrate nelle trasmissioni di Fox conquistano il presidente. Del resto, si sa, Donald passa lunghe ore guardando le tv, e quasi sempre la tv è una sola. Secondo i calcoli certosini degli specialisti, nel corso della sua presidenza Trump ha messo in Rete 1200 tweet di argomento televisivo, la larga maggioranza riguardava Fox News e ben 355 erano in diretta risposta a qualche cosa che il presidente aveva visto sul canale di Murdoch.
La corrispondenza di idee è stretta anche a proposito di pandemia. Commentatori come Sean Hannity e Tucker Carlson si fanno sostenitori di idrossiclorochina ed invermectina ed entrano in polemica volentieri contro Anthony Fauci, il virologo che rappresenta l’ortodossia vaccinale. Lo stesso accade per il duello elettorale con Joe Biden. Al momento dell’assalto al Campidoglio l’imbarazzo è palpabile e non manca chi si interroga sul ruolo del presidente. Ma anche Fox News, come il partito repubblicano, è sotto certi aspetti prigioniera di Donald e dei suoi elettori. La denuncia incessante da parte dell’ex presidente della frode elettorale compiuta a suo danno rischia di rivelarsi un boomerang per le future ambizioni in politica, visto che allontana gli elettori indipendenti. Resta però un richiamo potente per la base dei repubblicani, i più fedeli ascoltatori della tv: due su tre pensano che il voto sia stato rubato. Ed è questa la posizione anche di Fox, che si trascina un paio di cause miliardarie, promosse dalle società produttrici macchine conta-voti, accusate di essere complici nella frode.
Angelo Allegri