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 2021  novembre 15 Lunedì calendario

Dimmi come digiti e ti dirò chi sei

Dieci, cento, mille e più interazioni ci mettono ogni giorno in contatto con il nostro smartphone: tra swipe, sblocchi continui e tap veloci, il nostro rapporto con la tecnologia oggi è più fisico che mai. E ora può essere misurato per dirci come ci sentiamo. A questo scopo nasce TapCounter, la nuova app che registra quante volte tocchiamo lo schermo del telefono ogni giorno. L’azienda che l’ha creata, l’europea QuantActions, afferma che in questo modo si possono «rilevare importanti indicatori relativi alla salute mentale e neurologica» degli utenti. Studiando le interazioni tra noi e gli smartphone è possibile ad esempio misurare le nostre ore di sonno (tappare nelle ore piccole significa che non stiamo dormendo) ma anche contare gli intervalli tra una serie di pressioni e l’altra per valutare il nostro livello di reattività mentale.
IL CERVELLO
Lo smartphone diventa così un vero e proprio biomarker che scandaglia il nostro cervello alla ricerca di malattie neurologiche non ancora diagnosticate, collegando le nostre interazioni quotidiane a depressione, schizofrenia o autismo. E secondo il ceo Arko Ghosh in futuro la app potrà essere usata anche per prevenire le convulsioni nei soggetti epilettici. TapCounter si inserisce nello stesso mercato dove già da tre anni opera la statunitense MindStrong, che tramite la sua app di analisi diagnostica offre anche servizi di consulenza psichiatrica. La startup nel tempo ha raccolto una quantità incredibile di finanziamenti (compresi quelli dell’ex ceo di Amazon Jeff Bezos), mostrando così come il settore sia oggi appetibile per tantissime aziende.

LA TAPPIGRAFIA
Il Guardian l’ha battezzata l’alba della tappigrafia – e il neologismo rende bene l’idea di un fenomeno che discende direttamente dal più ampio genere della fenotipizzazione digitale, cioè la raccolta dei dati di interazione degli utenti per identificare comportamenti e pattern legati alla nostra salute attraverso l’uso che facciamo della tecnologia. Non solo i tap ma anche la quantità, la durata e la cronistoria delle nostre interazioni con lo smartphone si trovano oggi sotto l’implacabile microscopio della scienza, nel tentativo di portare la tecnologia al servizio della diagnostica. Ma non è l’unica branca della medicina dove il progresso interviene per salvaguardare la salute degli utenti. La funzione di rilevamento delle cadute dell’Apple Watch ha da poco salvato la vita a un 48enne inglese, investito da un’auto mentre andava in bici: lo smartwatch indossato dall’uomo ha subito individuato il pericolo e allertato i soccorsi mentre il ciclista era ancora svenuto a bordo strada.

APPLE
L’azienda di Cupertino ci crede così tanto che l’anno prossimo lancerà una nuova funzione di rilevamento degli arresti anomali che potrà individuare immediatamente gli incidenti stradali. Anche Apple oggi sta lavorando per sviluppare il suo sistema di analisi diagnostica, nel tentativo di giocare d’anticipo su depressione e declino cognitivo. E non sorprende il fatto che il focus delle aziende sia attualmente sui problemi di salute mentale, i cui sintomi spesso hanno uno sviluppo talmente graduale nel tempo da renderli sommersi finché non è troppo tardi per intervenire. Qui la tecnologia vive ancora una volta al confine tra benefici e rischi. Se è vero che una app difficilmente può sostituirsi a un professionista con decenni di esperienza, è altrettanto vero che, fotografando nel tempo dei dati che non potrebbero essere osservati altrimenti, lo aiuterebbe a formulare ancora prima una diagnosi in un settore, quello della salute mentale, dove la tempistica è tutto. D’altro canto, uno sviluppo acerbo della tecnologia potrebbe generare falsi positivi e un uso sconsiderato dei dati forniti porterebbe a sovradiagnosticare disturbi che di fatto non esistono. Per rendere gli algoritmi sempre più precisi serve poi una casistica il più ampia possibile, e questo ci porta al solito dubbio, il più importante: qual è il vero costo di una tecnologia che di fatto punta tutto sullo spionaggio emotivo? La moneta di scambio è sempre quella della nostra privacy, e solo la condotta etica delle aziende in possesso di strumenti così potenti ci potrà dire se il costo varrà il biglietto sulla giostra del progresso.