Specchio, 14 novembre 2021
Ritratto di Jessica Chastain
«Sono la persona peggiore al mondo a mantenere i segreti» mi ha spiegato Jessica Chastain, «il tipo di persona che compra un regalo a sorpresa per qualcuno e glielo dice subito: no, io non riesco ad aspettare, è un talento che proprio non ho». Alla fine di questa confidenza mi ha sorriso con autoironia, e poi ha cominciato a firmare autografi e salutare la folla di fan. Ci trovavamo sul red carpet della Festa del Cinema, ed era accompagnata dal marito Gian Luca Passi di Preposulo, aristocratico trevigiano e dirigente della Moncler. Ignoro quali possano essere i suoi segreti, ma quella confidenza mi ha dato il segno della sua spontaneità, e in quel momento mi sono reso conto che la sua forza, il suo talento e persino la sua bellezza affondano le proprie radici in un’assoluta sincerità ammantata da autentica umiltà. Quello stesso giorno, nel corso dell’incontro con il pubblico, l’ho vista commuoversi fino alle lacrime quando ho mostrato una sequenza di The Tree of Life, il film di Terrence Malick che l’ha consacrata come star internazionale. «È di gran lunga il mio film che preferisco», ci ha raccontato «e considero Terry non solo un grandissimo artista e un poeta del cinema, ma una persona straordinaria e di commovente purezza». Ritengo che sia proprio la ricerca della purezza uno degli elementi che delineano la sua personalità, ma non bisogna scambiare la sua innata gentilezza con debolezza: è una donna delle idee forti e precise, che ha imparato da tempo il potere della mitezza. È in prima linea nella battaglia contro gli squilibri di genere ad Hollywood, e combatte quotidianamente per dar voce alle vittime di molestie sessuali: nel 2012 Time l’ha inserita nella lista delle 100 donne con maggiore capacità di influenza al mondo. «Non riesco a trattenere le lacrime se vedo una persona che piange – spiega – anche se è inopportuno, e non so se sia debolezza o sensibilità».
Questa formidabile attrice, che è anche animalista e vegana, è nata a Sacramento, nel cuore della California, da due genitori adolescenti: Jerry Renee Chastain e Michael Monasterio, un musicista rock morto nel 2013 con il quale ha avuto pochissimi rapporti. È stato il patrigno Michael Hastey, di mestiere pompiere, ad assumere un ruolo paterno, e insieme alla nonna materna Marilyn ha rappresentato un punto di riferimento e di solidità. Sono numerosi i dolori che hanno caratterizzato la sua crescita, e forse il più lancinante è rappresentato dalla scomparsa della sorella Juliet, morta suicida dopo anni di tossicodipendenza. Il mondo dello spettacolo ha rappresentato il possibile ideale di una vita nella quale il dolore si vive in maniera catartica, e ha scoperto la passione per la recitazione sin da piccola, quando la nonna Marilyn l’ha portata a vedere, a sette anni, il musical Joseph and the amazing technicolor dreamcoat. Nel frattempo la scuola le appariva un incubo: studiava a fatica ed era emarginata dai compagni che la vessavano per il suo carattere chiuso e introverso. «Sono cresciuta con una madre single che lavorava duramente per farci almeno mangiare – ricorda oggi – non avevamo letteralmente un dollaro e ricordo che molte notti andavamo a dormire senza cena: è stata un’esperienza terribile, per me non è stato facile crescere». A diciotto anni ha debuttato come protagonista femminile in una produzione di Romeo e Giulietta, e poco dopo è entrata alla Juilliard di New York dove si è messa in luce per un’interpretazione nel Gabbiano di Checov. Per anni Hollywood non sapeva come utilizzarla e lei oggi commenta: «Credo che il problema fosse che fisicamente non sembro moderna».
È stato comunque il teatro la sua prima passione, e dopo un altro ruolo checoviano nel Giardino dei Ciliegi, ha conquistato la critica come Desdemona in un Otello nel quale Philip Seymour Hoffmann immortalava Iago e John Ortiz il protagonista. Ma è The Tree of Life il vero punto di svolta: «Terry non mi ha dato una sceneggiatura completa, lasciandomi improvvisare sul set: voleva che fossi la personificazione della grazia e del mondo spirituale, e dopo aver letto San Tommaso d’Aquino ho passato giorni al Met studiando i dipinti della Madonna». Da allora, ogni volta che si prepara per un ruolo, ha seguito lo stesso metodo: per The Help, grazie al quale è stata candidata all’Oscar, ha studiato a lungo Marilyn Monroe. Da questo punto di vista è impressionante la versatilità dimostrata in Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, dove ha ottenuto una seconda candidatura all’Oscar rivestendo i panni dell’agente della Cia che ha guidato il commando per uccidere Bin Laden: è stata in quell’occasione che la critica l’ha definita l’erede di Meryl Streep. Il talento indubbio e la bellezza radiosa l’hanno fatta diventare la beniamina di registi quali Christopher Nolan, che l’ha voluta in Interstellar, Ridley Scott in The Martian, o JC Chandor, il quale le ha offerto uno dei suoi ruoli migliori in Indagine a New York. In quell’occasione ha recitato tenendo a mente Lady Macbeth, supervisionando personalmente il proprio guardaroba, dopo aver scelto un dialog coach per parlare in perfetto accento di Brooklyn. Il lavoro di ricerca nel frattempo è diventato perfino più meticoloso: quando Guillermo del Toro l’ha chiamata per Crimson Peak ha studiato Che fine ha fatto Baby Jane? e Rebecca, e per Molly’s game, debutto alla regia di Aaron Sorkin, si è documentata sul mondo delle bische clandestine. «Il mio riferimento è Isabelle Huppert – mi ha spiegato – la più grande attrice vivente». Quando l’ho stimolata a parlare del suo eclettismo mi ha confidato «vorrei recitare in un musical», e non c’è nulla di sorprendente, considerando i magnifici risultati canori esibiti negli Occhi di Tammy Faye. In questi giorni sta preparando un film ispirato alla folk singer Tammy Winette, e per prepararsi ha cancellato tutti gli impegni: «Non è un grande sforzo, sono così poco mondana: mi piace cucinare, leggere e suonare l’ukulele».