il venerdì, 12 novembre 2021
Su "In volo sul mondo. Le straordinarie imprese degli uccelli" di Scott Weidensaul (Cortina)
È tempo di migrazioni, ma gli uccelli che abbiamo visto in questi mesi lasciare l’Italia per lidi più caldi, un anno o l’altro potrebbero non tornare. L’allarme è stato lanciato da Vojtech Kubelka, biologo della Università di Bath, che ha fatto notare, con uno studio su Ecology & Evolution, come presto i vantaggi del migrare, cioè sfruttare le risorse stagionali in giro per il mondo sempre nel momento del loro boom e far nascere i piccoli in luoghi con meno predatori e parassiti, potrebbero sparire, a causa della distruzione ambientale e del cambiamento climatico. E dato che i migratori seguono rotte e periodi fissati dagli istinti, potrebbero ritrovarsi in aree sempre meno accoglienti, e finire per estinguersi.
Piovanelli sperduti in Corea
"In effetti questi uccelli vivono una vita "al limite". Consumando ogni loro energia in viaggi estremi e producendo una prole che in pochi mesi deve essere pronta ad affrontare il ritorno, sono molto sensibili a ogni disturbo nei punti di partenza o di arrivo delle migrazioni. Per esempio, è bastato costruire una diga su alcune paludi costiere in Corea del Sud, usate dai piovanelli beccosottile (Calidris tenuirostris) come area di riproduzione, per far sparire un quinto della loro popolazione. Mentre i gufi artici (Bubo scandiacus) sono oggi un decimo di quanto fossero dieci anni fa, perché la mancanza di neve in Artico ha ridotto le popolazioni di lemming (piccoli roditori) con cui nutrono i pulcini" conferma il naturalista americano Scott Weidensaul, autore di In volo sul mondo (Raffaello Cortina, pp. 444, euro 25). Nel libro racconta le gesta, e le tribolazioni, di decine di specie, intrecciandole alle avventure che ha vissuto per studiarli, come quando rischiò di finire in bocca a un grizzly in Alaska, mentre seguiva i tordi dalle guance grigie (Catharus minimus) appena giunti dal Sud America.
"Tanti animali migrano, compresi mammiferi e insetti, ma in effetti nessuno come gli uccelli ha adattato tanto il proprio corpo per spingere agli estremi la capacità di muoversi su lunghe distanze". Fare, come la sterna artica (Sterna paradisea), del pendolarismo fra Artico e Antartico, comporta non solo volare ogni anno per quasi centomila chilometri, ma anche restare per giorni e giorni senza mangiare, bere o dormire nei tratti di sorvolo di oceani e deserti.
Il pieno di gamberi per partire
Tutti questi problemi hanno richiesto soluzioni fisiologiche ad hoc. "All’impossibilità di mangiare in volo è stato facilmente rimediato: i grandi migratori prima di partire attraversano una fase di "frenesia alimentare", durante la quale raddoppiano o più di peso, accumulando così abbastanza energia per tutto il tragitto".I chiurli piccoli (Numenius phaeopus) esagerano: prima di andare in Sudamerica si ingozzano di granchi sulla costa orientale Usa al punto che diventano così obesi da non riuscire più a volare: prima del decollo devono attendere, a digiuno, due settimane. "Raggiungono livelli di grassi nel sangue che in un uomo causerebbero un infarto o un ictus. Loro invece ci convivono senza problemi: scoprire come facciano potrebbe esserci utile" continua Weidensaul.
Ma a volte neppure tali scorte di grasso bastano, visto che in volo, fra freddo e fatica, il consumo energetico è quello di un centometrista. "Tutto il corpo viene riarrangiato: per esempio la pittima, Limosa limosa, che vola nove giorni di fila sul Pacifico fra Alaska e Nuova Zelanda, atrofizza l’apparato digerente, inutile in volo, e raddoppia capacità polmonare, muscoli pettorali e irrorazione del cuore. Le oche indiane (Anser indicus), che volano a ottomila metri sull’Himalaya, adattano persino battito cardiaco e metabolismo alla quota, rifornendo i muscoli con più ossigeno, ma senza aumentare il consumo energetico".
Dormire come un delfinoPoi c’è il problema della sete. "Gli uccelli non sudano e riciclano quasi tutta l’acqua dell’urina. Ma l’organismo dei grandi migratori sa anche "smontare" le proteine degli organi interni durante il volo per ricavarne acqua: è un trucco metabolico sconosciuto ai mammiferi". Noto invece anche ai cetacei è il sistema che usano per dormire volando: "spengono" un emisfero cerebrale alla volta, così da non perdere mai completamente il controllo.
Pochi mesi fa, Jingjing Xu, biologo dell’Università di Oldenburg, in Germania, ha annunciato di aver anche risolto il mistero di come riescano a orientarsi."Ha scoperto che il criptocromo 4, un pigmento fotosensibile nella loro retina, per motivi legati alle leggi quantistiche, è molto sensibile ai campi magnetici. Quando le cellule della retina che contengono il criptocromo 4 sono allineate con le linee del campo magnetico terrestre, producono un’immagine più brillante di quando non sono allineate, con il risultato che probabilmente l’uccello valuta la direzione del suo volo rispetto al nord in base a macchie più chiare e più scure che vede nel campo visivo, come avesse una bussola quantistica incorporata".
Tutti questi adattamenti straordinari non li hanno però messi al sicuro dall’azione umana. La caccia, le luci artificiali, la deforestazione e i pesticidi hanno fatto strage di migratori, ma ora il cambiamento climatico rischia di dargli un colpo finale. "Sono in effetti molto preoccupato per questi meravigliosi animali" dice Weidensaul.
La flessibilità del colibrì
"È vero che seguono itinerari incisi nel loro Dna e la velocità del cambiamento è troppo alta perché possano adattarsi, ma esistono altri meccanismi che gli consentono una certa flessibilità. Per esempio la balia nera (Ficedula hypoleucae) ha affrontato l’aumento delle temperature anticipando di dieci giorni il ritorno dall’Africa, rispetto a trenta anni fa. Mentre fra i colibrì rossicci (Selasphorus rufus) ci sono individui con la "bussola alterata", che invece di portarli in autunno dalla California al Messico, li fa deviare verso la costa atlantica, dove un tempo morivano di freddo, mentre oggi riescono a svernare. Sono forse i pionieri della popolazione che sostituirà quelle che in Messico spariranno per il troppo caldo".