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 2021  novembre 13 Sabato calendario

"IL PARLAMENTO NON TOCCA PALLA" - L'IRA DEI PARTITI PER IL “MONOCAMERALISMO DI FATTO”: DA INIZIO LEGISLATURA OLTRE IL 90 PER CENTO DEI DECRETI È STATO ESAMINATO IN UN SOLO RAMO DEL PARLAMENTO PER EVITARE PANTANI E RALLENTAMENTI - L'ALTRA CAMERA SI LIMITA AD APPORRE UN BOLLINO - I PIÙ INFURIATI PARLANO DI “ESPROPRIAZIONE DEL PARLAMENTO”, IL PD CHIEDE DI TENERE APERTA LA CAMERA DEI DEPUTATI ANCHE DI LUNEDÌ E VENERDÌ PER PERMETTERE LE DISCUSSIONI - CECCANTI: “BISOGNA CAMBIARE LE REGOLE” -

Il mese di ritardo con cui la manovra di bilancio arriva in Parlamento e l'ingorgo di decreti in pentola, fa mangiare la foglia a peones e capigruppo: visto che la legge di bilancio, quella con le misure di spesa che più stanno a cuore a tutti, approda al Senato, non se ne parla di poterla modificare alla Camera. Che dovrà accontentarsi di metterci il bollino a giochi fatti. «Così non tocchiamo palla». L'andazzo è lo stesso da anni, una delle due Camere resta fregata, ma stavolta, complice la pandemia e l'ingorgo di decreti, la situazione è peggiore: e la sopportazione degli eletti, che dovrebbero rappresentare il popolo italiano è oltre il limite. In tutti i gruppi parlamentari.

Dal Pd a Fratelli d'Italia, da Italia Viva a Leu, passando per il centro. La presidente dei deputati dem, Debora Serracchiani, certo non una pasdaran, ha inviato una lettera riservata a Roberto Fico, per chiedergli di tenere aperta l'aula di lunedì e venerdì, fino al 31 dicembre (data ultima per il varo della legge di bilancio e di alcuni impegni legati al Pnrr), proprio per «il compiuto dispiegarsi della funzione legislativa».

Giorgia Meloni, a nome dell'unico partito di opposizione, tuona che «sarebbe inaccettabile se dopo aver votato il Pnrr senza aver avuto la possibilità di leggere il documento, dovessimo votare anche la manovra senza poter dire la nostra». Il più tranchant è il presidente della commissione Finanze di Montecitorio, il renziano Luigi Marattin: «Stiamo cambiando la Costituzione per inserire la tutela degli animali e non mettiamo mano alla principale delle nostre disfunzioni democratiche?».

L'attacco implicito è a chi bocciò il referendum di Renzi che eliminava il monocameralismo. Vero che il ritardo della manovra è dovuto a un fattore politico, ovvero la mancanza di accordo sul reddito di cittadinanza, ma c'è «qualcosa che non funziona più nella sala macchine», lamenta Marattin. «Ricordo una volta che ero a Palazzo Chigi e un decreto tardava: bisognava attendere un motociclista che lo portava materialmente al ministero della Giustizia per apporre il sigillo, roba da Medioevo».

Un ricordo non di un secolo fa, ma del 2017. E lo stesso avviene oggi. Non c'è da stupirsi se, per fare prima, il governo scavalchi una delle due camere ad ogni piè sospinto: l'era del web non tollera rallentamenti, ma il nostro sistema li provoca. Dunque la realtà piega al suo bisogno la Costituzione: i più ironici, come il costituzionalista Stefano Ceccanti, parlano di «monocameralismo alternante», ogni legge esaminata da una sola Camera, mentre l'altra si limita ad apporre un bollino. I più infuriati parlano di «espropriazione del Parlamento» ad opera del governo.

Che ora è impersonificato da Mario Draghi. Tanto per dare i numeri: solo 4 decreti da inizio legislatura sono tornati nel primo ramo del parlamento da cui provenivano, altri 76 sono stati discussi in una Camera e l'altra ha ratificato il testo che gli è arrivato. Con il governo Draghi, poi, nessun decreto è stato modificato nel secondo ramo. Sul sito di Montecitorio, nel rapporto sulla legislazione 2021, c'è un confronto tra i primi 3 anni della attuale legislatura e i primi 3 della precedente.

Nei primi tre anni di quella 2013-2018, i casi di provvedimenti esaminati in una sola Camera e ratificati dalla seconda erano stati l'83,6%, mentre in questa salgono al 91%. Inoltre, per 40 leggi su 80 approvate, è stata posta la fiducia in un ramo parlamentare e in 22 casi in entrambe le Camere.

Come evitarlo? «Basta riformare i regolamenti - nota il costituzionalista Stefano Ceccanti del Pd - per evitare che i decreti e non i disegni di leggi restino il modo normale di fare le leggi: va data una corsia preferenziale alle norme del governo per far diminuire i voti di fiducia». Ma la riforma dei regolamenti è al palo, Lega e Fi finora hanno voluto solo adeguare i numeri delle commissioni al taglio del 30% dei parlamentari. Ora pare che la trattativa si stia sbloccando, sempre che la legislatura vada avanti...