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 2021  novembre 13 Sabato calendario

Perché i bond non attirano più

Questa volta non c’entra il distanziamento sociale. Se i risparmiatori italiani (soprattutto quelli assistiti da private banker) non hanno fatto ressa e non hanno sgomitato per comprare il nuovo BTp Futura, come facevano un tempo per titoli analoghi, è per un motivo economico ben preciso. Ed è lo stesso che vale per tutto il mercato obbligazionario europeo e americano, a partire da quello dei titoli di Stato: i rendimenti offerti non sono più coerenti con un’inflazione galoppante. Per dirla in altre parole: rendimenti reali sono così abbondantemente negativi che iniziano a risultare davvero indigesti anche ai palati solitamente meno reattivi nel cambiare menù.
Secondo le simulazioni realizzate da Algebris, chi investisse oggi 100 euro in titoli di Stato italiani si ritroverebbe in termini reali (dunque a causa dell’inflazione) l’equivalente di 92 euro tra 5 anni, 90 tra 10 anni e 91 tra 15. E già sarebbe fortunato, perché chi investisse oggi 100 euro in titoli di Stato tedeschi se ne troverebbe 87 tra 5 anni, 77 tra 10 e 69 tra 15. E peggio ancora andrebbe a chi puntasse sui titoli di Stato inglesi: tra 15 anni si troverebbe in tasca, in termini reali, l’equivalente di 68 sterline delle 100 investite oggi. «Se sei un investitore in titoli di Stato hai due opzioni: perdere soldi velocemente oppure lentamente», dice Alberto Gallo, portfolio manager di Algebris.
Questo è oggi il problema: la politica delle banche centrali (che tengono bassi i tassi d’interesse nonostante il forte balzo dell’inflazione) ha portato i rendimenti reali dei titoli di Stato ai minimi storici. Negli Stati Uniti il rendimento reale dei Treasury decennali è attualmente a -1,17% (il minimo storico l’ha toccato il 10 novembre a -1,25%), mentre in Europa quello dei Bund tedeschi è ancora più basso: -2,19%. E, nonostante lo spread che tiene i tassi dei BTp più elevati, anche i titoli italiani hanno rendimenti reali negativi. Questo significa che chi li acquista non ha una remunerazione sufficiente per compensare l’aumento del costo della vita. Ecco dunque che comprare titoli di Stato oggi significa – come dice Alberto Gallo – perdere lentamente il proprio potere d’acquisto. E se le banche centrali decidessero di alzare i tassi, sarebbe anche peggio: il riprezzamento del mercato potrebbe essere violento, con perdite più veloci. Dalla padella alla brace, insomma. 
Che fare dunque? Tra gestori e strategist arrivano più o meno le stesse risposte. Tutti consigliano di cercare rendimenti negli asset reali. «In questo scenario i settori vincenti sono l’immobiliare e le materie prime – osserva Filippo Casagrande, head of insurance portfolios investment strategy di Generali -. Il mercato azionario dovrebbe comunque reggere, mentre il settore perdente è quello obbligazionario». Poi aggiunge: «Questo non significa che non ci sia valore nel mercato obbligazionario. Per esempio nel mondo dei bond high yield (ad alto rischio e rendimento, ndr) ci sono alcuni titoli che di valore ne hanno, ma bisogna saperli scegliere. Se fino a poco tempo fa andava bene tutto nel mondo obbligazionario, ora non è più così». In fondo è la rivincita delle gestioni attive. 
Risposta analoga da Antonio Cesarano, global strategist di Intermonte: «In questo contesto una soluzione è la regola del modello Modigliani-Miller, secondo cui se l’inflazione è elevata bisogna puntare sul mercato azionario». E Alberto Gallo di Algebris offre la stessa soluzione: «Nel portafoglio bisogna avere il più possibile asset reali, come le azioni (soprattutto dei settori che beneficiano dell’elevata inflazione come gli energetici e i finanziari), come le obbligazioni convertibili (che associano alla cedola tipica dei bond anche la possibilità di trasformarli in azioni), come le materie prime e l’immobiliare». 
Soluzioni che però poco si conciliano con l’attitudine dei piccoli risparmiatori e con le loro possibilità di accedere a certi mercati. Questo è il vero problema: il popolo dei BoT-people si trova oggi a gestire una grande ricchezza privata senza avere più soluzioni semplici a portata di mano. Così tanti si rifugiano nei conti correnti e nei bond, dove l’erosione rende tutti più poveri poco a poco. Questo è il lato oscuro delle politiche monetarie super-espansive in un contesto di inflazione crescente.