La Stampa, 13 novembre 2021
Manuale per le macchine del fango
Lo scopo è immutabile. Ma ogni potere ha la sua macchina del fango. Ogni stagione il suo ventilatore. Ogni manovratore (o semplicemente utilizzatore finale) i suoi bersagli. Per lo più avversari politici, giornalisti, magistrati.
La chiusura dell’inchiesta fiorentina sulla fondazione Open svela il memo indirizzato nel 2017 da Fabrizio Rondolino, una vita fa spin doctor di D’Alema, a Renzi. L’obiettivo di «distruggere la reputazione» degli avversari politici (M5S) e giornalistici (Il Fatto quotidiano). Il possibile ricorso a investigatori privati «di provata fiducia e professionalità». La costituzione di «una specie di Wikileaks antigrillina» appoggiata «su un server estero non sottoposto alla legislazione italiana e non riconducibile al Pd né tantomeno a Renzi», per produrre contenuti da «rilanciare su una rete di account fake». A ciò si aggiunge la creazione attorno a Renzi di una struttura permanente, con organigramma funzioni e dotazioni tecnologiche (i software israeliani acquistati dal braccio destro Carrai). E una strategia, delineata via mail dallo stesso Renzi, per influenzare le televisioni, stringendo «accordi» con vertici Rai, Mediaset e La7.
Una struttura che, a parte l’inevitabile obsolescenza tecnologica (i social non c’erano ancora) ricorda la berlusconiana «struttura Delta». Espressione coniata nel 2007 da Ezio Mauro mutuandola da Conrad e svelata dalle intercettazioni della manager Rai Deborah Bergamini (poi portata dallo stesso Berlusconi in Parlamento). I vertici Rai e Mediaset concordavano le strategie editoriali per «fare gioco di squadra» e favorire Berlusconi, fino a «fare confusione per camuffare» le sconfitte elettorali.
Negli anni successivi, la macchina del fango berlusconiana si era ingaggiata ferocemente, armando i media contro oppositori e dissidenti. Alla prima categoria era stato iscritto il direttore del quotidiano cattolico Avvenire, Dino Boffo, sulla base di un’allusiva velina a sfondo sessuale. Alla seconda Gianfranco Fini, all’epoca del «che fai mi cacci?».
La Rai cambiava i palinsesti per sostenere la polemica sulle intercettazioni, trasmettendo in prima serata «Le vite degli altri», film sullo spionaggio nella Germania dell’Est. Un modo, nemmeno tanto sottile, per alimentare la rivolta contro i «giudici comunisti». Senza tornare ai dossieraggi degli Anni 90 contro il pool di Mani Pulite (celebre il «poker d’assi» di Craxi), alla pm Ilda Boccassini, che processava Berlusconi, fu attribuito falsamente un incontro eversivo in Svizzera. Lo sconosciuto giudice civile Raimondo Mesiano pedinato e filmato dal parrucchiere e al parco, impiccato per «stranezze» tra cui i calzini turchesi, dopo aver condannato la Fininvest a un maxi risarcimento alla Cir di De Benedetti.
La terza Repubblica ha informatizzato le macchine del fango. Il memo di Rondolino non risulta realizzato (anche se Renzi lo girò senza commenti a Carrai). Ma la «bestiolina», così come emerge dalle mail, aveva due gambe. Quella analogico-televisiva e quella social-digitale. Con una reciproca interazione già delineata dall’alto da Carlo Freccero nel 2013 (Televisione, Bollati Boringhieri) e dal basso quattro anni dopo da Leonardo Bianchi (La gente, Minimum fax).
Due libri che spiegano il successo grillino e leghista. Nella propaganda e poi nelle urne. Con una propaganda viralizzata da profili social, non sempre ufficiali e talvolta falsi, alimentati artificialmente con software dedicati. Il New York Times scrisse che alcuni siti pro M5S e pro Lega erano legati dagli stessi codici di Google. Un post di Beppe Grillo contro Enrico Mentana fu rilanciato da una serie di pagine facebook non ufficiali pro M5S, tra cui «Club Luigi Di Maio» specializzata in contenuti d’odio e utilizzata, denunciò il debunker David Puente, anche da collaboratori di Di Maio.
La «bestia» creata da Luca Morisi per Matteo Salvini importando il modello Trump ha fatto scuola per la capacità di profilazione degli utenti e di rimbalzo sui social dei contenuti, in grado di rovesciare fango sugli avversari. Trentacinque esperti digitali al lavoro h24. Nella campagna elettorale del 2019, che issa la Lega al 34 per cento, producono 17 post al giorno, 60,8 milioni di interazioni, 40 milioni di like e oltre 5 milioni di ore di video visualizzati.
Decisivo il collateralismo con siti ideologicamente conformi. Come Vox News, che propaganda sovranismo e xenofobia con Rambo in home page. Quando Salvini viene indagato per il blocco delle navi di migranti, lancia una «guerriglia culturale contro le toghe rosse» da attuare «disseminando i commenti e ovunque». Il procuratore di Agrigento Patronaggio viene ostracizzato con fake news di ogni tipo, rilanciate da migliaia di pagine social, che lo dipingono capo di «seimila toghe rosse» impegnate in un «tentativo di colpo di stato».
A proposito. Anche Renzi, oggi, ne denuncia uno a suo danno.