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 2021  novembre 12 Venerdì calendario

Intervista a Mario Tozzi

Restiamo Sapiens. Qualunque cosa succeda intorno, l’invito è sempre valido. Mario Tozzi torna domani sera (Rai 3, 21.45) con la nuova stagione del suo programma, la quarta: il geologo della tv tiene posizioni tanto da battaglia su questioncelle tipo clima e pandemia quanto da studioso curioso in queste parentesi, nelle quali si va a cercare l’origine della specie, il mistero dell’Everest, i materiali che hanno forgiato il mondo e la storia. Come un prendere le distanze dal cicaleccio tele-scientifico di questi tempi.
Ma un geologo, al momento, è invidioso della popolarità dei virologi?
«Nemmeno un po’. Sono stati e sono ingenui col mezzo televisivo. Voglio bene a tutti loro, ma sbagliano accettando confronti che non hanno senso».
Anche lei va nei talk su questioni climatiche.
«Sono eccezioni. Il più delle volte mi dicono: venga a parlarne, invitiamo anche uno scettico. Ne fanno il nome e io: guardi, non si offenda, fate parlare solo lo scettico. Io ne faccio tranquillamente a meno».
Mentre i virologi…
«È assurdo soprattutto perché le loro analisi sono giuste e sono simili. Ma non sono scafati, diciamo: sono entrati in questa logica di confronti con chiunque, quello che la tv chiede. Ma pur di esserci, ci sono cascati dentro. E cosa succede? Che la gente, sul Covid o sul clima, pensa: ma questi non sono nemmeno d’accordo tra di loro, cosa vogliono da me?».
E invece?
«È passata l’idea che sul Covid ci sia una pletora di posizioni. Invece non è così, da parte dei veri scienziati. Si perde tutto quello che è giusto nel portato scientifico delle loro tesi. In America, tra i virologi parla solo Anthony Fauci».
Colpa delle tv.
«Ma non solo. La pandemia, alla fine, è anch’essa un fenomeno fisico, da tagliare con l’accetta della scienza. Ma questo è il solito paese incrollabilmente crociano: la scienza non è cultura, guai».
Ma se le tesi scettiche continuano a imperversare ci sarà un motivo.
«Guardi il dibattito sul clima. Vengono sempre citati nomi illustri che negano questo o quello: ma se ne sono così sicuri, perché non pubblicano uno studio scientifico? Sul Covid citano Montagnier: bene, dove ha scritto le sue tesi? Ho controllato, viene tutto da un’intervista tv di anni fa.
Però ha preso il Nobel e allora è autorevole. Ma perché non lo scrive?».
Tra pandemia e questione climatica un bell’intreccio, no?
«Con la differenza che per la pandemia c’è il vaccino. Per il clima c’è Glasgow, che è un sostanziale fallimento».
Il lockdown, il mondo che si ferma, ha portato acqua alle tesi degli ambientalisti?
«Ovvio, la visione di un altro mondo possibile c’è stata. Chiaro, non praticabile nel ritorno alla normalità. Ma sul concentrarsi sulle cose possibili, forse c’è consapevolezza in più.
Guardi che alla fine, sul clima, gli scettici sono pochi, in fondo».
Ma su cosa ci si dovrebbe concentrare?
«Sull’unico dato conosciuto e modificabile: la presenza di carbonio nell’atmosfera. Le alterazioni che ne derivano sono micidiali e volendo ci portano anche ai virus».
Ovvero?
«Il mondo è dei virus e dei batteri, lo è sempre stato. Hanno una capacità mostruosa di decifrare i codici nuovi, di superarli e aggirarli.
È una battaglia continua ma finora una natura poco alterata ci ha aiutato: le leggi di natura, l’esistenza di prede e predatori per esempio. Se spariscono i lupi, proliferano i piccoli animali selvatici e di questi i virus si sono sempre serviti».
Il mercato di Wuhan.
«Il commercio illegale di animali selvatici è tra le prime attività criminali al mondo.
Aumentato a dismisura via via che l’equilibrio naturale che li conteneva è venuto meno».
Cose allegre. Nella prima puntata di domani si chiede: c’erano uomini prima degli uomini?
«Una trentina di specie ma li abbiamo fatti secchi tutti, come Sapiens. Viaggiamo a mille con la tecnologia, ci siamo imposti come l’unica specie al mondo che accumula e conserva. E l’antropomassa ha superato la biomassa».
Ecco, questo dà da pensare.
«Significa che, escluse rocce e montagne, quello che è stato prodotto dall’uomo ha superato per peso e quantità il peso della natura in sé. Fa impressione, no?».
Parecchia. A capire cosa significhi.
«È un fattore di squilibrio fortissimo, da cui derivano le emergenze di cui abbiamo parlato.
Soluzioni? Cambiamenti di stili di vita e produzione, quelli sono possibili: alla fine è tutto lì».
Meglio tornare alla tv. Come se la passa la tv di divulgazione?
«Ce n’è anche troppa, ma c’è sproporzione tra quella che descrive e quella che spiega, quella scientifica. Decine di programmi si occupano di natura e luoghi: ma al trentesimo servizio che mi racconta cosa c’è sul Vesuvio e non mi spiega perché, beh, uno lascia perdere».