La Stampa, 11 novembre 2021
La Ragnatela di Open
Ogni petalo del «giglio magico» era indicato con le iniziali: lui AB, Carrai MC, Lotti LL, Boschi MEB. E Renzi M, al massimo MR. L’avvocato Alberto Bianchi scriveva tutto. Per la Procura di Firenze sono i suoi appunti a dare un senso alla storia della fondazione Open, sostanziando le accuse di finanziamento illecito, traffico di influenze e corruzione.
Primo appunto nel 2011, «mie riflessioni sulla fondazione-contenitore con struttura «a medusa con testa e tentacoli operativi» e l’idea di «serio training a Matteo per prepararlo se va a parlare» ed eventi a pagamento: «running con Matteo, visite guidate a Firenze con Matteo».
Il 2012 e il 2013 sono gli anni della scalata. Le spese fuori controllo, il «patto dell’ora d’aria» (100mila euro l’anno per cinque anni) con un nocciolo duro di finanziatori, i 300mila euro di debiti. Il 2014 comincia con «il renzismo (orrenda parola, ma si fa per capirsi) è al governo». Davide Serra lancia l’allarme sul «letale conflitto di interessi».
Gli appunti raccontano l’approdo a Roma. Programma di governo («Tassa successione? No. Giustizia: dare scheda a MEB, ci lavora anche Nordio», allora magistrato), nomine, dossier che interessano i finanziatori della fondazione. Quello sul «sistema autostradale» mandato da Gavio e «girato a MR», con allegato emendamento per il decreto sblocca-Italia («Luca sa già»). Quello «su rimodulazione accise tabacco» redatto da British American Tobacco, che finanzia Bianchi e Open e su cui «LL è sul pezzo». Come su un finanziamento «passato al Cipe. Se non si sblocca è un problema». Appunti sulle nomine: Inps, Demanio, Ferrovie dello Stato con la lottizzazione dei nomi (quattro «nostri» di cui uno in quota «Serracchiani», uno di Forza Italia).
Appuntamenti di manager con Lotti. Le traversie di babbo Renzi nell’inchiesta Consip. L’idea di «fare un giornale» con «Tronchetti, Cimbri e Farina(?)» o, in alternativa, «rinforzare Il Foglio». Il rammarico per «il Corriere della Sera, grande occasione persa, andava comprato». Un’inchiesta genovese su Briatore «con cui M continua a scambiarsi messaggi» e che va trattato con «prudenza». Una cena con Verdini. La strategia per la vendita dell’Ilva perché «in queste condizioni vince cordata Marcegaglia». La ricerca di un nuovo presidente Consob («per me no Berruti, sì Genovese») al posto di Vegas, «disponibile a lasciare subito» in cambio di altra nomina.
Per la Rai «parlare per Pino Insegno con Orfeo» e «sfiducia di CDO (Campo Dall’Orto, amministratore delegato, ndr)» con ipotesi «Maggioni interim o ticket con Del Brocco (il quale è buona soluzione per noi anche a regime)». L’autorità dell’energia, per cui «sia Starace che Ferraris (Enel e Terna, ndr) apprezzerebbero De Vincenti. Testa debole e condizionabile». Gli affari dei colossi pubblici Rfi, Poste ed Enel. La speranza di diventare avvocato Mediaset contro Vivendi, grazie a una sollecitazione di Carrai a Bisignani. Un contenzioso Toto-Anas, con emendamento ad hoc e indicazioni a LL per un accordo «con riconoscimento di 50 milioni a Toto», finanziatore di Bianchi e Open.
Febbraio 2018, legislatura agli sgoccioli. Appunti su Poste, Anpal, Tim, Mps («Capaldo no dimettersi»), Fs («Mazzoncini: rifissare»). «Nuovo presidente fondazione Cassa risparmio Firenze». «Sponsorizzazioni Fiorentina».
Renzi perde elezioni e Pd. Nasce il governo gialloverde. Nuovi contatti tra «sottosegretari a ministeri Ambiente e Infrastrutture», con il nome del leghista Siri. Intanto Carrai si è dimesso dalla fondazione Open («Mi sono rotto il cazzo, nessuno mi ha scritto: ci dispiace»), che viene sciolta.
Primavera 2019. Negli appunti un colloquio con una dirigente del ministero delle Infrastrutture (in mano al M5S). Oggetto Tav («parlare con Signorini») e aeroporto di Firenze («parlare con capo gabinetto Scaccia che è uomo di mondo, via Chieppa» segretario generale a Palazzo Chigi). Nomine in Poste, in Eni «dove c’è guerra contro Alverà, condotta soprattutto da Granata». Per «Gdf Zaffarana in pole, no Valente». Una riga su «Carlo Sama per soia». L’allarme di Lotti per un «nuovo partito» a cui lavorano «Bo&Bo, muovendosi per chiedere finanziamenti», e «sulla filiera Carta-Minniti (D’Alema) contro M». Tesi definita «complottista» da Carrai perché «non crede che Minniti ne sia parte». A proposito di «affari», c’è un ampio capitolo toscano, con la posizione di JM (il renziano Jacopo Mazzei) nella «lista blindata per Cda Firenze», i nuovi vertici della Cassa di risparmio e della fondazione che la controlla, con presunti «veti di M». Colloquio con un consigliere della Corte dei conti che aspira a un ruolo di vertice al Quirinale, «detto che parlerò a LL».
Bianchi e Carrai pranzano per elaborare una strategia. Ipotizzano un nuovo contenitore chiamato «Mediceo». Carrai ne parla con Renzi. Bianchi annota: «MR non vuole entrare. Anche perplessità su LL, dice. Chiede (Carrai, ndr) se può entrare lui in società con MR, tra me e lui comunque no problem, 50 e 50. Detto gli faccio sapere». La società verrà costituita poco dopo, e finirà citata nell’inchiesta Open.
Il 18 marzo «lunga conversazione con MR a margine della riunione operativa sulle vicende dei suoi genitori. Politica: per adesso sta alla finestra. Non si intesta alcuna corrente, ritiene ancora di essere il più bravo, se si guarda intorno. Dice che paradossalmente l’esito delle primarie, che ha visto sconfitta la linea LL di avere una robusta minoranza per condizionare Zingaretti, favorisce lo stand by. Coltiva i suoi rapporti internazionali, guadagna bene. Agnese gli dice di non rientrare adesso perché prevale ancora il suo lato di Grande Antipatico (e ha ragione). Parla di LL come del “mio fratello”, anche se dice che ha giocato male la partita primarie, lui avrebbe voluto una candidatura forte (Bellanova, non Giachetti). Lo giudica un po’ troppo all’ascolto di Giacomelli. Gli ho detto che secondo me LL non lo tradirà mai, per quanto sembri a volte voler giocare in proprio. Mi è sembrato d’accordo». Quanto al «business, scettico su unico mega contenitore. Problema numero 1 è soldi a Luca. Numero 2 restituzione ad Alberto. Meglio diversificare. Tradotto: non ha voglia di legarsi in società con Luca. Marco me lo aveva detto. Fondazione MR. Se la chiama così, non è che si possa aprire e chiudere come Open. Mi chiede come va il mio lavoro, se dopo fine sua esperienza governo il fatturato è diminuito. Risposto la verità: a parte caso Toto, mio fatturato calato o cresciuto indipendentemente. L’ho trovato veloce come sempre, acuto, infingardo (in senso buono), mai riservato. Gli ho detto che vanno trovati al più presto i 400mila euro per Leopolda. Dice che se non arrivano “va prenderli lui” (vabbè). Molto incerto in fondo se la sua esperienza si sia conclusa o no».
Bianchi un’idea ce l’ha. Il 1° marzo appunta un pranzo con l’avvocato milanese Gabriele Fava (vicino alla Lega): «Io e Gabriele unici sognatori (perché di mero sogno si tratta) di rapporti più stretti tra i due Mattei».