La Stampa, 11 novembre 2021
Bye bye navigator
«Posso chiederle la cortesia di richiamarmi? Sono impegnato con un utente». Nella risposta di Antonio Lenzi, navigator del Centro per l’impiego di Rho, nel Milanese, e fondatore dell’Associazione nazionale che li riunisce (Anna), c’è già tutto lo spirito combattivo, e l’orgoglio, con cui i lavoratori che dal 2019 si occupano di guidare i «percettori del reddito di cittadinanza» in un percorso di riqualificazione professionale e nella ricerca di un lavoro, si apprestano a combattere la loro ultima e decisiva battaglia. Nella manovra, infatti, non è prevista la proroga dei loro co.co.co con Anpal Servizi, che erano stati invece rinnovati fino a fine anno dal Decreto Sostegni. Sedotti e abbandonati: il reddito di cittadinanza sarà rifinanziato (pur con tutte le modifiche del caso), i contratti dei navigator no. Il 18 novembre scenderanno in piazza per far sentire le loro ragioni. «Siamo stati da sempre il capro espiatorio di un’enorme strumentalizzazione politica. Nessuno ha voluto leggere i nostri risultati all’interno del contesto di riferimento» si lamentano, puntando il dito sul fatto che le ultime rilevazioni nazionali sull’efficacia dei loro interventi (che fissano l’asticella delle assunzioni a quota 352 mila) risalgono all’ottobre del 2020, subito dopo il lockdown. In questi mesi hanno incontrato quasi tutti i partiti dell’attuale maggioranza: Cinque Stelle, Pd, Lega e Forza Italia. «Anche chi si mostrava dubbioso sul reddito di cittadinanza concordava sul fatto che buttare via la nostra esperienza è un errore. Che succede adesso?».
All’inizio – all’epoca in cui il ministro Luigi Di Maio si faceva fotografare sorridente insieme al “guru” americano Mimmo Parisi per intenderci – erano tremila, tutti laureati e selezionati con un concorso. Ora ne sono rimasti 2400, pagati 1700 euro al mese «senza malattie, senza ferie e senza tredicesima». A fine dicembre potrebbero restare tutti a casa. Il governo ha altri piani: affidare alle agenzie per il lavoro iscritte all’albo l’attività di mediazione tra domanda e offerta di occupazione per i beneficiari del reddito di cittadinanza, che affiancherebbero i centri per l’impiego ricevendo in cambio il 20% dell’incentivo previsto per il datore di lavoro. «Non voglio demonizzare i privati – ragiona Lenzi, 42 anni, una laurea in Scienze politiche e un dottorato di ricerca in Storia dei partiti politici -. Le agenzie, però, possono interagire solo con chi ha una solidità lavorativa alle spalle. In questi due anni noi siamo stati una figura cerniera fra i centri per l’impiego, il mondo della formazione e le aziende. Non ci occupiamo solo di incrociare domanda e offerta, aiutiamo a riattivare persone che hanno vissuto di occupazioni saltuarie e molto lontane dal mercato del lavoro di oggi. Parliamo di gente, per intenderci, che non sa nemmeno aprire una mail».
I numeri della loro attività, raccolti nel volume «Navigator a vista» che sarà presentato nelle prossime settimane in Senato, chiariscono bene la loro prospettiva: 580 mila aziende contattate e un milione di persone assistite (di queste il 72% ha solo la terza media). «Quando si parla di reddito di cittadinanza e di navigator si va avanti per spot e prese in giro – racconta con amarezza un altro lavoratore della provincia di Bergamo, che preferisce restare anonimo visto che svolge anche un’altra professione in cui il suo essere un navigator non sarebbe visto di buon occhio -. Nessuno si prende la briga di fare un’analisi seria dei dati». Anche Daniele Carra, 36 anni, di Palermo, laureato in Psicologia, anche lui iscritto all’Anna, è a dir poco deluso: «Il reddito di cittadinanza non è stato annullato, giusto? Coinvolgere i privati, senza nemmeno un passaggio di testimone, non ha alcun senso. Non capisco quale forza politica possa immaginare di mandare a casa oltre duemila professionisti molto qualificati in questo modo. Limiti e difficoltà ci sono, non lo neghiamo, ma così si butta via il bambino con l’acqua sporca».