Corriere della Sera, 11 novembre 2021
Il brindisi d’addio di Greco in Procura
Quando prendono la parola Gherardo Colombo, Armando Spataro, Antonio Di Pietro ed Edmondo Bruti Liberati per salutare l’ultimo della loro generazione ad andare in pensione, la sensazione è che con il collocamento a riposo di Francesco Greco si chiuda definitivamente non una pagina, ma un intero capitolo della storia giudiziaria italiana. Lo stesso che dalla fine degli Anni 60 ad oggi ha visto la Procura di Milano baluardo dell’indipendenza della magistratura tutta con indagini-simbolo coraggiose, come quelle su Piazza Fontana, P2, Tangentopoli, scalate bancarie, Toghe sporche e, in ultimo, sui giganti del web.
In molte di queste inchieste, praticamente in tutte quelle sul mondo dell’economia, Greco è stato protagonista dalla parte dell’accusa, sin da quando per la prima volta, il 29 gennaio 1979, entrò, fresco di concorso, in un Palazzo di giustizia sconvolto dall’assassinio del magistrato Emilio Alessandrini poche ore prima.
Come tutti i luoghi di lavoro, anche la Procura di Milano è stata attraversata nella sua storia da tensioni più o meno forti. L’ultima in ordine di tempo quella sulla vicenda della presunta loggia segreta Ungheria, che, con le inchieste disciplinari e penali che ne sono scaturite, ha lambito anche Greco, per il quale la Procura di Brescia ha chiesto l’archiviazione dall’accusa di aver ritardato l’iscrizione di personaggi ipoteticamente appartenenti alla stessa loggia. Una vicenda dolorosa che per Francesco Greco è arrivata al termine di una carriera lunga quasi 44 anni ed il cui retrogusto amaro si percepisce sullo sfondo della cerimonia di addio organizzata da alcuni suoi sostituti in un’aula magna che, affollata nonostante le limitazioni anti-Covid, deve però registrare l’assenza di altri due pensionati di spicco: Piercamillo Davigo, componente dello storico pool Mani pulite, coinvolto su fronte opposto nella vicenda Ungheria, e Ilda Boccassini.
«Al di là di tante chiacchiere e strumentalizzazioni, lascio una Procura organizzata ed efficace in grado di affrontare le sfide nuove e complesse che derivano dal cambiamento del mondo», rivendica Greco guardando al minaccioso panorama del cybercrime mentre vengono proiettate le immagini più significative della sua carriera. «Abbiamo sempre fatto il nostro dovere», aggiunge, invitando i magistrati più giovani a non chiudersi «in una torre d’avorio», ma a seguire la vita del Paese consapevoli che «le doti di un servitore dello Stato devono essere la conoscenza, il coraggio e l’umiltà».
Antonio Di Pietro vorrebbe che «al di là dei dissapori» i componenti del pool tornino a rivedersi da pensionati. «Non si può dimenticare quello che abbiamo passato facendo il nostro dovere, anche pagandone le conseguenze» in «un periodo di intensità disumana», afferma l’ex simbolo di Mani pulite prima di porgere a Greco, riferendosi a quando nel ‘94 lasciò bruscamente la magistratura in piena inchiesta, quel «grazie che non ho avuto il coraggio di dirti allora». A ricordare anche i «momenti drammatici», come i suicidi di Gabriele Cagliari e Raul Gardini, è Gherardo Colombo: «Abbiamo fatto tante cose e ce ne hanno fatte tante» quando «cercavamo di fare ciò che ci diceva il codice con tante difficoltà e tanto dolore». Per Armando Spataro, che ha concluso la carriera guidando la Procura di Torino, l’ufficio di Milano, dove ha lavorato decenni, è «una casa e anche una famiglia». Greco «ha dato corpo alla continuità del suo spirito».