il Fatto Quotidiano, 10 novembre 2021
Il nuovo album di Brian Wilson
Se sono gli stessi artisti – teoricamente concorrenti – a decretare la gloria di un compositore, c’è da crederci. Primo indizio: per Paul McCartney God Only Knows è “la miglior canzone della storia della musica”. Secondo indizio; George Martin, storico produttore dei Beatles, ha dichiarato: “Se dovessi eleggere un genio vivente del pop sceglierei Brian”. In tempi più riavvicinati è stato il Duca bianco David Bowie a osannare Pet Sound quale capolavoro della musica pop, mentre i Daft Punk nei crediti di Homework hanno onorato il genio di Wilson riportando la sua celebre frase “la musica è il linguaggio di Dio”.
Brian Wilson è autodidatta e ha iniziato prestissimo a suonare il pianoforte come lui stesso ha tenuto a ricordare per il lancio del suo nuovo album At My Piano, in cui rielabora le sue principali composizioni scarnificate all’osso, scevre di niente altro che la melodia originale, quasi in chiave ambient. Il tutto senza perdere l’energia contenuta in Good Vibrations e Wouldn’t It Be Nice. “Avevamo un pianoforte verticale nel nostro soggiorno: da quando avevo 12 anni lo suonavo ogni giorno. Non riesco a esprimere quanto questo strumento abbia giocato un ruolo così importante nella mia vita. Mi ha procurato conforto, gioia e sicurezza. Ha alimentato la mia creatività e la mia natura competitiva. Lo suono quando sono felice o mi sento triste, indistintamente. Amo suonare per le persone e amo suonare da solo quando nessuno sta ascoltando”.
Tra le composizioni mancano all’appello alcune perle quali Our Sweet Love, I Was Made To Love Her, All I Wanna Do, The Trader e altre canzoni da Holland, molto amato dai musicisti, in particolare da Elvis Costello.
Dalla session di Smile, l’album che avrebbe dovuto sfidare Sgt. Pepper’s dei Beatles viene riproposta la gemma Surf’s Up, forse il suo brano più malinconico e riflessivo, fonte di ispirazioni di molti epigoni del pop, il più evidente dei quali è Robbie Williams. Ci sono tutti i classici di Pet Sound, quelli nati dopo l’ascolto di Rubber Soul dei Beatles, considerato da Brian un vero capolavoro. La sua storia si è complicata sino a cadere nella depressione e nell’abuso di sostanze per la volontà di eguagliare il livello delle composizioni e per il declino del rapporto con i fratelli e il cugino nella band. Il resto è ben raccontato dal film Love & Mercy del regista Bill Pohlad. E il 19 novembre uscirà un nuovo documentario diretto da Brent Wilson – nessuna parentela – intitolato Long Promised Road, con un lungo dialogo con l’artista e le sue riflessioni sulla sua carriera: “Onestamente, il pianoforte e la musica che creo su di esso probabilmente mi hanno salvato la vita”.