Corriere della Sera, 10 novembre 2021
Intervista a Spadafora dopo il coming out
«Non avrei potuto mai immaginare un’ondata di affetto di questa portata. Ho ricevuto centinaia di messaggi da personalità di ogni ambito ma soprattutto tantissimi di giovani che mi ringraziano perché hanno letto il mio gesto come un segno di conforto e speranza per loro. Era ciò che speravo»: Vincenzo Spadafora parla per la prima volta dopo l’intervista a Che tempo che fain cui ha fatto coming out. Della sua vita privata l’ex ministro ne scrive anche in Senza riserve , libro in uscita domani per Solferino.
Perché ha deciso di parlarne proprio ora?
«Va rispettato il percorso di ciascuno. La vita privata delle persone deve rimanere tale, e chi decide di aprirsi deve poterlo fare solo quando si sente pronto. Io lo sono stato ora, riflettendo anche sul fatto che il mio ruolo mi impone una testimonianza forte e chiara in un momento in cui viviamo un’arretratezza culturale pericolosa sul tema dei diritti. Per anni ho percepito il brusio, le battutine, la sensazione che si volesse usare il mio orientamento come un’arma contro di me: ecco, quella lama non può più ferire».
Di chi parla? C’è ipocrisia in politica su questo tema?
«È evidente che in Parlamento come altrove vi sia ancora un velo di ipocrisia, a me non interessa invitare qualcuno ad esprimere il proprio orientamento sessuale quanto garantire all’interno del Parlamento un impegno concreto a favore dei diritti per tutti. Purtroppo le scene delle ultime settimane raccontano tutt’altro, un Parlamento distante dalla realtà e dai bisogni reali delle persone su questo tema, come su molti altri».
Tornado alla politica, il M5S è in una fase di stallo?
«È evidente che il nuovo corso sia iniziato con più di qualche difficoltà. Io sono convinto che Conte possa ancora riuscire nella sfida di rinnovare il progetto politico del Movimento Cinque Stelle, ma solo se saprà aprirsi, ascoltare e farsi aiutare, puntando ad innovare ma anche valorizzando il patrimonio di idee, donne e uomini che hanno garantito al M5S di crescere».
Lei parla della qualità delle prossime candidature. Dice che sarà fondamentale...
«Sicuramente la scelta dei candidati alle prossime elezioni sarà una questione dirimente per garantire la trasparenza e la qualità di cui abbiamo bisogno. In sintesi: mai più soggetti tipo Barillari e Cunial».
Lei scrive che un conto è fare il leader e un conto è fare il premier: Conte si è abituato al nuovo ruolo?
«Come ho scritto nel libro, Conte è stato un ottimo presidente del Consiglio e ha saputo gestire al meglio uno dei periodi più complessi della storia italiana. Guidare il Movimento è effettivamente cosa molto diversa e credo che Giuseppe stia ancora scontando il fatto di non aver mai fatto politica e non aver vissuto il M5S fino a qualche mese fa».
In queste ore c’è un’assemblea congiunta di deputati e senatori. Quanto rischia il M5S sul Colle?
«Mi fa molto piacere che Conte abbia risposto positivamente alla richiesta dei gruppi parlamentari di condividere la linea sulle elezioni del presidente della Repubblica. Diversamente rischieremo una spaccatura tra i gruppi e Conte che non possiamo permetterci, soprattutto in un voto segreto»...
Quale è la via da seguire?
«Credo che il M5S debba confermare il suo sì a Draghi a Palazzo Chigi fino alla fine della legislatura. Abbiamo pagato un prezzo molto caro nei confronti del nostro elettorato entrando a far parte dell’attuale governo e nel 2023 possiamo convincere i nostri elettori che abbiamo fatto una scelta giusta solo se porteremo dei risultati concreti per tutti i cittadini. Andare alle elezioni, come certamente accadrebbe con la elezione di Draghi al Quirinale, significherebbe vanificare tutto questo».
È un rischio concreto però.
«Spero davvero che sia lo stesso presidente Draghi a smarcarsi da queste voci confermando la fiducia che il Parlamento gli ha votato quando si è insediato con lo scopo di portare il Paese fuori dallo stato di emergenza Covid e per la piena programmazione del Pnrr, obiettivi ancora da raggiungere».
Cita molti errori nel libro. Quale è stato il peggiore?
«Abbiamo sbagliato ogni volta che abbiamo pensato che la comunicazione potesse prevalere sui ragionamenti politici e sui fatti concreti. Quasi tutti gli slogan ci sono tornati contro».
Lei parla anche di establishment.
«I poteri forti non sono così forti, se la politica fa il suo mestiere, quando invece i partiti e il Parlamento sono deboli questi apparati prendono il sopravvento. Ecco, credo che in questo momento il nostro obiettivo debba essere dettare una linea politica a questi poteri per il bene del Paese, non subirli, ma dobbiamo riprendere vigore».
Che futuro vede per il M5S?
«Dobbiamo costruire un progetto politico nuovo, coinvolgere i giovani, interpretare le battaglie cruciali che ci indicano: l’ambiente e il lavoro. Dobbiamo lavorare per riportare il Movimento ad essere una forza credibile, in grado di appassionare, con una identità definita: a quel punto nessuno si preoccuperà di diventare succubi del Pd nell’alleanza di centrosinistra, perché porteremo la nostra forza e le nostre idee».